Procura Milano chiude le indagini sul cosiddetto ‘falso complotto Eni’: indagato Amara

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L’inchiesta era iniziata nel 2017 con un fascicolo finito al centro dello scontro tra pm milanesi, che ha dato origine a un filone a Brescia. Non compaiono tra gli indagati Claudio Descalzi e Claudio Granata, rispettivamente ad e capo del personale Eni

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La Procura di Milano ha chiuso le indagini sul cosiddetto 'falso complotto Eni', iniziate nel 2017 con un fascicolo finito pure al centro dello scontro tra pm milanesi, che ha dato origine a una tranche d'inchiesta a Brescia che si intreccia con quella sui 'verbali di Amara'.

L'avviso di chiusura indagini

L'avviso di chiusura dell'inchiesta, che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, firmato dall'aggiunto Laura Pedio e dai pm Stefano Civardi e Monia Di Marco (questi due sono entrati nell'indagine solo pochi mesi fa), è stato notificato a 12 persone fisiche e 5 società in un'indagine che ipotizza, tra gli altri, i reati di associazione per delinquere, induzione a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria, truffa e calunnia. Tra i 12 indagati, oltre ad Amara e all'ex manager Eni Vincenzo Armanna, ci sono anche l'ex capo ufficio legale del gruppo (poi licenziato) Massimo Mantovani, l'avvocato Michele Bianco e Vincenzo Larocca, "quali dirigenti dell'Ufficio legale dell'Eni", come si legge nell'atto di chiusura, e poi ancora, tra gli altri, Antonio Vella, ex manager del gruppo e Giuseppe Calafiore, collaboratore di Amara. Tra le società coinvolte, per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, Eni Trading&Shipping spa e quelle del gruppo Napag. In particolare, come risulta dall'imputazione di associazione per delinquere, Amara, Armanna, Mantovani, Larocca, Bianco e Vella, si sarebbero associati per "commettere più delitti di calunnia, diffamazione, intralcio alla giustizia" e anche di "corruzione tra privati". Il tutto per "inquinare lo svolgimento - scrivono i pm - dei procedimenti in corso avanti all'Autorità giudiziaria milanese nei confronti di Eni spa e di suoi dirigenti ed apicali per fatti di corruzione internazionale relativi ad attività economiche in Algeria e Nigeria". In particolare, avrebbero anche puntato a screditare con le loro 'manovre' gli allora "consiglieri indipendenti di Eni Zingales Luigi e Litvack Karina". E ciò anche attraverso le ormai note denunce a Trani e Siracusa su un complotto inesistente contro l'ad Claudio Descalzi.

Descalzi e Granata "persone offese" per calunnia contestata ad Amara-Armanna

Claudio Descalzi e Claudio Granata, rispettivamente ad e capo del personale di Eni per cui le posizioni sono state stralciate in vista di una richiesta di archiviazione, sono "persone offese" in un'imputazione di calunnia contestata all'avvocato Piero Amara e all'ex manager del gruppo Vincenzo Armanna, grande accusatore dei vertici del 'Cane a sei zampe' nel processo sul caso nigeriano finito con 15 assoluzioni. Emerge dall'avviso di chiusura dell'inchiesta sul 'falso complotto'. Imputazione che segue la linea che aveva coltivato il pm Paolo Storari, ex titolare del fascicolo che voleva arrestare Amara e Armanna e che lasciò l'indagine per lo scontro coi vertici della Procura, che ha originato indagini a Brescia.

Legali Mantovani: "Accuse generiche"

"Dopo quasi cinque anni di indagini, tutto ciò che si è potuto partorire nei confronti dell'avvocato Mantovani è una serie confusa di accuse generiche nelle quali non si individuano né comportamenti specifici né gli interessi che l'avrebbero mosso nel compimento di tali presunte attività". Lo scrivono in una nota gli avvocati Tullio Padovani e Francesco Centonze, legali dell'ex capo ufficio legale di Eni Massimo Mantovani, tra le 12 persone fisiche indagate. "Si tratta di accuse di una labilità e di una inconsistenza sconcertanti - spiegano i difensori - destinate quindi a sfaldarsi quando approderanno alla valutazione di un giudice".

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