Cassazione conferma sequestro da 3,5 milioni a Irene Pivetti

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L’ex presidente della Camera è accusata di evasione fiscale e autoriciclaggio in un’indagine su una serie di operazioni commerciali che sarebbero servite per riciclare proventi frutto dell’evasione

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È stato confermato oggi dalla Cassazione il sequestro di quasi 3,5 milioni di euro a carico dell'ex presidente della Camera Irene Pivetti.

L'accusa

Pivetti è accusata di evasione fiscale e autoriciclaggio in un'indagine del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano, coordinata dal pm milanese Giovanni Tarzia, su una serie di operazioni commerciali, in particolare la compravendita di tre Ferrari Gran Turismo, che sarebbero servite per riciclare proventi frutto di evasione fiscale. La seconda sezione penale della Suprema Corte ha rigettato, infatti, il ricorso della difesa.

La decisione del Riesame

A febbraio il Riesame di Milano, accogliendo il ricorso del pm dopo la bocciatura da parte del gip, aveva disposto il sequestro di circa 3,5 milioni a carico dell'ex deputata e di quasi mezzo milione ad un suo consulente, Pier Domenico Peirone, il quale ha già patteggiato 1 anno e 10 mesi. Poi, è arrivato il ricorso della difesa e infine la decisione della Cassazione, dopo l'udienza di oggi.

 

La richiesta di rinvio a giudizio

Nel frattempo, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per l'ex esponente della Lega e altre 5 persone. L'udienza preliminare, davanti al gup Fabrizio Filice, è fissata per il 6 ottobre. Tra gli imputati il pilota di rally ed ex campione di Gran Turismo Leonardo 'Leo' Isolani, la moglie Manuela Mascoli, la figlia di lei Giorgia Giovannelli, il notaio Francesco Maria Trapani e un altro imprenditore, Candido Giuseppe Mancaniello.

L'inchiesta

Nell'inchiesta viene ipotizzato un ruolo di intermediazione di Only Italia, società riconducibile a Pivetti, in operazioni del 2016 del Team Racing di Isolani, che voleva nascondere al Fisco (aveva un debito di 5 milioni) alcuni beni, tra cui le tre Ferrari. Attorno alle auto, secondo l'accusa, venne organizzata una finta vendita verso una società cinese. Quelle macchine, però, non sono mai arrivate "nella disponibilità" dell'acquirente 'sulla carta', il gruppo cinese Daohe. L'unico "bene effettivamente ceduto, ovvero passato" ai cinesi sarebbe stato "il logo della Scuderia Isolani abbinato al logo Ferrari".  Secondo l'accusa, "l'obiettivo perseguito da Pivetti", difesa dal legale Filippo Cocco, sarebbe stato quello "di acquistare il logo Isolani-Ferrari per cederlo a un prezzo dieci volte superiore al gruppo Dahoe, senza comparire in prima persona". Isolani e la moglie, "simulando la vendita dell'intera scuderia, hanno di fatto ceduto soltanto il logo", mentre Pivetti, per la Procura, ha comprato quel logo a 1,2 milioni di euro e lo ha rivenduto al gruppo cinese a "10 milioni". Tra gli atti trasmessi da Milano in Cassazione anche un avviso di accertamento dell'Agenzia delle Entrate a carico di Pivetti nel quale si contestano quei quasi 3,5 milioni di evasione.

Irene Pivetti in una immagne del 28 aprile 2017. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

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