Inchiesta Pivetti, Riesame dispone sequestro per 4 milioni di euro

Lombardia

Il provvedimento è a carico dell’ex presidente della Camera Irene Pivetti e un suo consulente, tra gli indagati per riciclaggio, autoriciclaggio e frode fiscale in un'indagine su una serie di operazioni commerciali che sarebbero servite per riciclare proventi di un'evasione fiscale. La difesa: “Faremo certamente ricorso in Cassazione”

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Il Riesame di Milano, accogliendo il ricorso del pm Giovanni Tarzia, ha disposto il sequestro di circa 4 milioni di euro a carico dell'ex presidente della Camera Irene Pivetti e del suo consulente Pier Domenico Peirone, tra gli indagati per riciclaggio, autoriciclaggio e frode fiscale in un'indagine su una serie di operazioni commerciali, in particolare la compravendita di 3 Ferrari Gran Turismo, che sarebbero servite per riciclare proventi di un'evasione fiscale. Il sequestro era stato effettuato il 18 novembre dalla guardia di finanza, ma non era stato convalidato dal gip Giusi Barbara. Poi, l'appello del pm al Riesame che oggi ha deciso. "Concordo con l'impostazione del gip, non con il Riesame e andremo a sentire cosa ne pensa la Cassazione", ha spiegato il legale di Pivetti, l'avvocato Filippo Cocco, annunciando ricorso. 

Il provvedimento

L'udienza davanti al Riesame, in cui era stato discusso il ricorso della procura nell'indagine del Nucleo di polizia economica finanziaria della guardia di finanza, si era tenuta il 28 gennaio. Il sequestro era stato eseguito a novembre con l'avviso di chiusura delle indagini nei confronti di Pivetti e altre sei persone, ossia il consulente Pier Domenico Peirone, il pilota di rally ed ex campione di Gran Turismo Leonardo 'Leo' Isolani, la moglie Manuela Mascoli, la figlia di lei Giorgia Giovannelli, il notaio Francesco Maria Trapani e un altro imprenditore. L'importo che il pm aveva bloccato era di 3 milioni e mezzo di euro riconducibili all'ex esponente leghista e 500mila euro al professionista. Il gip non aveva convalidato in quanto non aveva condiviso l'impostazione giuridica, ritenendo che il reato presupposto ai fatti contestati, ossia la sospetta evasione fiscale alla base del presunto riciclaggio, dovesse avere una diversa qualificazione. Aspetti questi contenuti nell'ordinanza del gip che la difesa porterà ora in Cassazione. Il pm Tarzia in udienza aveva messo sul tavolo, invece, gli elementi probatori alla base del decreto di sequestro (davanti al collegio presieduto da Maria Cristina Mannocci), facendo notare, pure con una memoria scritta, che le società coinvolte, anche basate a Hong Kong, sarebbero state solo 'scatole vuote', mentre le difese avevano presentato documenti per dimostrare la liceità dei flussi di denaro.

La decisione del Riesame

Con la "interposizione" fittizia di uno "schermo societario", Irene Pivetti avrebbe raggiunto l'obiettivo "fraudolento di evasione fiscale" tra il 2016 e il 2017, compiendo "operazioni simulate" e "avvalendosi di documenti falsi e di altri mezzi fraudolenti". E la "valutazione delle condotte emerse dalle indagini induce" anche a "ritenere sussistenti i reati di autoriciclaggio e riciclaggio" nei confronti dell'ex presidente della Camera e del suo consulente. Con un provvedimento 'tecnico' di 44 pagine i giudici del Riesame di Milano (Mannocci-Cucciniello-Amicone) hanno accolto su tutta la linea il ricorso del pm Giovanni Tarzia. Una decisione, quella del Riesame, "immediatamente esecutiva”. Per il Riesame, come si legge ancora, "la Only Italia Hong Kong" è stata nella vicenda al centro delle indagini "un mero schermo giuridico dietro al quale si celava l'imprenditrice persona fisica Irene Pivetti".

Il giro di denaro

Attorno alle tre auto da corsa, secondo l'accusa, venne organizzata una finta vendita verso una società cinese. Quelle macchine, però, non sono mai arrivate, si legge negli atti, "nella disponibilità" dell'acquirente 'sulla carta', il gruppo cinese Daohe del magnate Zhou Xi Jian, ma sarebbero state trasferite dall'ex campione di Gran Turismo 'Leo' Isolani in Spagna. L'unico "bene effettivamente ceduto, ovvero passato" ai cinesi è stato "il logo della Scuderia Isolani abbinato al logo Ferrari". Se, da un lato, per la procura, lo scopo di "Isolani e Mascoli", la moglie, era quello "di dissimulare la proprietà dei beni e sottrarli" al Fisco, "l'obiettivo perseguito da Irene Pivetti", dall'altro, è stato quello "di acquistare il logo Isolani-Ferrari per cederlo a un prezzo dieci volte superiore al gruppo Dahoe, senza comparire in prima persona". Attraverso la "complessa contrattazione" Isolani e la moglie, "simulando la vendita dell'intera scuderia, hanno di fatto ceduto soltanto il logo", mentre Pivetti, scrive ancora la Procura, ha comprato quel logo a 1,2 milioni di euro e lo ha rivenduto al gruppo cinese a "10 milioni". Gli investigatori hanno seguito le tracce di un vorticoso giro di denaro per oltre 7,5 milioni di euro con rogatorie in mezzo mondo. Tutti argomenti fatti propri anche dal Riesame: la "vicenda Isolani", scrivono i giudici, non può che avere "sul piano logico e sul piano economico" il "significato che ad essa viene attribuito dall'accusa".

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