Airbnb, Uber, Google e Starbucks contro il bando sui migranti di Trump
TecnologiaLa Silicon Valley e il colosso americano del caffè si schierano contro la norma che sospende l'ingresso negli Usa ai rifugiati siriani e blocca gli arrivi da sei Paesi a maggioranza islamica. Ecco le iniziative messe in campo
La Silicon Valley contro Trump. Molte grandi imprese stanno contestando il provvedimento che blocca l'ingresso negli Stati Uniti a persone di sette Paesi a maggioranza musulmana. Le proteste non sono arrivate solo da cittadini e ong ma anche (tra le altre) da Google, Facebook, Uber, Airbnb e Lyft. In alcuni casi, il biasimo si è fermato alle dichiarazioni. In altri (molti) si è passati alle azioni concrete.
Starbucks: 10mila posti di lavoro - E' il caso del colosso del caffè made in Usa, Starbucks, che ha annunciano un piano di investimenti che da qui a 5 anni porterà all'assunzione di 10mila profughi: "La priorità verrà data agli immigrati che hanno servito con le forze Usa come interpreti o personale di supporto" ha spiegato l'amministratore delegato dell'azienda, Howard Schultz.
<blockquote class="twitter-tweet" data-lang="it"><p lang="it" dir="ltr">Starbucks risponde a Trump: assumerà 10 mila rifugiati <a href="https://t.co/ID04fF7sP8">https://t.co/ID04fF7sP8</a> <a href="https://twitter.com/hashtag/mondo?src=hash">#mondo</a>— Sky TG24 (@SkyTG24) <a href="https://twitter.com/SkyTG24/status/826010341939113984">30 gennaio 2017</a></blockquote><script async src="//platform.twitter.com/widgets.js" charset="utf-8"></script>
Case gratis da Airbnb – Il ceo di Airbnb, Brian Chesky ha scritto su Twitter che la società sta provvedendo a fornire appartamenti gratuiti ai cittadini stranieri bloccati negli aeroporti. Raccomanda di “restare in contatto per aggiornamenti” e chiede di essere contattato in privato per i casi di particolare urgenza. Sin da subito, Chesky aveva manifestato il suo dissenso. Ha definito il provvedimento “ingiusto” e ripetuto un mantra caro a molte tech company americane: “Non dobbiamo separare le persone ma connetterle”.
Airbnb is providing free housing to refugees and anyone not allowed in the US. Stayed tuned for more, contact me if urgent need for housing
— Brian Chesky (@bchesky) 29 gennaio 2017
Uber e Lyft– Il ceo di Uber, Travis Kalanick, ha firmato una lettera aperta intitolata “Prendiamo posizione per ciò che è giusto”. La startup sosterrà, con un fondo di 3 milioni di dollari, gli autisti di Uber (la società parla di “centinaia”) che sono bloccati nei Paesi d'origine. Fino a quando non potranno rientrare negli Stati Uniti (cioè per i prossimi tre mesi), Uber fornirà a loro e alle loro famiglie le risorse necessarie per sopravvivere. Altre società hanno invece preferito stanziare denaro in favore delle organizzazioni che si battono per i diritti civili. Lyft, la principale concorrente di Uber negli Stati Uniti, ha donato 1 milione di dollari alla American Civil Liberties Union.
Google (e i suoi dipendenti) - Google ha invece raccolto 4 milioni di dollari. Per metà arrivano dalle casse della società e per l'altra metà dai dipendenti. Si tratta della singola raccolta umanitaria più massiccia mai promossa da Big G. Sarà devoluta in favore di quattro organizzazioni: American Civil Liberties Union (la stessa di Lyft), Immigrant Legal Resource Center, International Rescue Committee e Alto commissariato Onu per i rifugiati.
Le parole di Zuckerberg e Musk - Anche Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, si è fatto sentire, con un post. “I miei bisnonni sono venuti da Germania, Austria e Polonia”. I genitori di Priscilla (sua moglie) “sono rifugiati provenienti da Cina e Vietnam. Gli Stati Uniti sono una nazione di immigrati e dovremmo esserne orgogliosi”. Più smussata la critica di Elon Musk, che di Trump è anche consigliere: “Vietare l'ingresso ai cittadini dei Paesi a maggioranza musulmana non è il modo migliore per affrontare le sfide” che gli Stati Uniti hanno di fronte.