L'ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo e il pm milanese Paolo Storari sono accusati di rivelazione del segreto d'ufficio per la vicenda dei verbali di Piero Amara sulla presunta Loggia Ungheria. Il gup ha respinto l'istanza presentata da Davigo di celebrare l'udienza a porte aperte
È cominciata a Brescia l'udienza preliminare nei confronti dell'ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo e del pm milanese Paolo Storari, accusati di rivelazione del segreto d'ufficio per la vicenda dei verbali di Piero Amara sulla presunta Loggia Ungheria. Davigo e Storari sono assistiti rispettivamente dagli avvocati Francesco Borasi e Paolo Della Sala, mentre il gup chiamata a decidere se rinviarli a giudizio o meno è Federica Brugnara. I pm d'udienza invece sono Donato Greco e Francesco Milanesi. Il giudice ha inoltre accolto la richiesta di essere parte civile presentata dal consigliere del Csm Sebastiano Ardita.
Respinta istanza di udienza pubblica
Come anticipato qualche giorno fa, Davigo ha chiesto l’udienza pubblica: "Questa vicenda è di interesse pubblico e siccome io non ho nulla da nascondere pretendo l'udienza a porte aperte”, ha detto in una pausa dell’udienza. L'istanza è stata però respinta dal gup.
L’accusa
In base al capo di imputazione Davigo "consegnava, informalmente e senza alcuna ragione ufficiale, ma al solo scopo di motivare la rottura dei propri rapporti personali con il consigliere Sebastiano Ardita, copia degli atti in questione al consigliere del Csm Giuseppe Marra, dopo averlo informato del loro contenuto, incaricandolo di custodirli e di consegnarli al comitato di Presidenza, qualora glieli avesse richiesti". Oltre a ciò avrebbe riferito a un altro componente del Consiglio Superiore della Magistratura, Ilaria Pepe, "sempre in assenza di una ragione ufficiale, ma per suggerirle di 'prendere le distanze dal consigliere Ardita', il contenuto delle dichiarazioni rese" da Amara, "invitandola a leggerle; riferiva, in assenza di una ragione d'ufficio, al dichiarato scopo di ottenere un giudizio sull'attendibilità" di quei verbali che gli erano stati consegnati da Storari per "autotutelarsi", a suo dire, dal rallentamento alle indagini voluto dai vertici della procura di Milano. Secondo l'accusa avrebbe parlato, pur in modo confidenziale, delle dichiarazioni di Amara al senatore Nicola Morra ad altri consiglieri del Csm, come Giuseppe Cascini, Fulvio Gigliotti, Stefano Cavanna - al quale avrebbe detto che nell'indagine sulla presunta loggia era "coinvolto" Ardita- e il vice presidente David Ermini, al quale avrebbe dato "copia degli atti (...), al di fuori di qualunque ufficialità al punto che Ermini, ritenendo irricevibili quegli atti ed inutilizzabili le confidenze ricevute, immediatamente distruggeva detta documentazione".