Ancora più che nel caso dell'Egitto le informazioni dal basso sono indispensabili per farsi un'idea di cosa sta accadendo nel Paese nordafricano. Una raccolta di risorse (da prendere a volte con le pinze) per essere informati minuto dopo minuto
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Immagini sgranate, fotografie sfuocate e frammenti di discorso. Molto più che in l'Egitto, dove un numero consistente di giornalisti internazionali era presente in loco e Al Jazeera mostrava in diretta la rivoluzione, in Libia la conoscenza di ciò che sta accadendo dipende dalla fonti dal basso e dunque dalle informazioni pubblicate sui media sociali. A Tripoli le telecamere della tv del Qatar, infatti, non riprendono nulla e i reporter stranieri stanno entrando nel Paese solo nelle ultime ore: il grosso dell'informazione dunque proviene dal web. E allora non resta che armarsi di pazienza e filtrare con spirito critico la massa di notizie che arriva dalla rete cercando di separare il grano dal loglio.
Twitter e Facebook. Da dove cominciare? Un buon punto di partenza sono gli hashtag ovvero le etichette utilizzate su Twitter per collegare un determinato messaggio ad un argomento. Quelli che permettono di seguire gli eventi in Libia sono, tra gli altri, #Feb17, #Gaddafi, #Libya e #Tripoli. Servono per farsi un'idea dell'umore del popolo virtuale sul tema ma anche per cercare fonti interessanti e attendibili. Nella marea di aggiornamenti sincopati che inonda il sito di micro-blogging ci sono alcuni utenti che si segnalano per autorevolezza e utilità. Tra questi Sultan al Qassemi, esperto di affari mediorientali, che mescola notizie e analisi, e Andy Carvin della National Public Radio, che costituisce una fonte ricchissima (e velocissima) di aggiornamenti. AliTweel, cittadino libico di stanza a Tripoli, offre invece aggiornamenti su quello che accade per le strade dalla città regalando spesso punti di vista alternativi (da prendere, come tutto ciò che non è verificato, con le pinze). Ha, per esempio, negato la notizia di bombardamenti aerei nella capitale. Da seguire poi gli aggiornamenti da 140 caratteri di Ben Wedman della CNN, uno dei primi giornalisti occidentali a varcare i confini dello stato nordafricano e quelli dei reporter raccolti dal servizio MuckRack. Per avere una prospettiva più ampia (anche se giocoforza più caotica) su quanto accade nella twittersfera si può infine ricorrere all'utilissimo Trendsmap, un aggregatore che assembla in un'interfaccia chiara e funzionale, tra le altre cose, i cinguettii sulla Libia dividendoli per hashtag e parole chiave. Spostandosi da Twitter a Facebook alla ricerca di notizie sul Nord Africa in ebollizione, ci si può invece soffermare sulla pagina del Libyan Youth Movement (che ha anche un aggiornatissimo account Twitter), e di We are all Kahled Said, fondamentale strumento di informazione sulla rivoluzione egiziana che ora segue anche gli eventi del Paese vicino.
Video. In assenza di riprese professionali che non siano quelle della televisione di stato sono i video dal basso a raccontare con la massima vividezza e il più grande impatto emotivo quanto accade in Libia. Come detto, non è sempre facile (anzi, talvolta è impossibile), verificare l'autenticità delle immagini e ottenere quei dati di contesto (data, luogo, ora, situazione) che aiutano a rendere un'informazione esauriente: nonostante questo, sarebbe difficilissimo capire il corso degli eventi senza alcuni canali di YouTube. Tra questi c'è Freedomwriter00 che raccoglie decine di video (attenzione: alcuni disturbanti) sugli scontri in atto. Un'antologia di riprese dal basso si trova anche sul canale leakspinner (c'è pure un video, segnalato da Al Jazeera che documenta un presunto cecchino in azione a Tripoli), ibnomar2005 (che mostra, fra gli altri, un video che documenta presunti mercenari che controllano la sicurezza per le strade della capitale), e WadiTr.
