Coronavirus Bergamo, medici: "Più test e lockdown precoce avrebbero evitato morti"

Lombardia

Lo sostengono in un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine Test il direttore dell'Istituto Mario Negri e due medici dell'ospedale Papa Giovanni XXIII

Test e un lockdown precoce "sono le due più importante lezioni che possono essere tratta dall'esperienza di Bergamo". Lo sostengono in un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine il direttore dell'Istituto Mario Negri, Giuseppe Remuzzi, e i medici Stefano Fagiuoli e Ferdinando Luca Lorini dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, secondo cui sono le due misure che avrebbero potuto evitare tanti decessi a Bergamo durante l'emergenza Coronavirus (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE - L'EMERGENZA IN LOMBARDIA).

L’articolo

"Il personale che lavora negli ospedali, gli infermieri a domicilio e la comunità avrebbero dovuto essere testati per la Covi-19 e chi risultava positivo avrebbe dovuto essere isolato, anche se asintomatico", si legge nell'articolo. Invece è accaduto che i primi tentativi di identificare e isolare le persone infette abbiano sostanzialmente trascurato i medici, per i quali i dispositivi di protezione non sono stati resi immediatamente disponibili, soprattutto nel caso dei medici di famiglia. Si rileva inoltre che in Lombardia, in particolare la provincia di Bergamo, il virus ha potuto espandersi rapidamente grazie ai "ritardi nel riconoscimento del SarsCoV2 nei pochi pazienti infetti ricoverati nel piccolo ospedale di Alzano Lombardo", insieme ai "ritardi nell'attivazione di misure per proteggere altri pazienti, personale ospedaliero e visitatori" e ai ritardi nelle misure di contenimento nei Paesi in cui si erano registrati dei casi. "La provincia non è stata chiusa fino all'8 marzo, ossia due settimane dopo i primi casi documentati presso l'ospedale di Alzano". 

La situazione al Papa Giovanni XXIII

Il testo fa riferimento poi all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo dove la situazione è peggiorata rapidamente e la struttura non è più riuscita a contenere l'impatto delle richieste di ricovero, decine al giorno. Si è reso dunque necessario aprire dei reparti dedicati alle persone contagiati da Covid-19 e nell'arco di appena una settimana sono stati formati 1.500 fra medici e infermieri. È anche stato necessario prendere decisioni difficili circa i pazienti ai quali assegnare i ventilatori e sono stati cancellati molti interventi chirurgici.
La seconda lezione, concludono i medici, ha riguardato il contenimento: se fosse stato tempestivo avrebbe potuto contenere l'epidemia, evitare che gli ospedali fossero sopraffatti e limitare il numero di decessi nella provincia.

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