Obama e il rischio di un governo meno aperto

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Il presidente Obama, qui insieme alla moglie Michelle, punta sull'open government.
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La promessa di un'amministrazione più trasparente grazie alla tecnologia messa a rischio dai tagli di bilancio. Un colpo per il movimento dell'open government che in tutto il mondo cerca di avvicinare i cittadini alla politica grazie alla rete

di Raffaele Mastrolonardo

La tecnologia come strumento di trasparenza per ottenere uno governo più aperto ai cittadini e responsabile nei confronti degli elettori. Anche questo è stato uno dei cavalli di battaglia di Barack Obama in campagna elettorale e nella prima metà del suo mandato: dai siti per rendere conto degli effetti del piano di stimolo all'economia in occasione della crisi finanziaria ai servizi online per monitorare il costo dei progetti pubblici in information technology. Il tutto condito con la nomina del primo Chief information officer degli Stati Uniti, Vivek Kundra, grande sostenitore della forza del web nell'imporre trasparenza alla politica e all'amministrazione della cosa pubblica.

Il problema è che due anni e mezzo dopo, i frutti di quell'impegno sono in pericolo a causa dei tagli al bilancio e rischiano così di andare a rimpinguare il sacco delle promesse non mantenute (o mantenute a metà) dal Presidente che proprio in questi giorni ha annunciato che si ricandiderà. Siti come Data.gov, catalogo di dati relativi al governo federale, e UsaSpending, che fornisce statistiche sulla spesa pubblica americana, sono infatti tra le possibile vittime dei sacrifici imposti dalla Camera dei rappresentanti alle richieste di fondi della Casa Bianca. Con buona pace del sogno obamiano di rendere il potere meno opaco e di stimolare l'innovazione attraverso la circolazione delle informazioni.

Di fronte al preventivo da 35 milioni di dollari per progetti di governo elettronico da parte del governo, il ramo del parlamento a maggioranza repubblicana ha infatti concesso in un primo tempo solo 2 milioni di finanziamenti per portare poi la cifra a 17 milioni, comunque meno della metà del fabbisogno stimato dallo staff di Obama. Se nel primo caso la sforbiciata avrebbe lasciato ai siti in questione pochi mesi di vita, nel secondo rappresenta comunque un segnale negativo, una battuta d'arresto nella corsa di un fenomeno, quello del cosiddetto open government, che ha raccolto proseliti in tutto il mondo accendendo le speranze di cittadini, tecnologi e amministratori.

Sulla scia del solco tracciato dalle iniziative americane si sono infatti inseriti anche altri Paesi. Seguendo l'esempio di Data.gov, che raccoglie e mette a disposizione per il riuso dati pubblici americani, sono nati analoghi cataloghi in Australia, Nuova Zelanda e Regno Unito e, seppur a livello regionale, in Italia. La speranza che anima tutte queste esperienze è la stessa: nella società dell'informazione i dati pubblici possono diventare una risorsa per programmatori, cittadini e imprenditori che vogliano costruire applicazioni di interesse pubblico. Come iLive.at, per esempio, che permette di avere indicazioni sulla composizione etnica di un quartiere, sui crimini e sulla percentuale di nuclei familiari con figli (per ora il servizio è limitato all'area urbana di Washington DC). O BestCareHome, in Gran Bretagna, che offre la possibilità di confrontare i livelli di servizio delle case di riposo per anziani o dei centri per la cura delle tossicodipendenze del Regno Unito a partire dai dati dell’autorità che regola i servizi sociali britannici.

Seguendo questa linea di pensiero e incoraggiati dall'entusiasmo del presidente alcuni governi e amministrazioni locali, come quello di Washington DC, hanno spinto sull'acceleratore dell'open government e promosso concorsi a premi per stimolare lo sviluppo di progetti a partire dai dati messi a disposizione. In un'analoga iniziativa portata avanti dalla città di New York il premio è andato a WayFinderMobile, applicazione di “realtà aumentata” per telefonini: si punta la videocamera del dispositivo in una direzione per vedere visualizzate, sovrapposte sullo schermo, le fermate della metropolitana più vicine e il percorso necessario per raggiungerle.

Nel mezzo di tanto entusiasmo l'esplosione di progetti digitali per “aprire” il governo è stata a volte accolta con scetticismo mentre i costi e i risultati di alcune iniziative sono stati giudicati eccessivi: quattro milioni di dollari all'anno per un sito come Usa Spending, a fronte di un numero di visitatori mensili che non supera i 10 mila, sono parsi troppi. Come ha notato Tom Steinberg, creatore di They Work For You, il sito che controlla l'operato dei parlamentari britannici (e che in Italia è stato imitato da OpenParlamento), simili progetti non avranno mai un seguito di massa e dunque non necessitano di investimenti ingenti per renderli appetibili all'utente qualunque.

Comunque vada a finire, la vicenda dei finanziamenti ai siti per la trasparenza americani getta un ombra su una delle tendenze che più avevano fatto sperare tecnologi e cittadini. Anche per questo Tim Berners Lee, il padre del World Wide Web tra i promotori di DataGov.uk ha condiviso l'appello contro la chiusura dei siti come Data.gov e UsaSpending lanciato dalla Sunlight Foundation, associazione americana che ha come missione quella di sfruttare “il potere rivoluzionario di Internet” per rendere l’informazione sull’attività politica più “accessibile per il cittadino”.

La promessa trasparente di Obama è anche la loro.

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