Milano, fisco: a processo Anna Rita Rovelli e Bellavista Caltagitone
LombardiaSono accusati di essere i "clienti italiani" del barone italo-svizzero Filippo Dollfus e del commercialista Gabriele Bravi, ritenuti dagli investigatori gli artefici di una "complessa struttura operativa" composta da società con sede a Lugano e a Panama
Anna Rita Rovelli e il suo ex marito, Francesco Bellavista Caltagirone, sono tra i sette imputati mandati a processo a Milano per aver aggirato il fisco tra il 2010 e il 2015. La figlia del petroliere Nino, uno dei protagonisti del caso Imi Sir, e il presidente del gruppo Acqua Marcia, ex socio di Cai, Compagnia Aerea Italiana, ed ex componente del Consiglio d'amministrazione di Alitalia, sono accusati di essere i "clienti italiani" del barone italo-svizzero Filippo Dollfus e del commercialista Gabriele Bravi, ritenuti gli artefici di una "complessa struttura operativa" composta da società con sede a Lugano e a Panama.
Le persone rinviate a giudizio
La decisione di andare a giudizio è stata presa dal gup milanese Giusy Barbara un paio di settimane fa, ma la notizia è stata diffusa solo oggi. Il gup ha rinviato a giudizio oltre a Bravi, il solo a dover rispondere di associazione per delinquere e riciclaggio, anche Franco Lazzarini, uomo d'affari genovese, il costruttore Massimo Pessina, Franco Dal Cin, imprenditore ed ex dirigente sportivo di Inter e Udinese, e Filippo Aleotti, in passato partner del fondo Investindustrial. Sono accusati a vario titolo di omessa dichiarazione o di infedele dichiarazione dei redditi. Il dibattimento si aprirà il prossimo 12 febbraio davanti alla seconda sezione penale del Tribunale.
Le accuse
Il procedimento, istruito dai pm Paolo Filippini e Giovanni Polizzi, riguarda i "clienti italiani" e 'vip' del barone italo-svizzero Filippo Dolfuss, il quale nell'ottobre 2016 ha patteggiato un anno e 11 mesi di reclusione, e dei suoi complici, tra cui il suo braccio destro Bravi, i quali con una "complessa struttura operativa costituita" da società con sede a Lugano e a Panama, avrebbero consentito loro, tra il 2010 e il 2015, di "trasferire all'estero e occultare denaro e utilità - ricostruisce la Procura - nella gran parte dei casi provenienti dall'evasione fiscale o dal riciclaggio" grazie anche a off-shore "adibite a schermo". L'inchiesta nel 2013 aveva portato all'arresto di Bravi. Durante l'udienza preliminare il gup Barbara ha anche respinto, ritenendola "manifestamente inammissibile", la richiesta dei pm di sollevare alla Consulta la questione di illegittimità costituzionale di due norme introdotte con la legge del 2014 sulla 'Voluntary disclosure'.
Undici prosciolti
Undici persone sono state prosciolte: alcune hanno fatto ricorso alla 'voluntary disclosure' e perciò non sono punibili mentre per le altre il giudice ha usato la formula "il fatto non sussiste", in quanto le difese hanno dimostrato l'infondatezza delle accuse oppure che la cifra evasa era al di sotto della soglia di punibilità. Per altri cinque professionisti, quattro dei quali hanno chiesto di essere processati in abbreviato e uno ha chiesto di patteggiare, la sentenza è attesa per il prossimo 30 marzo. Per Daniele Lorenzano, l'ex manager Mediaset condannato con Berlusconi nel processo sui diritti tv, il procedimento è sospeso in quanto si trova all'estero e risulta irreperibile.