Violenza Sara Tommasi, l’agente è stato assolto per “prove fragili”

Lombardia
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Il Tribunale di Milano ha pubblicato le motivazioni dell’assoluzione, nel luglio scorso, dell’ex agente Fabrizio Chinaglia da una lunga serie di imputazioni 

Anche se potrebbe aver abusato “delle condizioni di scarsa lucidità mentale” della showgirl Sara Tomasi, le cui “condizioni psico-fisiche” erano nel 2013 “palesemente alterate” anche dall’uso di cocaina, il quadro probatorio è “fragile e indimostrato” perché le dichiarazioni della donna sono “prive di precisione e costanza” e a tratti inverosimili. Sono le motivazioni del Tribunale di Milano, che ha assolto nel luglio scorso l’ex agente Fabrizio Chinaglia da una lunga serie di imputazioni, tra cui quella di aver violentato la donna. Chinaglia era finito a processo per aver approfittato delle condizioni di “inferiorità psichica” della Tommasi, causate da un disturbo della personalità e da psicosi dovute alla cocaina, per convincerla ad avere rapporti sessuali anche con minacce e percosse. Il PM aveva chiesto 8 anni per l’imputato, difeso dal legale Giuliana Casti, per diversi reati, tra i quali anche cessione di droga ed estorsione.

L'accusa

Secondo l’accusa, tra agosto e settembre 2013 Chinaglia aveva ceduto cocaina alla giovane prima in un hotel a Milano e poi in un ostello e per costringerla ad assumere droga. L’uomo l’avrebbe anche colpita alla testa. Inoltre, avrebbe approfittato delle psicosi e del suo disturbo "borderline" per costringerla ad avere rapporti sessuali. Infine, l’uomo era anche accusato di essersi fatto consegnare un assegno di 20mila euro. Accuse, assieme ad altre, tutte cancellate dai giudici.

Le motivazioni

Per il Tribunale Chinaglia "era certamente al corrente delle precarie condizioni psichiatriche di Sara". Agli atti, però, ci sono sms tra i due "dall’inequivoco contenuto sessuale” che "non possono che corroborare la versione” dell’imputato, "anche perché delle violenze fisiche lamentate dalla Tommasi anche per costringerla a consumare rapporti sessuali” non c’è "alcun concreto riscontro, né a livello di certificati medici, né a livello testimoniale". In più, la firma di quell’assegno ha "una causa lecita, essendo ragionevole ritenere che il Chinaglia si facesse retribuire" perché si era impegnato in qualità di agente a "ripulire" l’immagine pubblica della showgirl. Era stato, tra l’altro, Fabrizio Corona, testimone nel processo, a confermare "l’attività lavorativa" di agente "rivendicata" dall’imputato nell’interrogatorio.

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