Ue, sanzioni verso la Siria per le tecnologie di censura

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Attivisti della Coalizione Nazionale di Sostegno alla Rivolta Siriana di fronte alla sede di Area SpA di Vizzola Ticino (Va) – Credits: Facebook
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Mentre l’italiana Area Spa annuncia di aver bloccato la collaborazione con il governo di Damasco, l’Unione Europea approva misure restrittive per l’esportazione di software di monitoraggio telefonico e online

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di Nicola Bruno

Non c’è stato il tanto invocato embargo sul petrolio iraniano ma le decisioni prese dai ministri degli esteri dell’Ue nei confronti di Iran e Siria sono significative. L’Unione impone ai Paesi membri la sospensione di quasi tutte le attività commerciali coi regimi di Ahmadinejad e Assad. In risposta al preoccupante piano di sviluppo atomico di Teheran, i ministri degli Esteri europei inaspriscono le sanzioni già assunte in passato con misure tese a minare il sistema finanziario, quello dei trasporti e il settore energetico, oltre a congelare le risorse economiche allocate nelle banche europee di 180 tra aziende e privati iraniani. A questo si aggiunge la condanna della Ue per l'attacco all'Ambasciata britannica a Teheran e la decisione italiana, annunciata dal ministro degli affari esteri Giulio Terzi di Sant'Agata, di ritirare l'ambasciatore per consultazioni.
Allerta massima anche sul fronte siriano, con l’Ue che replica alla brutale repressione delle manifestazioni di opposizione da parte di Bashar Al Assad con il divieto per Stati e imprese continentali di trattare i bond nazionali e limitando il credito alle sole operazioni umanitarie.
Gli stati membri dell’Unione non potranno inoltre vendere tecnologia alle aziende di Damasco coinvolte nel settore energetico a qualsiasi titolo né fornire hardware e software destinati al monitoraggio dei canali di comunicazione, internet e telefono.
Il riferimento esplicito alle tecnologie di monitoraggio da parte dell’Ue avrà un forte impatto sulle compagnie europee che negli anni scorsi hanno venduto sistemi di sorveglianza ai regimi di Assad e Ahmadinejad, da tempo noti per essere due dei più severi cyberdittatori. Se infatti gli Stati Uniti avevano da tempo imposto pesanti sanzioni contro Siria e Iran, l’Europa non si era ancora mossa in maniera così chiara sul fronte tecnologico. Sono ormai davvero tanti i casi venuti alla luce negli ultimi mesi in cui società europee - tra cui anche un’italiana - esportavano legalmente tecnologie per il monitoraggio e la censura degli utenti online. E le ultime rivelazioni di Wikileaks denunciano la fornitura di tecnologie per il controllo delle comunicazioni a regimi totalitari di numerose aziende europee tra cui sette italiane (qui una mappa per visualizzarle tutte). Anche se il coinvolgimento, le tecnologie, gli usi e i destinatari sono ancora da accertare e si scopriranno studiando gli Spy Files svelati oggi da Julian Assange.

AREA SPA
- Di recente a finire nell’occhio del ciclone è stata la compagnia italiana Area Spa, che nel 2009 aveva vinto un bando del governo siriano per circa 13 milioni di euro finalizzato alla costruzione di un vasto sistema di monitoraggio. Dopo una lunga inchiesta di Bloomberg e le proteste di diverse associazioni per i diritti umani,  Area Spa ha fatto sapere lunedì scorso di voler sospendere la collaborazione con il governo di Damasco. In una intervista al quotidiano La Repubblica, Fabio Ambrosetti, avvocato della compagnia di Vizzola Ticino, ha spiegato che: “Il progetto, sospeso da tre mesi, in considerazione del mancato miglioramento delle condizioni del Paese, non sarà portato a termine”. Nelle scorse settimane Area SpA aveva rilasciato anche un comunicato stampa in cui spiegava che l’aggiudicazione dell’appalto risaliva all’anno 2009, “molto prima che si manifestasse qualunque tipo di disordine interno al Paese siriano” e che comunque era a norma delle leggi italiane (“Il contratto seguito all’aggiudicazione è stato formalmente depositato presso le nostre autorità competenti, e la Società nell’esecuzione dello stesso ha rispettato le norme vigenti in materia di esportazione”).

