La piccola Repubblica balcanica da tempo chiede di entrare nell'Unione Europea. Il premier Gruevski ha puntato sull'identità nazionale sollevando molte polemiche. Rimane alta la tensione con la Grecia
(Guarda le foto)
di Pietro Pruneddu
La Macedonia festeggia oggi vent’anni di indipendenza. E come tutti i ventenni è in bilico tra maturità e ribellioni adolescenziali. Divisa tra le millenarie beghe con il vicino di casa greco e il sospirato ingresso nell’Unione Europea. Un paese con due milioni di abitanti, governato da Nikola Gruevski, primo ministro giovane, intraprendente e molto discusso. Un personaggio "amato e odiato nella stessa misura dai suoi cittadini", ha scritto di lui l’Economist.
La piccola Repubblica di Macedonia era l’estrema periferia meridionale della Jugoslavia di Tito. Il Maresciallo era riuscito per quarant’anni a garantire un miracoloso equilibrio al calderone multietnico riassumibile in una filastrocca balcanica: “Sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito”. Nell’estate del 1991 la polveriera stava scoppiando. La Macedonia riuscì a uscirne in tempo per evitare la guerra fratricida. L’indipendenza fu proclamata in modo pacifico l’8 settembre 1991. Nacque una nazione grande quanto la Sicilia, incastrata tra Serbia, Albania, Grecia e Bulgaria (Guarda la mappa). La “questione macedone” iniziò quel giorno di vent’anni fa e dura ancora oggi. Molti si aspettavano faide territoriali con gli ex compatrioti jugoslavi o tensioni etniche con gli albanesi. Invece i problemi arrivarono da sud. Il nuovo nemico era la Grecia. Skopje fu accusata dal governo ellenico di aver rubato nome e bandiera dalla tradizione culturale greca. Nel 1995 si arrivò a un accordo per la bandiera mentre la battaglia per il nome continua senza tregua da vent’anni.
I rapporti tra i due stati sono paradossali. La Macedonia sogna l’Europa ma rischia di dover aspettare ancora per entrarci. La Grecia, infatti, ha posto il veto all’ammissione degli odiati vicini finché continueranno ad adottare questo nome. Ma fuori dalle schermaglie diplomatiche i due paesi hanno sviluppato proficui rapporti commerciali, al punto che la Grecia è ora il secondo partner dell’import macedone. "I greci sono completamente pazzi. Tutti quanti", dice Bobi a Sky.it mentre tamburella il dito sulla tempia. È il gestore di un ostello a Skopje e parla del sogno europeo con disincanto. "Noi e gli sloveni siamo diventati indipendenti a pochi mesi di distanza. Però loro nel 2004 erano già in Europa. Noi siamo candidati da sei anni e siamo ancora fuori". Bobi incolpa di questo l’ostracismo greco. Ma riconosce che la Macedonia ha ancora grossi limiti economici. "Gli stipendi medi si aggirano intorno ai 450 euro e la disoccupazione tocca il 32% della popolazione". Sono numeri lontani dagli standard richiesti da Bruxelles. Ma in giro per Skopje si respira ottimismo. Nei bar, nelle piazze, in televisione, il principale argomento di discussione è l’ingresso in Europa. "Se continua così, forse se ne riparla tra altri vent’anni", commenta amaro Bobi mentre butta giù un bicchierino di rakija.
Il paese rischia una deriva nazionalistica. Intorno all’identità macedone è stato concepito il progetto “Skopje 2014”, un ambizioso piano di restyling che sta cambiando il volto alla capitale (Guarda il video del progetto). Per i sostenitori è il segno della rinascita culturale. Per i detrattori, invece, si tratta di un pericoloso tentativo di falsare la storia e un enorme spreco di denaro. Al centro di piazza Makedonija è pronta all’inaugurazione una grande statua di Alessandro Magno (Guarda le foto). Potrebbe essere il punto di non ritorno nel già difficile dialogo con la Grecia. "È una provocazione. Si stanno appropriando dei nostri eroi e della nostra Storia", ha dichiarato il Ministero degli Esteri di Atene. I residenti di Skopje raccontano che molti macedoni sono impazziti di gioia nel vedere la statua. Si sono sentiti orgogliosi quando il governo ha deciso di intitolare l’aeroporto e l’autostrada all’eroe. È vero che il progetto “Skopje 2014” ha perso molti consensi in questi primi due anni ma i lavori procedono senza sosta e la capitale è un enorme cantiere a cielo aperto (Guarda le foto).
