Terrorismo, Alice Brignoli condannata a 4 anni di carcere

Lombardia
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La gup di Milano ha disposto anche 5 anni di interdizione dai pubblici uffici per la moglie del defunto militante dell’Isis Mohamed Koraichi. La donna era stata arrestata in Siria a settembre dal Ros dei carabinieri e riportata in Italia insieme ai 4 figli, poi affidati a una comunità

È stata condannata a 4 anni di carcere Alice Brignoli, moglie 42enne del defunto militante dell'Isis Mohamed Koraichi, a processo in abbreviato con l'accusa di terrorismo internazionale dopo essere stata arrestata in Siria a settembre dal Ros dei carabinieri e riportata in Italia assieme ai 4 figli, poi affidati a una comunità. Lo ha deciso stamane la gup di Milano, Daniela Cardamone, che ha disposto anche 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e una provvisionale, immediatamente esecutiva, per ognuno dei quattro figli della donna, assistiti dall'avvocato e curatore speciale Silvia Belloni, che ha deciso di costituirsi parte civile nel processo. "La costituzione di parte civile è stato un gesto di responsabilità nei loro confronti", ha spiegato l'avvocato Belloni dopo la sentenza. Le motivazioni saranno depositate entro 30 giorni. I pm Francesco Cajani e il capo del pool antiterrorismo di Milano Alberto Nobili, titolari dell'indagine, avevano chiesto una condanna a 5 anni di carcere.

La vicenda

Brignoli, detta 'Aisha' come si faceva chiamare dopo la conversione, viveva in provincia di Lecco prima di partire insieme a marito e figli per la Siria. Lei e il marito erano tra i sei destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare nell'ambito di un blitz di Digos e Ros dell'aprile 2016 che portò all'arresto di 4 persone: Abderrahim Moutaharrik, campione di 'muay thai' legato all'Isis e che nelle intercettazioni diceva di essere disposto a compiere attentati in Vaticano, la moglie Salma Bencharki, Abderrahmane Khachia e Wafa Koraichi, sorella di Mohamed, marito della donna.

Nobili: "Brignoli ha iniziato percorso per recuperare sua identità"

"Brignoli ha iniziato un percorso" per uscire dalla radicalizzazione e per "recuperare la sua identità che secondo le sue stesse parole era stata smarrita per strada". Lo ha detto dopo la sentenza il capo del pool dell'Antiterorrismo di Milano, Alberto Nobili: "La condanna non fa bene a nessuno, l'obiettivo non era quello. Piuttosto è stato il riconoscimento del buon lavoro investigativo" fatto dal Ros dei carabinieri e dalla Procura di Milano. Il magistrato ha aggiunto che Brignoli "ha spiegato che non è più la donna che era una volta e che non farebbe più quello che ho fatto". E nel suo percorso, la donna "è molto aiutata" dal rapporto con i quattro figli, affidati a una comunità, e "che quotidianamente le è consentito di sentire e di chiamare". Nobili ha spiegato ancora che la donna "ha ringraziato noi e il Ros che si è attivato con tutte le sue forze e con il massimo dell'impegno non solo personale ma anche tecnologico, informatico e strategico" per individuare, tra oltre 4mila persone, lei e i suoi figli in un campo, come quello di Al-Hol in Siria, "in cui è complesso parlare di futuro e in cui ci sono realtà veramente dure anche perché la politica internazionale si muove con diverse prospettive e omogeneità. Non tutti seguono la linea italiana di recupero dei cittadini all'estero". E infatti, ha aggiunto, "lei stessa si è resa conto di quanto sia stato importante il suo ritorno in Italia per la sua vita e per il suo futuro".

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