Falklands, 30 anni fa la guerra che continua a dividere

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Soldati argentini fatti prigionieri a Goose Green durante la guerra delle Falkland-Malvine, sorvegliati da un Royal Marine in un'immagine del 2 giugno 1982

Nel marzo 1982 le navi inglesi attaccarono le isole per riconquistarle dopo l'invasione del regime argentino. Un conflitto che non smette di far discutere, tra richieste diplomatiche e interessi economici

di Emiliano Guanella

BUENOES AIRES – Era una mattina fresca di autunno, Buenos Aires si svegliava, come sempre, con i bollettini radio della dittatura militare, che questa volta avevano una notizia davvero importante.
Trent’anni fa l’Argentina aveva occupato le isole Malvinas, l’arcipelago al largo delle coste della Terra del Fuoco, da più di un secolo dominate dal Regno Unito. Non era stata affatto un’impresa: a Port Stanley, ribattezzato subito Puerto Argentino, c’era solo un piccolo gruppo di poliziotti che si arresero immediatamente e furono arrestati, il governatore ci mise mezza giornata a comunicare quanto successo a Londra.
Il mondo veniva così a conoscenza di quel sperduto drappello di isole, le Falklands. Per i britannici e per due mesi una nuova guerra avrebbe occupato tutti i notiziari. Il regime argentino aveva architettato il piano come una forma per riconquistare la fiducia della popolazione, in un paese stremato dalla crisi economica dopo sei anni di feroce dittatura.
La Piazza di Maggio era piena di gente entusiasta alle parole del generale Leopoldo Galtieri, comandante della Junta Militar. “Lo deve sapere tutto il mondo. Oggi un popolo orgoglioso come il nostro ha alzato la testa e si è ripreso ciò che gli appartiene. Se vogliono venire a combattere che lo facciano pure, li affronteremo in battaglia”.
Galtieri, in realtà, era terrorizzato all’idea della guerra, cosciente dell’enorme differenza fra il potenziale argentino e quello di Londra. Per questo tutti gli sforzi furono diretti all’azione diplomatica, soprattutto per cercare di convincere gli Stati Uniti, che avevano appoggiato il golpe, a schierarsi a favore di Buenos Aires.

La guerra del 1982 - Nulla di più sbagliato. Washington non poteva dimenticare la storica alleanza con la Gran Bretagna. A Londra Margaret Tatcher capì subito che una guerra sarebbe stata la soluzione ideale per ritrovare il feeling perduto con l’opinione pubblica e mettere in secondo piano le proteste dei minatori e dei sindacati per i tagli sociali pesanti del governo conservatore.
Fu la guerra, con il lungo viaggio delle navi inglesi verso le isole, le battaglia cielo-aria con i coraggiosi piloti argentini che cercavano di tener lontani gli incrociatori nemici. Ci fu anche il bombardamento della nave argentina Generale Belgrano mentre si trovava fuori dall’area del conflitto, un crimine di guerra che causò la morte di trecento soldati.
Cinquantadue giorni di conflitto, mille morti fra le due parti e alla fine la resa incondizionata firmata il 14 giugno, proprio nel mezzo del mondiale di calcio in Spagna.

Nuova tensione tra Londra e Buenos Aires - La nazionale guidata da Diego Armando Maradona era campione del mondo in carica, ma fu bloccata dall’Italia di Bearzot. Quattro anni più tardi Diego si vendicherà a modo suo, sotto il sole dello Stadio Azteca, con “la mano de Dios” e poi con il gol più bello del mondo.
Le relazioni fra Londra e Buenos Aires, oggi, sono tornate ad essere difficili. Il governo della presidente argentina Cristina Kirchner ha lanciato una grande offensiva diplomatica guadagnandosi l’appoggio di tutti i paesi sudamericani; il Brasile e l’Uruguay si rifiutano di far entrare nei loro porti le navi britanniche dirette verso le isole. Il premier inglese David Cameron ha dovuto spiegare in parlamento che da parte britannica non c’è nessuna intenzione di negoziare. “La gente che vive sulle isole vuole continuare a far parte del nostro paese, sono gli argentini ad essere, oggi, dei colonialisti”. Orgoglio nazionale, sentimento popolare, ma anche considerazioni economiche.

Alla ricerca del petrolio - Al largo della Falklands-Malvinas si pesca molto, sulle isole c’è una discreta attività turistica, ma soprattutto si cerca da tempo il petrolio, con due piattaforme off-shore pronte a scavare nella profondità dell’Oceano Atlantico. In Argentina il sentimento malvinero è ancora fortissimo. Anche se nessuno si sognerebbe nemmeno lontanamente una nuova guerra, la popolazione appoggia gli sforzi diplomatici del governo. Sforzi che sono avallati anche da artisti britannici come il cantante Morrisey (ex Smiths) e Roger Waters (ex Pink Floyd) che sono passati recentemente in tour a Buenos Aires.
Il futbol, manco a dirlo, accompagna da sempre questo reclamo; non c’è curva argentina dove non si canti almeno una volta per partita il celebre “chi non salta è un inglese”. Dieguito, oggi a Dubai e con voglia di tornare a risolvere i suoi problemi con il fisco italiano, appoggia. Sua figlia Dalma lo sa bene, al mettere sul suo profilo Facebook una foto dove indossa una maglietta inglese ha subito scritto; “me la devo togliere subito, altrimenti papà si arrabbia come una bestia”. Due settimane fa si è corsa la tradizionale maratona delle isole Falklands.
A vincerla è stata Pedro Caceres, reduce di guerra argentino, sorretto da una squadra composta da ex commilitoni. Non ha potuto sventolare la bandiera argentina, proibita tassativamente sulle isole, ma la soddisfazione di essersi lasciato alle spalle atleti di vent’anni più giovani non gliele toglie nessuno. “L’anno prossimo gli inglesi chiameranno a correre per loro dei maratoneti keniani pur di vincerla!”.

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