L’altra fonte di instabilità è la questione etnico-religiosa. I musulmani di origine albanese sono il 25% della popolazione macedone. Hanno una forte rappresentanza politica e sono determinanti per la tenuta di ogni governo. Dieci anni fa si sfiorò la guerra civile, poi la situazione fu risolta dalla Nato. Ora il ministro della Difesa macedone è di etnia albanese e l’ex leader della guerriglia Ali Ahmeti è l’alleato di governo della maggioranza parlamentare.
Il leader di questa nazione giovane e incompiuta è il primo ministro Nikola Gruevski, 41 anni, in carica dal 2006. Considerato l’astro nascente della politica balcanica, a 29 anni era già ministro dell’Economia. Nel primo mandato da premier si fece amare per la deregulation, l’esenzione delle tasse per i ceti sotto i 4mila euro di reddito, la riduzione della disoccupazione, la restituzione delle proprietà che il regime di Tito aveva statalizzato. A luglio ha vinto la sua terza elezione di fila, eppure i suoi detrattori lo definiscono corrotto, populista e nemico della libertà di stampa. Soprattutto i giovani fanno fatica a considerarlo un politico pulito. "La televisione A1TV criticava l’operato del primo ministro. E ora ha chiuso. Così pure tre quotidiani di opposizione. In questo paese c'è sempre meno spazio per le voci di dissenso", racconta a Sky.it la ventiduenne Tina, studentessa di legge a Skopje. Un altro ragazzo aggiunge: "Gruevski è vendicativo, molti macedoni lo vedono come il diavolo incarnato". L'Unione Europea osserva in silenzio ma è inflessibile in merito: Skopje deve garantire libertà di espressione e pluralità di opinioni. Ma al momento, rivela Reporter Senza Frontiere, i media macedoni vivono una situazione disastrosa.
Andrea, 28 anni, è un ragazzo italiano che lavora a Skopje dal 2008. Descrive Gruevski come "un piccolo Berlusconi, imprenditore e tycoon di successo, che ha molta presa sulle fasce medio-alte ma anche sui pensionati". Il suo fascino tra gli elettori è dovuto al sentimento nazionalista che ha saputo creare. La Macedonia però continua a galleggiare nel limbo dei candidati alla Ue: il rischio è di non entrare mai in campo. Gruevski ha denunciato la Grecia alla Corte Internazionale di Giustizia per l’irrisolta questione del nome e in parallelo è dipendente da Atene. Il 7% del Pil macedone è frutto degli investimenti greci. Se la Grecia dovesse affondare si tirerebbe dietro anche la Macedonia. E non ci sarà alcun Alessandro Magno a cavallo che salverà la situazione.
di Pietro Pruneddu
La Macedonia festeggia oggi vent’anni di indipendenza. E come tutti i ventenni è in bilico tra maturità e ribellioni adolescenziali. Divisa tra le millenarie beghe con il vicino di casa greco e il sospirato ingresso nell’Unione Europea. Un paese con due milioni di abitanti, governato da Nikola Gruevski, primo ministro giovane, intraprendente e molto discusso. Un personaggio "amato e odiato nella stessa misura dai suoi cittadini", ha scritto di lui l’Economist.
La piccola Repubblica di Macedonia era l’estrema periferia meridionale della Jugoslavia di Tito. Il Maresciallo era riuscito per quarant’anni a garantire un miracoloso equilibrio al calderone multietnico riassumibile in una filastrocca balcanica: “Sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito”. Nell’estate del 1991 la polveriera stava scoppiando. La Macedonia riuscì a uscirne in tempo per evitare la guerra fratricida. L’indipendenza fu proclamata in modo pacifico l’8 settembre 1991. Nacque una nazione grande quanto la Sicilia, incastrata tra Serbia, Albania, Grecia e Bulgaria (Guarda la mappa). La “questione macedone” iniziò quel giorno di vent’anni fa e dura ancora oggi. Molti si aspettavano faide territoriali con gli ex compatrioti jugoslavi o tensioni etniche con gli albanesi. Invece i problemi arrivarono da sud. Il nuovo nemico era la Grecia. Skopje fu accusata dal governo ellenico di aver rubato nome e bandiera dalla tradizione culturale greca. Nel 1995 si arrivò a un accordo per la bandiera mentre la battaglia per il nome continua senza tregua da vent’anni.
