Il Gip ha rinviato a giudizio una giovane accusata di aver costretto una minorenne a infliggersi dei tagli sul corpo e a inviarle le foto delle ferite come primo step della Blue Whale Challenge
Il Gup di Milano Anna Magelli ha rimandato a giudizio una 23enne accusata di atti persecutori e violenza privata aggravata legati al fenomeno della 'Blue Whale Challenge'. Il dibattimento, su quello che sembra essere il primo e unico caso accertato di Blue Whale a Milano, si aprirà il prossimo 16 aprile davanti al giudice monocratico della nona sezione del Tribunale. Per altri casi segnalati dovrebbe essere chiesta l'archiviazione.
Le indagini
Le indagini sono iniziate in seguito all'inchiesta di una giornalista sul fenomeno della 'Blue Whale Challenge'. La donna, fingendosi una minorenne pronta alla sfida, aveva aperto un profilo sui social, ed era entrata in contatto con una 14enne di Palermo, all'epoca dei fatti 12enne, la quale, invece, aveva cominciato a giocare per davvero con la 23enne imputata. La donna ha denunciato il fatto alle forze dell'ordine, temendo per l'incolumità della ragazzina. Le indagini sono state coordinate dal PM di Milano Cristian Barilli.
Il capo d'imputazione
Come si legge nel capo di imputazione, la 23enne, con la complicità di un giovane di origini russe, avrebbe provocato nella vittima "un perdurante e grave stato di ansia e di paura" per la propria incolumità. Il ragazzo, oggi 16enne, è un esperto di informatica. Nei suoi confronti indaga la procura del minorenni. L'imputata, tra maggio e giugno 2017, avrebbe contattato la ragazzina, mediante profili Instagram e Facebook, sostenendo di essere uno dei 'curatori' (in gergo 'curatorlady' o 'imcurator') del gioco. La Blue Whale prevede "50 prove quotidiane consistenti in atti di autolesionismo" o altri atti con lo scopo di "recare dolore e/o disagio alla persona, sino alla prova conclusiva consistente nel suicidio mediante salto nel vuoto dal tetto di un edificio", si legge nel documento.
I messaggi della 23enne
Come si evince dagli accertamenti informatici, la 23enne avrebbe indicato e imposto alla vittima i gesti da compiere, concordati con il giovane complice. "Se sei pronta a diventare una balena - recita uno dei messaggi inviati alla minorenne - inciditi 'yes' sulla gamba, se non lo sei tagliati molte volte per autopunirti". Oppure: "Prendi il rasoio (...) ora ti fai un taglio sotto il piede sinistro e un taglio sotto il piede destro, un taglio sul palmo della mano destra e un altro sul palmo della mano sinistra e mi invii le foto" come prova.
Anche minacce di morte
La 23enne avrebbe anche reiterato le "proprie minacce" e la propria "capacità intimidatoria", dicendo alla ragazzina di conoscere il suo "indirizzo IP di connessione", cioè il luogo da cui si connetteva, e di poter quindi "raggiungerla e di ucciderla qualora avesse interrotto la partecipazione alla 'Blue Whale Challenge'". L'avvocato Isabella Cacciari, difensore della 23enne, ha chiesto al Gup Magelli "il non luogo a procedere per la sua assistita perché negli atti non ci sono gli elementi sufficienti per sostenere l'accusa in giudizio".
Altri presunti casi
Secondo il capo di imputazione la 14enne non sarebbe l'unica vittima della ragazza finita a processo: ci sarebbe, tra gli altri, anche un canadese con nickname 'Bladeaddiction', al quale avrebbe imposto "di salire su un luogo sopraelevato, trasmettendo la fotografia", e 'Seraphina Chin' a cui avrebbe ordinato di "gettare via gli antidepressivi prescrittigli".