Processo Eni, per i giudici non c'è prova della corruzione in Nigeria

Lombardia

"Manca sia la prova della creazione di una provvista a beneficio degli intermediari sia la prova della partecipazione all'accordo corruttivo con i pubblici ufficiali", si legge nelle motivazioni con cui la Corte d'Appello di Milano ha assolto Obi Emeka e Gianluca Di Nardo, imputati per corruzione internazionale

"Manca sia la prova della creazione di una provvista a beneficio degli intermediari sia la prova della partecipazione all'accordo corruttivo con i pubblici ufficiali", si legge nelle motivazioni con cui la Corte d'Appello di Milano lo scorso 24 giugno ha assolto Obi Emeka e Gianluca Di Nardo, imputati per corruzione internazionale per il caso Eni-Nigeria. I due in primo grado erano stati condannati in abbreviato a 4 anni di carcere in uno stralcio del processo che lo scorso marzo si è concluso con 15 assoluzioni, comprese le società, da parte del Tribunale.

Le motivazioni della sentenza

L'ex manager di Eni Vincenzo Armanna, che era imputato nel processo milanese sul caso Eni-Nigeria conclusosi a marzo, è "un soggetto non credibile", scrivono ancora i giudici. Tra l'altro, la gestione del “grande accusatore” Armanna è uno dei capitoli dell'inchiesta in corso a Brescia con più filoni derivata dai casi Eni e dei verbali di Amara. "L'unica dazione accertata - si legge nella sentenza dei giudici della seconda sezione penale (Polizzi-Scalise-Nunnari) - è quella in favore di Vincenzo Armanna (...) soggetto non credibile né con riguardo alla giustificazione fornita a proposito della ricezione del denaro né in ordine ad altri aspetti della complessa vicenda". Della 'non credibilità' di Armanna, tra l'altro, aveva parlato anche il gup Giusi Barbara nelle motivazioni della sentenza di primo grado in abbreviato.

Le indagini a Brescia

A Brescia, intanto, tra gli altri, sono indagati per rifiuto di atti d'ufficio il procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale e il pm, ora passato alla Procura Europea, Sergio Spadaro, che erano titolari dell'inchiesta sul caso del giacimento petrolifero nigeriano. E sono indagati proprio per il filone che riguarda il presunto mancato deposito di prove, raccolte dal pm Paolo Storari (indagato per rivelazione di segreto d'ufficio per il caso dei verbali di Piero Amara) favorevoli agli imputati e a carico dell'ex manager Armanna, imputato e 'grande accusatore' nel processo in cui sono stati assolti in primo grado, compreso l'ad Eni Claudio Descalzi, e che ha generato anche uno scontro tra la Procura, guidata da Francesco Greco (a sua volta indagato per omissione di atti d'ufficio), e il Tribunale. I giudici d'appello nelle 140 pagine di motivazioni scrivono, tra le altre cose, che non ci sono elementi per "provare l'esistenza di pagamenti in favore di manager di Eni e di Shell, come pure in favore di pubblici ufficiali nigeriani, tramite Obi".

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