L’ESPERTO
- L’inasprimento delle sanzioni ora approvate dall’Unione Europea va così a colpire le compagnie europee che fino ad ora hanno esportato legalmente sistemi di sorveglianza nei regimi autoritari. Come spiega a Sky.it Luca Belli, esperto di Internet governance e dottorando presso l'Université Panthéon-Assas (Sorbonne Universités), fino ad ora questi programmi erano inclusi “nella categoria delle double use technologies, ovverosia quelle tecnologie che possono essere utilizzate tendenzialmente a fini militari. In UE l’esportazione di queste tecnologie è soggetta ad un regime particolare stabilito dal Regolamento 428/2009: possono essere esportate legalmente, a condizione che l’esportatore ottenga un’autorizzazione ‘concessa dalle autorità competenti dello Stato membro in cui è stabilito l’esportatore’”. E’ questo il caso di Area SpA, la cui “assistenza fornita alla Siria - continua Luca Belli - era totalmente legale non in virtù di un qualche vuoto legislativo, ma poiché il contratto d’appalto tra Area ed il Governo siriano è entrato in vigore nel 2009, quando un’autorizzazione ad esportare tecnologie dual use verso la Siria non poneva assolutamente nessun problema”.

REGNO UNITO
- Non solo Unione Europea, comunque. Lo scorso lunedì anche il Ministro del Business della Gran Bretagna Judith Wilcox ha annunciato che presto verranno introdotti divieti specifici per la vendita di software di monitoraggio in Iran e Siria.
Tutto è nato dopo che è venuto allo scoperto che una società britannica, Creativity Software, ha fornito software di geo-localizzazione alla compagnia statale iraniana MTN Irancell. Per quanto da contratto si faceva riferimento solo ad utilizzi sociali (come la ricerca di “amici nelle vicinanze” che avviene comunemente su applicazioni come Foursquare o Facebook), la notizia ha suscitato polemiche in Gran Bretagna, finite poi in un’interrogazione parlamentare in cui il Ministro ha spiegato che: “Anche noi supportiamo le restrizione dell’UE contro la Siria sui software di sorveglianza. Tutti gli stati membri sono d’accordo sul principio di proibire la vendita, trasferimento ed esportazione di strumenti per il monitoraggio di Internet o delle comunicazioni telefoniche”.

IL CASO NOKIA-SIEMENS - Nel 2009 anche il colosso Nokia Siemens Network è finito nel mirino degli attivisti online dopo la scoperta che aveva venduto software di sorveglianza al governo di Ahmedinejad, alle prese con una forte protesta popolare all’indomani delle elezioni presidenziali. Come spiega la BBC, la joint venture finlandese-tedesca aveva venduto all’Iran un pacchetto di programmi in grado di monitorare ogni tipo di comunicazione, dagli Sms alla segreteria telefonica, passando per il traffico web.
Dopo le polemiche scoppiate in rete (sfociate in un boicottaggio da parte degli attivisti iraniani) Nokia Siemens Network ha ammesso i propri errori e ha deciso di interrompere la collaborazione con il governo di Teheran.

STATI UNITI
- Negli Stati Uniti è da tempo in vigore un embargo (molto restrittivo anche sul fronte tecnologico) nei confronti di Siria e Iran. Ma diverse compagnie hanno comunque continuato ad avere rapporti con i due regimi autoritari. E’ il caso di Blue Coat, software-house della Silicon Valley i cui sofisticati sistemi di filtro internet sono stato utilizzati da Damasco per bloccare l’accesso alla rete nei momenti più caldi della protesta. Blue Coat si è difesa dichiarando che quei dispositivi erano stati consegnati a Dubai per poi essere destinate al governo dell’Iraq e di non essere a conoscenza di come sia avvenuto questo “trasferimento improprio” in Siria.

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