Il racconto per immagini degli sbarchi sulle coste di Lesbo e il cammino dei profughi dalla Grecia alla Svezia hanno fatto vincere al quotidiano americano e all’agenzia di stampa internazionale il prestigioso premio nella categoria breaking news fotografiche
In cammino con una famiglia di profughi dalla Grecia alla Svezia. La crisi dei migranti raccontata per immagini ha fatto vincere al New York Times il più prestigioso premio giornalistico americano, il Pulitzer per le breaking news fotografiche. Il premio è stato assegnato anche alla Reuters per le toccanti immagini di sbarchi di migranti sulla costa greca.
Premiata Reuters - Il premio a Reuters è stato attribuito a tutto il team di fotografi che segue la crisi dei migranti. Scatti, tutti riportati sul sito dell'agenzia di stampa, che mostrano la tragedia di chi, in mare, a piedi o in treno affrotna il lungo viaggio verso un futuro migliore.
Congratulations to our photographers on their Pulitzer Prize for Breaking News Photography https://t.co/saJnBMfBI0 pic.twitter.com/xRCOSfTpOf— Reuters Pictures (@reuterspictures) 18 aprile 2016
Premi a New York Times - A far vincere il quotidiano americano, invece, sono state soprattutto le immagini di Sergey Ponomarev e Mauricio Lima su una famiglia siriana, i Majid, in fuga dalla guerra verso un futuro migliore. Ponomarev ha scattato foto per la prima parte del viaggio attraverso la Macedonia e la Serbia mentre Lima ha seguito la famiglia da Belgrado a Trelleborg, in Svezia. I due fotografi hanno accompagnato i Majid per 40 giorni, viaggiando in treno, autobus e barca, ma soprattutto a piedi. "Quel fiume di umanità sembrava un esodo biblico. L'effetto delle migrazioni si sentira' per decenni", ha detto Ponomarov, che di base sta a Mosca. Lima, un brasiliano, non ha abbandonato il progetto e sta costruendo il suo follow up di conseguenze politico-sociali dell'esilio.
4 NYT photographers have won the Pulitzer for their photos of Europe's refugee crisis https://t.co/rX1tesSAZf pic.twitter.com/ArhdrAylUn— The New York Times (@nytimes) 19 aprile 2016