Caso Eitan, il tribunale di Tel Aviv: il bambino deve tornare in Italia

Lombardia

La famiglia Peleg attraverso il portavoce Gadi Solomon ha annunciato ricorso contro la sentenza. A quanto si apprende Eitan non potrà lasciare Israele per i prossimi sette giorni da oggi, tempo necessario per l'eventuale ricorso. La nonna Peleg: "Disastro nazionale"

Eitan, il bambino di sei anni unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, deve tornare in Italia dove si trova la sua residenza abituale. Lo ha stabilito, si apprende da fonti legali, la giudice del Tribunale della famiglia di Tel Aviv. La giudice inoltre ha imposto che il nonno materno del bambino, Shmuel Peleg, paghi le spese processuali pari a 70 mila shekel (oltre 18mila euro). 

A quanto si apprende inoltre Eitan non potrà lasciare Israele per i prossimi sette giorni da oggi, tempo necessario per l'eventuale ricorso da parte del nonno materno Shmuel Peleg alla Corte Distrettuale di Tel Aviv. Trascorso questo tempo, ma solo in mancanza di eventuali provvedimenti contrari, il bambino potrà far rientro in Italia. 

Eitan, al centro di una contesa tra i due rami familiari - i nonni materni da una parte e la zia paterna Aya dall'altra, nominata tutrice legale del piccolo - è stato portato in Israele l'11 settembre scorso dal nonno materno Shmuel Peleg. L'uomo è indagato dalla Procura di Pavia, insieme alla ex moglie Esther Peleg e a un autista 56enne, per sequestro di persona aggravato. Il bambino nel disastro avvenuto in Piemonte lo scorso maggio ha perso i genitori, il fratellino di due anni e i bisnonni, tra le vittime dell'incidente costato la vita a 14 persone.

La sentenza

"Il Tribunale non ha accolto la tesi del nonno secondo cui Israele è il luogo normale di vita del minore né la tesi che abbia due luoghi di abitazione", e "non è stata accolta la tesi del nonno secondo cui la zia non aveva il diritto di tutela", scrive la giudice Iris Ilutovich Segal nella sentenza in cui impone il rientro in Italia del piccolo accogliendo il ricorso di Aya Biran, zia paterna del piccolo e affidataria legale. "Con l'arrivo in Israele il nonno - ha proseguito la giudice - ha allontanato il minore dal luogo normale di vita. Un allontanamento contrario al significato della Convenzione e che, così facendo, ha infranto i diritti di custodia della zia sul minore stesso".

Il bambino era stato portato in Israele dal nonno materno Shmuel Peleg lo scorso settembre: dopo essere stato prelevato a casa della zia Aya Biran, a Pavia, il piccolo a quanto ricostruito è stato portato in auto oltre il confine svizzero e poi imbarcato su un jet privato verso Israele. Subito dopo la donna si è rivolta al Tribunale della famiglia di Tel Aviv per il "rientro immediato" in Italia in base alla Convenzione dell'Aja.

Le parole della zia Aya Biran

La zia paterna Aya Biran, si è appreso da fonti legali, ha espresso "grande gioia" per la decisione del tribunale, manifestando tutta la sua "felicità". "Eitan è cittadino italiano, Pavia è la sua casa dove è cresciuto, dove ha i suoi amici e a Pavia i suoi genitori lo hanno iscritto a scuola", aveva spiegato Aya già poche ore dopo il presunto rapimento. In varie dichiarazioni alla stampa sia la zia che il marito, lo zio paterno Or Nirko, si erano augurati che il Tribunale israeliano decidesse per il ritorno di Eitan sulla base dei principi internazionali. "I giudici israeliani devono toglierlo dalle mani dei suoi rapitori e riconsegnarlo alla sua tutrice Aya", aveva spiegato Or a più riprese.

"Pur accogliendo con soddisfazione la sentenza della giudice Ilutovich - hanno sottolineato i legali della famiglia Biran dopo la sentenza - crediamo che in questo caso non ci siano né vincitori né vinti. C'è solo Eitan e tutto quello che chiediamo è che torni presto a casa sua, ai suoi amici a scuola, alla sua famiglia, in particolare per la terapia e gli schemi educativi di cui ha bisogno". 

"Rispettati i principi internazionali"

"Io e la collega Grazia Cesaro siamo contenti per la decisione favorevole del Tribunale di Tel Aviv e del fatto che i principi e lo spirito della Convenzione dell'Aja abbiano trovato applicazione", ha aggiunto il legale civilista Cristina Pagni, che rappresenta in Italia, con la collega Cesaro (sul fronte penale c'è l'avvocato Armando Simbari), la zia paterna di Eitan, Aya Biran. "Aspettiamo di capire quando sarà possibile il rientro del bimbo in Italia, lo sapremo forse in serata", ha chiarito il legale e ciò anche in relazione al fatto che i nonni materni avranno possibilità di impugnare la sentenza del giudice israeliano. 

La famiglia Peleg: "Continueremo la battaglia, faremo ricorso" 

"La famiglia è determinata a continuare la battaglia in ogni modo possibile nell'interesse di Eitan, il suo benessere e il diritto a crescere in Israele come i suoi genitori si augurano", ha affermato la famiglia Peleg, il cui portavoce Gadi Solomon ha annunciato ricorso contro la sentenza. "Questa - ha aggiunto la famiglia -riguarda solo il suo allontanamento dall'Italia, il suo arrivo in Israele e non il bene e il futuro del minore". "Purtroppo - ha proseguito la famiglia Peleg - le possibilità e le soluzioni che sono state evocate riguardo i contatti fra il minorenne con le 2 famiglie, non sono state esplorate in maniera adeguata, fino in fondo".

Intanto, davanti al Tribunale per i minorenni di Milano è fissata per l'1 dicembre l'udienza del procedimento, già iniziato nei giorni scorsi, sul reclamo dei nonni materni contro le decisioni dei Tribunali di Torino e Pavia che stabilirono, in sostanza, la nomina di Aya come tutrice del piccolo.

La nonna Peleg: "Disastro nazionale, giorno di lutto"

"E' un giorno disastroso. E' avvenuto un secondo disastro dopo quello di cinque mesi fa. Si tratta di un disastro nazionale". Così Esther Peleg Cohen, nonna materna di Eitan, in televisione aggiungendo che si tratta "di un giorno di lutto nazionale". "Non riesco a capacitarmi del fatto che Israele - ha aggiunto - mi carpisce l'ultimo nipote, il residuo di quello che resta di mia figlia". La decisione del Tribunale - ha insistito - "è stata influenzata da considerazioni politiche sui rapporti con l'Italia". Esther Peleg Cohen ha poi rivolto un appello "al popolo" di Israele "affinché comprenda che si parla di un bambino israeliano e che non c'è motivo di sradicarlo". Secondo la donna, l'iter giudiziario compiuto in Italia per l'affidamento di Eitan alla zia Aya Biran "è avvenuto con un sotterfugio". E, riferendosi alla recente udienza di Milano nella causa intentata sull'affidamento del bambino, ha detto che "è emerso un documento importante che indica che Aya ha pilotato quell'iter per prendere Eitan come sua proprietà privata". "Contrariamente a quello che si pensa - ha proseguito - Eitan non ha ricevuto le cure mediche di cui aveva bisogno". Infine - rispondendo ad una domanda dell'intervistatrice tv - ha spiegato di "non essere stata coinvolta nella decisione" del suo ex marito Shmuel Peleg di portare il bambino in Israele. 

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