Ragazze rapite, Nigeria pronta a trattare con Boko Haram

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Il governo apre ai colloqui con il gruppo terrorista, ma il presidente fa sapere di escludere negoziati che prevedano lo scambio di prigionieri. Prosegue la campagna su Twitter: oltre 3 milioni di tweet in 3 settimane per l’hashtag #BringBackOurGirls

di Floriana Ferrando

Dopo il secco no iniziale, smentite e riconferme, il governo nigeriano sarebbe ora disposto ad avviare colloqui con Boko Haram per la liberazione delle oltre 200 studentesse rapite. A riferirlo alla Bbc il ministro per gli Incarichi speciali, Tanimu Turaki. Per il rappresentante di Abuja, se il gruppo terrorista islamico “ha intenzioni sincere, allora il suo leader Abubakar Shekau dovrebbe inviare emissari di cui si fida a incontrare la Commissione per la riconciliazione”.

Il governo apre a negoziati, ma esclude lo scambio di prigionieri - La Nigeria cerca, così, di mantenere aperto lo spiraglio lasciato intravedere nel nuovo video diffuso da Boko Haram che prospetta la liberazione delle ragazze in cambio di prigionieri.
E come rivela il quotidiano britannico The Telegraph, che cita fonti vicine al gruppo di militanti islamici, il gruppo qaedista sarebbe pronto a presentare la lista dei detenuti: “L’elenco comprenderà anche importanti militanti del gruppo e, in totale, il numero sarà probabilmente  uguale a quello delle ragazze attualmente in ostaggio".
Il presidente della Nigeria Goodluck Jonathan, però, nella serata di mercoledì 15 maggio frena e fa sapere di escludere negoziati con Boko Haram che includano uno "scambio di prigionieri".

La mobilitazione online - Intanto, mentre per le ricerche si ricorre anche all'uso di droni, prosegue la mobilitazione online. Oltre 3 milioni di tweet in 3 settimane: l’hashtag #BringBackOurGirls è destinato a restare nella storia dell’attivismo online per sua crescita esplosiva e la diffusione globale.

Il primo tweet – L’hashtag è apparso per la prima volta il 23 aprile, nove giorni dopo il rapimento delle ragazze avvenuto il 14 aprile. Il primo a condividerlo su Twitter, come spiega la Bbc, è stato l’avvocato nigeriano Ibrahim M. Abdullahi che ha riportato sul sito di micro-blogging le parole pronunciate dall’ex ministro federale dell'Istruzione Obiageli Ezekwesili durante un discorso pubblico tenuto nella città nigeriana di Port Harcourt. A poche ore di distanza quest’ultima ha usato l’hashtag per chiedere a chiare lettere la mobilitazione di tutta la rete: il messaggio ha registrato oltre 340 retweet.


100 mila tweet in un giorno – Dopo l’appello di Ezekwesili l’hashtag è stato condiviso migliaia di volte. Stando ai dati di Topsy.com, la campagna di sostegno alle studentesse rapite è partita tutt’altro che in sordina: il 23 aprile, primo giorno di vita di #BringBackOurGirls, si contavano già quasi 4.000 tweet, che sono triplicati nel giro di 24 ore raggiungendo quota 9.308.
Il boom si è registrato qualche giorno più tardi quando gli utilizzatori dell’hashtag #BringBackOurGirls si sono moltiplicati crescendo di oltre 100 mila unità in sole 24 ore.
3 milioni di tweet – A distanza di neppure tre settimane dal rapimento delle studentesse l’hashtag è apparso in oltre 3 milioni di tweet. In particolare, la sua diffusione è esplosa dopo la rivendicazione del rapimento avvenuta il 5 maggio scorso: in quella giornata fra i messaggi che hanno registrato maggiore seguito c’è stato un cinguettio dell’UNICEF, condiviso da oltre 26.500 utenti.
Da allora l’hashtag ha continuato la sua corsa virale, raggiungendo un nuovo record di condivisioni solo pochi giorni fa con 435 mila tweet pubblicati online il 10 maggio. Intanto dopo Michelle Obama (il cui messaggio, con 57.000 retweet, è stato il più rilanciato in assoluto) e Papa Francesco, molti altri personaggi noti hanno preso parte alla campagna e in quel giorno è stato proprio il cinguettio di una celebrità ad essere fra i più condivisi.


#BringBackOurGirls nel mondo – Da dove arrivano quegli oltre 3 milioni di tweet? Un video realizzato dal data editor di Twitter Simon Rogers evidenzia come si è diffuso nel mondo l’hashtag: tutto è iniziato dalla Nigeria, ma ha raggiunto quasi immediatamente il Regno Unito e subito dopo l’Europa. Poi, mentre la campagna sconfinava in alcune zone del sud est asiatico e in India e Indonesia, i primi tweet hanno iniziato ad arrivare anche dagli Stati Uniti. E proprio il paese a stelle e strisce sembra essere il maggiore sostenitore della mobilitazione di solidarietà.



La forte partecipazione degli Stati Uniti è evidenziata anche da Trendsmap.com che localizza su una mappa i paesi dove è stato maggiormente utilizzato l’hashtag. A confermare la situazione mostrata dalle precedenti mappe è anche la Bbc che evidenzia come dal 4 maggio in poi il fulcro della protesta si sia spostato dalla Nigeria (da dove proviene il 27% dei tweet) agli Usa (26%) e Regno Unito (11%). Sempre secondo i dati Bbc, a utilizzarlo di più sono proprio le donne (56%, contro il 44% di maschi).

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