Le telecamere di Sky Tg24 sono entrate nel reparto della struttura. Il personale sanitario e un’associazione Onlus alleggeriscono il peso dei genitori chiusi in stanza coi figli attraverso la donazione di kit e attività virtuali
La stanza Il pagliaccio attaccato alla porta e le maschere in giro nella ‘stanza delle nuvole’ ricordano esattamente quando tutto si è fermato, anche qui. Gli spazi giochi delReparto pediatrico del Papa Giovanni XXIII (LE FOTO) sembrano immobili, come per un incantesimo. È rimasto tutto fermo a febbraio, quando è iniziato tutto, anche per loro: la clausura negli spazi piccoli delle loro camere, i contatti ridotti col mondo. E il mondo per questi bambini, arrivati qui all’ospedale di Bergamo da ogni parte d’Italia e non solo per un trapianto o per un tumore, è fatto soprattutto dalle pedagogiste e dagli educatori che si occupano di farli giocare e farli imparare. Ogni giorno insieme, poi da febbraio improvvisamente il vuoto. Ma l’incantesimo ha funzionato anche stavolta: pedagogia online , lunghe chiacchierate e giochi attraverso un cellulare o un tablet. Certo, non è la stessa cosa, ma il vuoto sarebbe stato l’inferno. (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI – LO SPECIALE – LA SITUAZIONE IN LOMBARDIA)
Il non toccarsi, il non vedersi di persona, il non riuscire a coccolare con un abbraccio quando serve (spesso) è un prezzo altissimo per i bambini ricoverati al Papa Giovanni XXIII. Ma l’amore è capace di miracoli, come dimostrano gli ‘Amici della Pediatria’ , una onlus che da 30 anni lavora con i bambini negli ospedali. ‘ Non ci si può vedere e non ci si può toccare? È vero, ma noi sappiamo esserci anche a distanza’ ci racconta Milena Lazzaroni che presiede la onlus, i cui occhi si riempiono di lacrime quando due mamma ci raccontano quanto sia prezioso il lavoro che fanno per i loro bambini.
E l’associazione c’è anche per un semplice acquisto. ‘Ci siamo per i bambini ma anche per i loro genitori. L’altro giorno una mamma aveva bisogno di un pacco di assorbenti -ci racconta Milena - e allora siamo andati a comprarlo e glielo abbiamo fatto avere. Proviamo a riempiere i vuoti e a far arrivare loro , nonostante tutto, i nostri sorrisi’. Le mascherine non aiutano, ma anche se non si vedono le loro labbra, sorridono gli occhi.