Sono sempre di più gli iraniani della diaspora che si espongono su internet criticando il regime. Che contrattacca con minacce nel mondo reale.
di Carola Frediani
L’onda verde iraniana - la protesta di studenti e cittadini contro il governo di Teheran – una volta approdata su internet si tinge di giallo. Il clamore internazionale suscitato anche grazie alle attività online degli iraniani, in particolare di quelli che stanno all’estero e che fanno da cassa di risonanza delle manifestazioni in corso nel proprio Paese d’origine, ha spinto infatti le autorità della Repubblica islamica ad intervenire con metodi illegali e intimidatori.
E’ quanto sostiene un pezzo investigativo del Wall Street Journal, che ha parlato con un centinaio di iraniani della diaspora – studenti, accademici, ingegneri, casalinghe, dottori sparsi per il mondo, da New York a Dubai, da Londra alla Svezia. Dalle testimonianze raccolte emerge che chi si espone, criticando il regime online o anche in manifestazioni pubbliche, rischia di subire minacce e ritorsioni. Dopo aver scritto messaggi critici su Facebook, Twitter o YouTube, decine di iraniani all’estero hanno subito pressioni sui parenti ancora residenti nel Paese. E’ il caso di Koosha, studente di ingegneria negli Usa, che dopo aver ricevuto una e-mail in cui gli veniva intimato di non criticare più il governo iraniano su Facebook, ha saputo che suo padre era stato arrestato.
Altri, dopo essere tornati in vacanza la scorsa estate in Iran, hanno dovuto dichiarare già ai controlli all’aeroporto se possedevano un account sul popolare social network; in alcuni casi hanno dovuto fare accedere al proprio profilo i funzionari presenti. “Ogni giorno ricevo telefonate e visite di persone che sono minacciate a causa delle attività dei loro parenti all’estero”, ha dichiarato al Wall Street Journal Nasrin Sotoudeh, la famosa attivista e avvocato iraniana, vincitrice del premio Human-Rights-International (HRI) 2008.
Che il controllo sui propri cittadini residenti in altri Paesi da parte della Repubblica islamica sia divenuto più intenso e soffocante è provato pure da un rapporto dell’intelligence tedesca, secondo il quale nella sola Germania gli agenti iraniani starebbero “osservando” ben 900 critici del regime.
Ma è soprattutto sul controllo del web che Teheran ha deciso di investire massicciamente, rimpolpando i centri di monitoraggio della Rete. Del resto, proprio in occasione delle recenti manifestazioni di protesta, il regime aveva rallentato le connessioni internet.
A denunciare la svolta repressiva sulla Rete si aggiunge Evgeny Morozov, professore alla Georgetown University, che studia l’impatto del web sulla politica globale. Non solo le autorità di Teheran prestano una meticolosa attenzione a quello che succede su Facebook e Twitter, nota lo studioso dalle colonne di Foreign Policy; ma sono anche interessate a legare a doppio filo l’identità online delle persone con quella offline. Le tracce delle attività in Rete, insomma, potrebbero avere sempre più spesso conseguenze nel mondo reale.
Un video di preparazione alle manifestazioni del 7 dicembre
La protesta degli studenti alla Ferdowsi University of Mashhad lo scorso 7 dicembre
La protesta di studenti delle superiori a Isfahan contro il governo lo scorso 7 dicembre
http://www.youtube.com/watch?v=w2XTFemrh5Q
Un video di messaggi di solidarietà da Vancouver
L’onda verde iraniana - la protesta di studenti e cittadini contro il governo di Teheran – una volta approdata su internet si tinge di giallo. Il clamore internazionale suscitato anche grazie alle attività online degli iraniani, in particolare di quelli che stanno all’estero e che fanno da cassa di risonanza delle manifestazioni in corso nel proprio Paese d’origine, ha spinto infatti le autorità della Repubblica islamica ad intervenire con metodi illegali e intimidatori.
E’ quanto sostiene un pezzo investigativo del Wall Street Journal, che ha parlato con un centinaio di iraniani della diaspora – studenti, accademici, ingegneri, casalinghe, dottori sparsi per il mondo, da New York a Dubai, da Londra alla Svezia. Dalle testimonianze raccolte emerge che chi si espone, criticando il regime online o anche in manifestazioni pubbliche, rischia di subire minacce e ritorsioni. Dopo aver scritto messaggi critici su Facebook, Twitter o YouTube, decine di iraniani all’estero hanno subito pressioni sui parenti ancora residenti nel Paese. E’ il caso di Koosha, studente di ingegneria negli Usa, che dopo aver ricevuto una e-mail in cui gli veniva intimato di non criticare più il governo iraniano su Facebook, ha saputo che suo padre era stato arrestato.
Altri, dopo essere tornati in vacanza la scorsa estate in Iran, hanno dovuto dichiarare già ai controlli all’aeroporto se possedevano un account sul popolare social network; in alcuni casi hanno dovuto fare accedere al proprio profilo i funzionari presenti. “Ogni giorno ricevo telefonate e visite di persone che sono minacciate a causa delle attività dei loro parenti all’estero”, ha dichiarato al Wall Street Journal Nasrin Sotoudeh, la famosa attivista e avvocato iraniana, vincitrice del premio Human-Rights-International (HRI) 2008.
Che il controllo sui propri cittadini residenti in altri Paesi da parte della Repubblica islamica sia divenuto più intenso e soffocante è provato pure da un rapporto dell’intelligence tedesca, secondo il quale nella sola Germania gli agenti iraniani starebbero “osservando” ben 900 critici del regime.
Ma è soprattutto sul controllo del web che Teheran ha deciso di investire massicciamente, rimpolpando i centri di monitoraggio della Rete. Del resto, proprio in occasione delle recenti manifestazioni di protesta, il regime aveva rallentato le connessioni internet.
A denunciare la svolta repressiva sulla Rete si aggiunge Evgeny Morozov, professore alla Georgetown University, che studia l’impatto del web sulla politica globale. Non solo le autorità di Teheran prestano una meticolosa attenzione a quello che succede su Facebook e Twitter, nota lo studioso dalle colonne di Foreign Policy; ma sono anche interessate a legare a doppio filo l’identità online delle persone con quella offline. Le tracce delle attività in Rete, insomma, potrebbero avere sempre più spesso conseguenze nel mondo reale.
Un video di preparazione alle manifestazioni del 7 dicembre
La protesta degli studenti alla Ferdowsi University of Mashhad lo scorso 7 dicembre
La protesta di studenti delle superiori a Isfahan contro il governo lo scorso 7 dicembre
http://www.youtube.com/watch?v=w2XTFemrh5Q
Un video di messaggi di solidarietà da Vancouver