La norma che sospende l’ingresso negli Usa di rifugiati e cittadini di sette Paesi musulmani continua a far discutere. Oltre che dall'ex presidente, condanne dall'Onu e dalla Ue. Lo Stato di Washington annuncia un'azione legale. Anche la Silicon Valley e il mondo del cinema contro il decreto
La decisione presa da Donald Trump, che blocca l’ingresso negli Usa per i cittadini di 7 Paesi islamici, continua a far discutere. Dopo le reazioni politiche, sono arrivate critiche pesanti da Onu e Ue, mentre anche la Silicon Valley e il mondo del cinema si sono schierati contro il decreto. Ma il provvedimento della nuova amministrazione non provoca solo queste conseguenze: il procuratore generale dello Stato di Washington ha annunciato l'intenzione di lanciare un'azione legale contro il presidente degli Stati Uniti. Ferguson è tra i 16 procuratori generali che hanno sottoscritto una dichiarazione definendo la misura "anti americana e illegale".
Obama: "Valori americani a rischio" - E anche il predecessore di Trump, Barack Obama, critica la decisione, denunciando che "i valori americani sono a rischio". Attraverso il suo portavoce, Obama si dice poi "rincuorato dal livello di impegno che sta avendo luogo nel Paese". L'ex presidente Usa, ha sottolineato Lewis, è in "fondamentale disaccordo con il concetto di discriminare gli individui a causa della loro fede o religione".
La Casa Bianca ai diplomatici: "Chi in disaccordo, lasci" - Intanto, la Casa Bianca respinge le critiche dei diplomatici che hanno manifestato il loro dissenso contro la decisione del presidente. "Se non aderiscono al programma possono andare", ha detto il portavoce Sean Spicer interpellato a riguardo dai giornalisti. "Se qualcuno ha problemi con l'agenda si pone la questione se debbano rimanere in quel ruolo o meno - ha aggiunto - Si tratta della sicurezza dell'America".
Ue e Onu contrari - Secondo l’Onu, il bando è “illegale e meschino”, come l’ha definito l'Alto commissario del Consiglio per i diritti umani dell'Onu Zeid Ra'ad al Hussein. "La discriminazione sulla base della nazionalità è vietata dalle leggi sui diritti dell’uomo. Il bando americano è una cosa meschina e uno spreco di risorse che potrebbero essere destinate alla lotta contro il terrorismo".
Anche l’Ue si è schierata contro il bando. “Noi non discriminiamo sulla base della nazionalità, della razza o della religione, non solo per l'asilo ma per qualsiasi altra nostra politica”, ha dichiarato il portavoce della Commissione, Margaritis Schinas. “La Commissione ed il presidente Juncker hanno costantemente ribadito il nostro attaccamento a questi principi”.
La replica di Trump - Il 45esimo presidente degli Stati Uniti aveva già difeso le sue scelte: "Cercare i terroristi prima che possano entrare nel nostro paese è stata una parte importante della mia campagna” scrive su Twitter. In un altro messaggio aggiunge che "i problemi agli aeroporti sono stati causati dal blocco dei computer Delta, dai manifestanti e dalle lacrime del senatore Schumer. Solo 109 persone su 325.000 sono state fermate. Tutto sta andando bene con pochissimi problemi”.
There is nothing nice about searching for terrorists before they can enter our country. This was a big part of my campaign. Study the world!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 30 gennaio 2017
Nelle ore scorse, il presidente Usa, che aveva detto “non è un bando contro i musulmani”, ha sentito il re Salman dell'Arabia Saudita e il principe ereditario di Abu Dhabi. Quest’ultima telefonata ha avuto come tema “il rafforzamento dei rapporti bilaterali e la cooperazione nella lotta al terrorismo islamico”.
Polemiche interne negli Usa - Un sondaggio Gallup ha registrato il grado di disapprovazione dei cittadini Usa per Donald Trump, arrivato al 51%. Intanto 16 procuratori generali Usa hanno dichiarato il bando e la Abc ha rivelato che decine di diplomatici Usa e funzionari del Dipartimento di Stato sarebbero contrari al bando e potrebbero firmare un 'memorandum di dissenso’.
Reazioni internazionali - Mosca ha fatto sapere che il bando “non è una questione che riguarda la Russia”. Il Parlamento iracheno ha invece dato l’ok alla reciprocità delle misure anti-immigrati, dunque gli americani non potranno entrare nel Paese.
Il Foreign Office britannico ha intanto chiarito che il bando non riguarderà i cittadini della Gran Bretagna rassicurando anche chi è in possesso di un doppio passaporto. Ma a Londra si discute della visita ufficiale di Trump in programma nei prossimi mesi. Un petizione online per declassare l’evento ha già raccolto più di un milione di firme ma per ora il viaggio resta confermato.
Le aziende a favore degli immigrati - Intanto i big della Silicon Valley si schierano a favore delle persone bloccato dal decreto Trump. Il ceo di Airbnb, Brian Chesky ha scritto su Twitter che la società sta provvedendo a fornire appartamenti gratuiti ai cittadini stranieri bloccati negli aeroporti.
Il ceo di Uber, Travis Kalanick, ha firmato una lettera aperta intitolata “Prendiamo posizione per ciò che è giusto”. La startup sosterrà, con un fondo di 3 milioni di dollari, gli autisti di Uber che sono bloccati nei Paesi d'origine. Fino a quando non potranno rientrare negli Stati Uniti (cioè per i prossimi tre mesi), Uber fornirà a loro e alle loro famiglie le risorse necessarie per sopravvivere. Google ha invece raccolto 4 milioni di dollari che saranno devoluti a quattro organizzazioni per i rifugiati. Starbucks ha annunciato che assumerà 10mila rifugiati nei prossimi 5 anni e sosterrà i coltivatori di caffè messicani.
Cinema contro Trump - Anche il mondo del cinema si schiera contro Trump. Il regista iraniano Asghar Farhadi e l’attrice Taraneh Alidoosti hanno annunciato che boicotteranno la cerimonia degli Oscar. E alla premiazione dei Sag molti discorsi sono stati caratterizzati da forti toni politici anti-Trump.