La famiglia tira in ballo presunte responsabilità dei medici dell'Humanitas di Rozzano, escluse dai pm. Inoltre, i legali chiedono che vengano disposte tutta una serie di nuove "valutazioni peritali"
Oggi i familiari di Imane Fadil hanno depositato un'istanza all'ufficio Gip per chiedere di non archiviare l'inchiesta sulla morte della modella marocchina, come chiesto dai pm. Dopo una consulenza medico legale, i pubblici ministeri sono arrivati alla conclusione che la giovane sia morta per cause naturali, in particolare un'aplasia midollare. La famiglia tira in ballo presunte responsabilità dei medici dell'Humanitas di Rozzano, escluse dai pm.
La richiesta di nuove "valutazioni peritali"
"Le scelte terapeutiche non sono state azzeccate", aveva già spiegato l'avvocato Mazzali, e sebbene la consulenza abbia "escluso la colpa medica, il fronte delle terapie deve essere approfondito e la famiglia farà di tutto per sapere come è morta Imane". Inoltre, i legali dei familiari di Fadil chiedono al giudice che vengano disposte tutta una serie di nuove "valutazioni peritali", non solo sulle presunte responsabilità dei medici nelle terapie, a loro dire, sbagliate e sulla diagnosi, non tempestiva, ma anche sulla "presenza contemporanea di tanti elementi tossici" nel corpo della giovane, "in dosi così elevate". Tra le altre cose, ad esempio, come si legge nell'istanza, i legali chiedono di "accertare l'effettiva presenza di piridina" in un farmaco somministrato alla ragazza in ospedale e allegano una consulenza tecnica medico legale di parte nella quale si parla anche del "ritardo della diagnosi in relazione alla possibilità di una efficace cura della malattia che ha causato la morte" di Fadil. Infine, gli avvocati chiedono di accertare, sempre con perizia, se i medici che hanno visitato la prima volta Fadil, tra il 23 e il 24 gennaio scorso, abbiano qualche "colpa professionale", per non aver deciso subito per il ricovero. Si deve poi valutare se fosse "prevedibile ed evitabile la emorragia gastroesofagea che ha determinato la morte" e se fosse possibile "un accertamento più tempestivo della diagnosi della malattia". E se "tale tempestività avrebbe consentito una terapia che avrebbe mutato la prognosi". Per i legali c'è la necessità, infine, di un "vaglio dibattimentale", ossia di un processo sulla vicenda.