Afghanistan, via libera alla trattativa coi talebani

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An Afghan walks past the ruins of Darulaman palace, the former house of Afghan King Amanullah (1920-1929), in Kabul on September 16, 2010. The Taliban vowed to launch attacks on Afghanistan's imminent parliamentary poll, saying election workers and security forces will be the main target. More than 2,500 candidates are contesting the election on September 18 for the 249 seats in the lower house of parliament in the second poll of its kind since the Taliban were ousted from power in a 2001 US-led invasion. AFP PHOTO/ MANAN VATSYAYANA (Photo credit should read MANAN VATSYAYANA/AFP/Getty Images)

Il segretario della Difesa Usa Gates ammette contatti con i seguaci del Mullah Omar. E il vicepresidente dell'Alto consiglio per la Pace afghano conferma: "I tentaivi sono molto più ampi fuori dal nostro Paese che qui". FOTO E VIDEO: LO SPECIALE

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Contatti preliminari con i talebani esistono davvero, e la spinta più forte in questo senso viene non da Kabul, ma da Washington. "E' vero - ha riferito in un'intervista all'Ansa  Mawlawi Ataullah Ludin, vicepresidente dell'Alto consiglio per la Pace afghano - gli Usa sono più avanti di noi in questa ricerca del dialogo e noi accettiamo questo fatto".
Le rivelazioni sull'esistenza di tali contatti preannunciata dal presidente Hamid Karzai, confermata domenica 19 gennaio dal segretario alla Difesa Robert Gates, e ora ammessa anche da uno dei protagonisti degli sforzi di pace afghani, aprono una prospettiva nuova nelle relazioni con i seguaci del Mullah Omar, che però hanno sempre negato di voler trattare fino a quando "gli invasori americani" non avessero abbandonato il territorio afghano.

Creato dal presidente Karzai nell'ottobre 2010, il Consiglio per la Pace è un organismo che raccoglie esponenti di vari gruppi etnici afghani, ex rappresentanti dei talebani, ex Signori della Guerra e membri della Alleanza del Nord del mitico 'Leone del Panjshir', Ahmad Shah Massud.
Originario della provincia meridionale di Kandahar, santuario dei talebani, Ludin ha seguito studi islamici e giuridici, e ha esercitato la sua professione prima di dedicarsi alla politica, accettando poi otto mesi fa il delicato incarico nell'organismo a cui sono affidate le speranze di normalità dell'Afghanistan.

Carezzando la sua lunga e curata barba grigia, Ludin ha osservato: "Che a noi piaccia o no, fino a quando gli Usa, la Nato e l'Onu non prenderanno forti iniziative per la pace, non avremo risultati, perché questo noi non possiamo farlo da soli". Ed effettivamente, ha ammesso, "i contatti con i talebani sono molto più ampi e profondi fuori dal nostro paese, e in particolare con gli Stati Uniti, che qui in Afghanistan".

"L'obiettivo principale - ha poi aggiunto - è riportare la pace in Afghanistan. Se i colloqui li conduce il nostro governo, o se i colloqui avvengono fuori dai confini nazionali, oppure se i talebani hanno contatti diretti con gli americani, per noi va bene perché, ripeto, vogliamo che la pace torni nel paese".
Sui tempi necessari, Ludin si è mostrato prudente: "Dopo 33 anni di guerra, ci vorranno da uno a tre anni per discutere tutti gli aspetti e meccanismi di questo processo". Ma qualunque sia l'iniziativa, ha ricordato, "l'ultima voce in capitolo la deve avere l'Alto Consiglio, e l'approvazione finale di ogni accordo dovrà essere data dal Parlamento afghano, perché così lo prevede la Costituzione".

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