Siria, l'opposizione: "Mille morti in una settimana"

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Manifestazione pro-Assad a Damasco - Foto: Getty

Un cameraman libanese ucciso al confine, colpito un campo profughi in Turchia: tre feriti. Il governo di Ankara protesta ufficialmente. Damasco annuncia uno stop al piano di pace dell'Onu. VIDEO

Lo Speciale Mediterraneo di Sky.it

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Mille morti in una settimana. Sarebbe questo l’ultimo bilancio degli scontri in Siria secondo quanto affermano gli oppositori del presidente Bashar Al-Assad. A stilare il bilancio è Qassam Saad al-Dino, uno dei portavoce dell'Esercito libero siriano, che spiega l'intenzione da parte dell'opposizione di rispettare il cessate il fuoco richiesto dall'Onu, anche se le forze governative non lo faranno. Ma se le forze siriane "spareranno, prenderemo di nuovo le armi e risponderemo". E quasi a voler tragicamente rispondere agli oppositori l'esercito siriano ha intensificato la propria offensiva ai confini con Libano e Turchia, provocando la morte di almeno una persona e diversi feriti.

Un morto al confine con il Libano - Secondo organi di stampa di Beirut, inoltre, un cameraman della televisione libanese Al Jadeed sarebbe rimasto ucciso e un giornalista e un altro cameraman della stessa emittente sarebbero rimasti feriti quando sono stati colpiti da colpi sparati dalla Siria mentre si trovavano in territorio libanese nell'area di confine di Wadi Khaled, nel nord del Libano.

Tre feriti in Turchia
- L'esercito siriano avrebbe inoltre aperto il fuoco, lunedì 9 aprile, sui campi profughi in Turchia, ferendo due siriani e un cittadino turco. A riferirlo è la televisione turca Ntv, che cita fonti del governo di Ankara. Vicino "a Kilis", quindi in territorio turco al confine con la Siria, in un campo profughi due siriani ed una turco sono rimasti feriti in "uno scontro a fuoco" riferisce l'emittente. Il cittadino turco sarebbe un'interprete. Duri scontri tra esercito e ribelli sarebbero in corso anche al confine con il Libano, secondo quanto riferisce l'agenzia Xinhua. Il ministero degli Esteri turco ha convocato l'incaricato d'affari siriano ad Ankara per comunicargli di riferire a Damasco che simili  azioni non devono ripetersi.

Il passo indietro di Assad
- E la soluzione pacifica della crisi siriana sembra ora allontanarsi sempre più. Dopo un primo passo avanti il presidente Assad sembra deciso a rimangiarsi l'impegno per il cessate il fuoco e nega l'intenzione di ritirare le truppe governative entro il 10 aprile come prevedeva il piano di pace elaborato dall’inviato delle Nazioni Unite Kofi Annan. Per poter procedere, infatti, il regime chiede garanzie scritte da parte delle forze d'opposizione. "Affermare che la Siria richiamerà i soldati il 10 aprile non è corretto", ha fatto sapere Damasco, perché "Kofi Annan non ha ancora presentato garanzie sullo stop alle violenze da parte di gruppi terroristici armati".  L'accordo raggiunto tra la Siria e l'ex segretario generale dell'Onu prevedrebbe l'inizio del ritiro delle truppe entro il 10 aprile, con un cessate il fuoco da raggiungere entro 48 ore, al più tardi il 12 aprile.

Attacchi a Iblis - Il passo indietro di Assad ha fatto infuriare Kofi Annan che da Ginevra, ha affermato che "l'escalation di violenze che si registrano in Siria è inaccettabile", dicendosi "scioccato". Secondo l'inviato speciale, sono state violate le garanzie che gli erano state date. Annan ha invitato Damasco a mantenere le promesse di porre fine al bagno di sangue. Invito caduto nel vuoto. Già domenica 8 aprile hanno bombardato la provincia di Idlib, vicino al confine con la Turchia, provocando decine tra morti e feriti. Nei prossimi giorni Annan sarà comunque in Turchia per visitare i campi profughi che si trovano al confine con la Siria e quindi proseguirà per l'Iran per proseguire nel suo lavoro diplomatico.

Human Rights Watch: "Centinaia di esecuzioni a freddo" - Intanto un nuovo attacco al regime arriva dall'organizzazione umanitaria Human Rights Watch, secondo cui le forze di sicurezza avrebbero giustiziato in maniera sommaria oltre 100 civili e combattenti dell'opposizione, feriti o catturati durante i recenti attacchi alle città. Nelle 25 pagine dello studio, dal titolo "A sangue freddo: esecuzioni sommarie delle forze di sicurezza siriane e delle milizie filo-governative", sono documentati più di una dozzina di esecuzioni di massa che hanno coinvolto almeno 101 vittime dalla fine del 2011. Molti si registrano a marzo, mese in cui si sono intensificati gli attacchi. L'organizzazione ha documentato il coinvolgimento delle forze siriane e delle milizie filo-governative nelle esecuzioni sommarie ed extragiudiziali nei governatorati di Idlib e Homs non solo nei confronti dei combattenti dell'opposizione catturati o che non rappresentavano alcuna minaccia, ma anche nei confronti di civili, tra cui anche donne e bambini. "In un disperato tentativo di sedare la rivolta, le forze siriane hanno eseguito esecuzioni a sangue freddo, senza preoccuparsi di nascondere le loro responsabilità", spiega Ole Solvang, ricercatore di Human Rights Watch.

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