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Riempivano di rifiuti capannoni abbandonati in Nord Italia: 11 arresti

Lombardia
I rifiuti stipati in un capannone (ANSA)

Le indagini, coordinate dalla Dda di Milano, hanno permesso di individuare un'organizzazione criminale capeggiata da soggetti con numerosi precedenti penali. Parte dei rifiuti, provenienti da impianti campani, veniva sotterrata in cave dismesse in Calabria

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Riempivano di rifiuti illeciti capannoni abbandonati nel Nord Italia e ne seppellivano altri in cave dismesse in Calabria (FOTO). Questa mattina, i carabinieri forestali di Milano, Lodi, Pavia, Torino, Napoli, Reggio Calabria e Catanzaro hanno arrestato undici persone operanti nel settore dei rifiuti e collegate allo stesso giro illecito. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip di Milano.
Nell’ottobre 2018, altre sei persone furono arrestate perché ritenute legate al rogo del capannone di Corteolona, nel Pavese, episodio in seguito al quale emerse il traffico criminale.

Società fittizie, prestanome e documentazione falsa

Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano nell’ambito dell’operazione ‘Fire Starter’, "hanno permesso di evidenziare dinamiche di più ampia portata - si legge in una nota dei carabinieri - individuando un'organizzazione criminale, capeggiata da soggetti di origine calabrese, tutti con numerosi precedenti penali, i quali, attraverso una struttura composta da impianti autorizzati e complici, trasportatori compiacenti, società fittizie intestate a prestanome e documentazione falsa, gestivano un ingente traffico di rifiuti urbani ed industriali provenienti da impianti campani e finivano in capannoni abbandonati del Nord Italia o interrati in Calabria".

Rifiuti provenienti da Napoli e Marcianise

I particolari dell’operazione sono stati illustrati nel corso della conferenza stampa tenutasi questa mattina presso il Comando provinciale dei carabinieri, a Milano, alla presenza del procuratore aggiunto, Alessandra Dolci, e del sostituto, Silvia Bonardi. I rifiuti, provenienti soprattutto da Napoli e Marcianise (Caserta), comprendevano anche 'umido e indifferenziato' e arrivavano in Lombardia tramite un'azienda, la Smr Ecologia srl di Busto Arsizio (Varese). Da qui, una volta intasati i capannoni locali, finivano in Calabria "in zone a vocazione agricola e paesaggistica", anche vicino al mare.

Dove venivano stipati

I rifiuti venivano stipati in capannoni a Como, (in località La Guzza), a Varedo (Monza e Brianza) nell'area ex Snia, a Gessate e Cinisello Balsamo (Milano), per un ammontare di circa 60 mila tonnellate accertate. Il sito ex Snia, si è appreso dalla conferenza stampa, "copre un'area ampissima nei comuni di Limbiate e Paderno Dugnano per 400mila mq di superficie. Da circa 15 anni il sito è in stato di abbandono a causa della fine della produzione industriale e non è stato ancora oggetto delle opere di bonifica previste". Al Sud finivano invece in una cava a Gizzeria (Catanzaro), dove già nel 2014 erano stati scoperte armi e droga in fusti interrati, e alla Cava Parsi a Lamezia Terme, in modo così incurante di ogni regola da causare "la devastazione di un intero territorio".

Sequestrate 14mila tonnellate

Complessivamente, nel corso dell'indagine, sono state sequestrate 14mila tonnellate di rifiuti, che solo nel 2018 "hanno fruttato 1 milione e 400 mila euro". Il principale indagato è Angelo Romanello, 35 anni, originario di Siderno (Reggio Calabria), definito il "dominus del sodalizio", catturato a casa sua, a Erba (Como). In un’intercettazione ambientale, lo si sente cercare di convincere padre e figlio imprenditori a cedere le loro quote della Smr ecologia: ”È sequestrato, tu mi devi dare l'impianto indietro...tu me lo devi dare! (...) Avevamo il problema dell'amministratore? Bene ora l'amministrazione non c'è più, è pulito, candido come la candeggina". In carcere insieme a Romanello è finito Maurizio Bova, di 41 anni, originario di Locri (Reggio Calabria). Per gli altri nove sono stati chiesti i domiciliari. Tra di loro anche una consulente ambientale, iscritta all'albo in Lombardia, che operava per consigliare le migliori modalità di smaltimento illecito.

Bonifici e carte di credito per i pagamenti

Non contanti portati in borse di nascosto, ma carte di credito, bonifici in chiaro e prestanome "candidi come la candeggina": tutto online, tutto tracciabile e tutto a prezzi altissimi, come di norma nel settore dello smaltimento illecito di rifiuti. È questo il quadro finanziario che emerge dall'indagine. Secondo quanto spiegato dagli inquirenti, i pagamenti dei conferimenti illeciti giravano su regolarissimi bonifici, che venivano effettuati "in anticipo" dal proprietario dei rifiuti, o da chi li aveva in carico, verso chi li prendeva in carico 'alleggerendo' lo smaltimento dei primi, generalmente al collasso. "I conti correnti venivano poi drenati - hanno spiegato i magistrati - tramite l'utilizzo sistematico di carte di credito prepagate". Le indagini hanno anche accertato connessioni di Romanello con Germania, Turchia (contatti per esportazioni di materiale plastico) e Tunisia (dove l'uomo avrebbe una partecipazione societaria in un cementificio).