Uccise moglie nel Milanese, attenuante emotiva: si sentiva un fallito

Lombardia
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Così la corte d'Assise ha concesso le attenuanti generiche diminuendo la pena a 27 anni di reclusione, ad un uomo che, nel giugno del 2021 ad Arese, aveva ucciso la moglie e tentato di fare lo stesso con uno dei tre figli

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Il 19 giugno del 2021 ad Arese, provincia di Milano, aveva ucciso la moglie e tentato di assassinare anche uno dei tre figli avuti dalla consorte, un 42enne manager di origine messicana. Per il tribunale l'uomo, quando ha commesso il gesto, si trovava in una condizione emotiva alterata, si sentiva fallito come uomo e genitore, per questo ha deciso di concedergli le attenuanti generiche.

La sentenza

Attenuanti che hanno portato a 27 anni di reclusione la pena per l'imputato, a fronte di una richiesta di ergastolo e sei mesi di isolamento diurno per omicidio volontario aggravato e tentato omicidio formulata dal pubblico ministero. Pubblico ministero che nella requisitoria aveva ricordato come nelle indagini, condotte dai carabinieri di Rho, i tre figli della coppia avessero descritto il padre  come un uomo violento e pericoloso". L'assassino, scrive la Corte: "Era un uomo rotto, spaccato, come acutamente compreso da uno dei tre figli poco prima di essere aggredito, un uomo che si sentiva fallito come genitore per non essere riuscito a costruire una buona famiglia, come padre per gli errori commessi e come marito". Sulla base di una sentenza della Cassazione dell'82, la Corte chiarisce che: "Gli stati emotivi o passionali, pur non escludendo né diminuendo l'imputabilità possono essere considerati dal giudice ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, influendo essi sulla misura della responsabilità penale".

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