Foto. Le stesse raccomandazioni fatte per i video valgono per le foto riversate in rete: sono testimonianze preziose, a volte entusiasmanti o sconvolgenti, ma spesso non verificate o verificabili. Farne a meno però significherebbe privarsi di tasselli fondamentali per costruirsi un'opinione sugli eventi. Imprescindibile, allora, da questo punto di vista è il sito di condivisione di foto Flickr dove da giorni l'utente a7fadhomar (probabilmente un nome collettivo) sta raccogliendo fotografie dalle strade libiche. Si vedono civili, anche bambini a cavallo di carri armati, soldati che fraternizzano con i cittadini, piazze gremite e bare. Immagini interessanti si possono reperire anche nella sezione fotografie del sito Libya 17 february 2011
Live blogging. Infine, una tappa obbligata per chi desidera seguire minuto dopo minuto gli eventi senza perdersi sono i blog in tempo reale realizzati dal quotidiano inglese The Guardian e dall'emittente Al Jazeera. Raccolgono informazioni dai corrispondenti nella regione, segnalano video, foto, notizie non importa se da fonti mainstream o siti dal basso: l'importante è informare, e per farlo, sul web, non si può prescindere dai link, anche se si tratta di mandare i lettori su una testata concorrente.
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Twitter e Facebook. Da dove cominciare? Un buon punto di partenza sono gli hashtag ovvero le etichette utilizzate su Twitter per collegare un determinato messaggio ad un argomento. Quelli che permettono di seguire gli eventi in Libia sono, tra gli altri, #Feb17, #Gaddafi, #Libya e #Tripoli. Servono per farsi un'idea dell'umore del popolo virtuale sul tema ma anche per cercare fonti interessanti e attendibili. Nella marea di aggiornamenti sincopati che inonda il sito di micro-blogging ci sono alcuni utenti che si segnalano per autorevolezza e utilità. Tra questi Sultan al Qassemi, esperto di affari mediorientali, che mescola notizie e analisi, e Andy Carvin della National Public Radio, che costituisce una fonte ricchissima (e velocissima) di aggiornamenti. AliTweel, cittadino libico di stanza a Tripoli, offre invece aggiornamenti su quello che accade per le strade dalla città regalando spesso punti di vista alternativi (da prendere, come tutto ciò che non è verificato, con le pinze). Ha, per esempio, negato la notizia di bombardamenti aerei nella capitale. Da seguire poi gli aggiornamenti da 140 caratteri di Ben Wedman della CNN, uno dei primi giornalisti occidentali a varcare i confini dello stato nordafricano e quelli dei reporter raccolti dal servizio MuckRack. Per avere una prospettiva più ampia (anche se giocoforza più caotica) su quanto accade nella twittersfera si può infine ricorrere all'utilissimo Trendsmap, un aggregatore che assembla in un'interfaccia chiara e funzionale, tra le altre cose, i cinguettii sulla Libia dividendoli per hashtag e parole chiave. Spostandosi da Twitter a Facebook alla ricerca di notizie sul Nord Africa in ebollizione, ci si può invece soffermare sulla pagina del Libyan Youth Movement (che ha anche un aggiornatissimo account Twitter), e di We are all Kahled Said, fondamentale strumento di informazione sulla rivoluzione egiziana che ora segue anche gli eventi del Paese vicino.
Video. In assenza di riprese professionali che non siano quelle della televisione di stato sono i video dal basso a raccontare con la massima vividezza e il più grande impatto emotivo quanto accade in Libia. Come detto, non è sempre facile (anzi, talvolta è impossibile), verificare l'autenticità delle immagini e ottenere quei dati di contesto (data, luogo, ora, situazione) che aiutano a rendere un'informazione esauriente: nonostante questo, sarebbe difficilissimo capire il corso degli eventi senza alcuni canali di YouTube. Tra questi c'è Freedomwriter00 che raccoglie decine di video (attenzione: alcuni disturbanti) sugli scontri in atto. Un'antologia di riprese dal basso si trova anche sul canale leakspinner (c'è pure un video, segnalato da Al Jazeera che documenta un presunto cecchino in azione a Tripoli), ibnomar2005 (che mostra, fra gli altri, un video che documenta presunti mercenari che controllano la sicurezza per le strade della capitale), e WadiTr.
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