Coronavirus Bergamo: “libero” dopo 115 giorni di ricovero e 28 tamponi

Lombardia
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Un 43enne, dopo un’odissea durata mesi, durante i quali ha anche scritto al premier Giuseppe Conte, è rientrato presso la propria abitazione ad Albino. A Monza, dopo 3 mesi di ventilazione artificiale, è invece morto un infermiere 59enne che lavorava nel reparto di terapia intensiva del Valduce di Como

È tornato a casa dalla moglie Simona e dai figli Matteo e Gianluca, ad Albino, in provincia di Bergamo, Marco Carrara, dopo un'odissea durata mesi. Il 43enne - a cui ha anche scritto il premier Giuseppe Conte - è infatti stato ricoverato per coronavirus 115 giorni e ha dovuto fare 28 tamponi prima del via libera (TUTTI GLI AGGIORNAMENTILA SITUAZIONE IN LOMBARDIA). Lo riferisce l'Eco di Bergamo.

La vicenda

Era il 31 marzo infatti quando è entrato in ospedale al Giovanni XXIII, poco dopo la morte per Covid del papà Valerio. In quell'ospedale resta un mese e mezzo, poi un mese lo trascorre alla clinica San Francesco e quando le sue condizioni peggiorano di nuovo torna al Giovanni XXIII. L'8 giugno inizia la riabilitazione alla Fondazione Piccinelli d Scanzorosciate, sempre in provincia di Bergamo. Il 24 luglio viene dimesso ma "non potevo tornare a casa - racconta lui stesso - perché i tamponi erano ancora positivi. Così mi sono messo in quarantena nell'appartamento di mio padre, con i miei ci guardavano dal terrazzo ma niente di più". Insomma nessun contatto con la moglie e i due figli. Solo ieri si sono potuti riabbracciare, alle 14, mentre le campane del paese suonavano a festa per il suo ritorno. Durante questi mesi, in risposta a una mail che gli aveva inviato, Conte "attraverso la sua segretaria mi ha fatto le condoglianze per la morte di mio padre e a me gli auguri", e poi c'è stata una telefonata del vicario generale del Papa Angelo Comastri e del vescovo di Bergamo Francesco Beschi. Adesso "vorrei andare al cimitero a trovare i miei genitori, poi per qualche giorno - conclude - rimanere a casa con i miei figli e mia moglie".

A Monza muore infermiere 59enne di origini peruviane

Dopo tre mesi di ventilazione artificiale è morto ieri all'ospedale San Gerardo di Monza Javier Chunga, infermiere di 59 anni di origini peruviane, che lavorava nel reparto di terapia intensiva del Valduce di Como. Qui ha curato i malati di Covid fino a quando, a maggio, si è ammalato anche lui ed è stato curato per una ventina di giorni nel suo ospedale prima del trasferimento alla terapia intensiva del San Gerardo.

Primario neurologia Como: “È il primo a lasciarci”

"Javier - ha spiegato alla Provincia di Como Mario Guidotti, primario di neurologia del Valduce - è il primo infermiere a lasciarci. Uno dei nostri che si è battuto in prima linea durante i mesi del Covid. Si è fatto in quattro proprio nella terapia intensiva dove lavorava, apprezzato da tutti da tanti anni".

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