I rapporti tra i due stati sono paradossali. La Macedonia sogna l’Europa ma rischia di dover aspettare ancora per entrarci. La Grecia, infatti, ha posto il veto all’ammissione degli odiati vicini finché continueranno ad adottare questo nome. Ma fuori dalle schermaglie diplomatiche i due paesi hanno sviluppato proficui rapporti commerciali, al punto che la Grecia è ora il secondo partner dell’import macedone. "I greci sono completamente pazzi. Tutti quanti", dice Bobi a Sky.it mentre tamburella il dito sulla tempia. È il gestore di un ostello a Skopje e parla del sogno europeo con disincanto. "Noi e gli sloveni siamo diventati indipendenti a pochi mesi di distanza. Però loro nel 2004 erano già in Europa. Noi siamo candidati da sei anni e siamo ancora fuori". Bobi incolpa di questo l’ostracismo greco. Ma riconosce che la Macedonia ha ancora grossi limiti economici. "Gli stipendi medi si aggirano intorno ai 450 euro e la disoccupazione tocca il 32% della popolazione". Sono numeri lontani dagli standard richiesti da Bruxelles. Ma in giro per Skopje si respira ottimismo. Nei bar, nelle piazze, in televisione, il principale argomento di discussione è l’ingresso in Europa. "Se continua così, forse se ne riparla tra altri vent’anni", commenta amaro Bobi mentre butta giù un bicchierino di rakija.
Il paese rischia una deriva nazionalistica. Intorno all’identità macedone è stato concepito il progetto “Skopje 2014”, un ambizioso piano di restyling che sta cambiando il volto alla capitale (Guarda il video del progetto). Per i sostenitori è il segno della rinascita culturale. Per i detrattori, invece, si tratta di un pericoloso tentativo di falsare la storia e un enorme spreco di denaro. Al centro di piazza Makedonija è pronta all’inaugurazione una grande statua di Alessandro Magno (Guarda le foto). Potrebbe essere il punto di non ritorno nel già difficile dialogo con la Grecia. "È una provocazione. Si stanno appropriando dei nostri eroi e della nostra Storia", ha dichiarato il Ministero degli Esteri di Atene. I residenti di Skopje raccontano che molti macedoni sono impazziti di gioia nel vedere la statua. Si sono sentiti orgogliosi quando il governo ha deciso di intitolare l’aeroporto e l’autostrada all’eroe. È vero che il progetto “Skopje 2014” ha perso molti consensi in questi primi due anni ma i lavori procedono senza sosta e la capitale è un enorme cantiere a cielo aperto (Guarda le foto).
L’altra fonte di instabilità è la questione etnico-religiosa. I musulmani di origine albanese sono il 25% della popolazione macedone. Hanno una forte rappresentanza politica e sono determinanti per la tenuta di ogni governo. Dieci anni fa si sfiorò la guerra civile, poi la situazione fu risolta dalla Nato. Ora il ministro della Difesa macedone è di etnia albanese e l’ex leader della guerriglia Ali Ahmeti è l’alleato di governo della maggioranza parlamentare.
Il leader di questa nazione giovane e incompiuta è il primo ministro Nikola Gruevski, 41 anni, in carica dal 2006. Considerato l’astro nascente della politica balcanica, a 29 anni era già ministro dell’Economia. Nel primo mandato da premier si fece amare per la deregulation, l’esenzione delle tasse per i ceti sotto i 4mila euro di reddito, la riduzione della disoccupazione, la restituzione delle proprietà che il regime di Tito aveva statalizzato. A luglio ha vinto la sua terza elezione di fila, eppure i suoi detrattori lo definiscono corrotto, populista e nemico della libertà di stampa. Soprattutto i giovani fanno fatica a considerarlo un politico pulito. "La televisione A1TV criticava l’operato del primo ministro. E ora ha chiuso. Così pure tre quotidiani di opposizione. In questo paese c'è sempre meno spazio per le voci di dissenso", racconta a Sky.it la ventiduenne Tina, studentessa di legge a Skopje. Un altro ragazzo aggiunge: "Gruevski è vendicativo, molti macedoni lo vedono come il diavolo incarnato". L'Unione Europea osserva in silenzio ma è inflessibile in merito: Skopje deve garantire libertà di espressione e pluralità di opinioni. Ma al momento, rivela Reporter Senza Frontiere, i media macedoni vivono una situazione disastrosa.
Andrea, 28 anni, è un ragazzo italiano che lavora a Skopje dal 2008. Descrive Gruevski come "un piccolo Berlusconi, imprenditore e tycoon di successo, che ha molta presa sulle fasce medio-alte ma anche sui pensionati". Il suo fascino tra gli elettori è dovuto al sentimento nazionalista che ha saputo creare. La Macedonia però continua a galleggiare nel limbo dei candidati alla Ue: il rischio è di non entrare mai in campo. Gruevski ha denunciato la Grecia alla Corte Internazionale di Giustizia per l’irrisolta questione del nome e in parallelo è dipendente da Atene. Il 7% del Pil macedone è frutto degli investimenti greci. Se la Grecia dovesse affondare si tirerebbe dietro anche la Macedonia. E non ci sarà alcun Alessandro Magno a cavallo che salverà la situazione.