Napoli, il Seicento e il dominio spagnolo: storie di donne d'arte

Immaginiamo di trovarci nella Napoli del XVII secolo; immaginiamo il dominio spagnolo, che fece della città uno dei centri più importanti del viceregno. Immaginiamo l’Arte e la Cultura napoletane, il fiorire del Barocco, il florilegio di artisti, dignitari di corte, personalità che qui – a vario titolo – animavano le strade nel 1600. Poi, immaginiamo le donne, artiste visionarie e coraggiose, in grado di farsi largo in un mondo di uomini, circostanza che, senza voler scomodare la Sociologia, non è stata sempre facile. I loro dipinti, le sculture, i manoscritti, i manufatti, sessantanove in tutto, sono esposti alle Gallerie d’Italia, proprio a Napoli, in Via Toledo, fino al 22 marzo. La mostra si intitola "Donne nella Napoli spagnola. Un altro Seicento", e indaga – attraverso opere di pittrici sia autoctone sia forestiere – la capacità artistica femminile di quegli anni. Ci sono – tra le altre - Annella Di Massimo, pseudonimo di Diana Di Rosa, napoletana doc, che brilla con la sua Santa Cecilia e un angelo, in prestito eccezionalmente da Boston; c’è Fede Galizia, che da Milano porta a Napoli il suo tocco che ricorda i fiamminghi; c’è Lavinia Fontana da Bologna; Teresa Del Po, attiva tra Roma e Napoli; la scultrice barocca andalusa Luisa Roldán; la ceroplasta Caterina De Julianis. Il ’600 per Napoli fu un secolo glorioso eppure di grandi contrasti, tra dominazione spagnola, difficoltà sociali e calamità come la peste, intanto che un fermento artistico e culturale correva in città, segnandone - per sempre – l’identità. La curatela del progetto è di Antonio Ernesto Denunzio, Raffaella Morselli, Giuseppe Porzio ed Eve Straussman-Pflanze ed è realizzato con il patrocinio istituzionale dell’Ambasciata di Spagna in Italia, il patrocinio del Comune di Napoli e la partecipazione dell’Università di Napoli L’Orientale. Abbiamo raccolto quattro voci per raccontare quattro aspetti della mostra. Raffaella Morselli – Curatrice della mostra Il racconto che si sviluppa in questa mostra è una storia di donne che lavorano con gli uomini, assieme agli uomini, accanto agli uomini e che producono opere d’Arte, quadri, ma anche ceroplastica, incisioni, stampe, miniature e altri fogli importanti e che sono donne che hanno avuto un ruolo all’interno della Società; ma non soltanto un ruolo come donne perché sono madri, oppure sono mogli o sono figlie, ma sono anche produttrici. Quindi, gestiscono laboratori, botteghe, atelier; scrivono, cantano, sono attrici, insomma, interpretano tutti ruoli della Società. Sono, ovviamente, persone che arrivano da ceti diversi; possono essere figlie o moglie di pittori, possono essere delle nobildonne che decidono di dedicarsi all’Arte della Pittura, possono essere donne che lavorano in convento, tutti gli strati della Società vengono rappresentati, all’interno di questa mostra, che raccoglie e riconnette il mondo femminile con quello maschile. Non si tratta di raccontare una storia delle donne a Napoli, ma si tratta di raccontare la storia della Napoli del Seicento, anche attraverso gli occhi delle donne. Giuseppe Porzio – Curatore della mostra Diana De Rosa è certamente la protagonista di questa mostra, dal momento che è la prima pittrice autoctona del Regno di Napoli a emergere con una sua identità precisa. Gli altri nomi, che ci sono stati trasmessi da una fonte importantissima, come il biografo Bernardo De Dominici, in realtà sono per noi dei fantasmi, nomi senza opere e per molto tempo la stessa Diana è stata un nome senza opere. La sua produzione è il frutto di una riscoperta degli ultimi decenni, che ha trovato una conferma decisiva nel quadro Santa Cecilia e un angelo, prestito eccezionale per questa mostra, perché è un dipinto firmato ed è una delle rare opere firmate di artista napoletane di questo tempo. Michele Coppola - Direttore Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo Abbiamo atteso con sincera trepidazione l’apertura del progetto odierno. Eravamo molto curiosi di vedere il risultato conclusivo, finale, di un lavoro durato molti mesi, forse, più di un anno. È evidente che per un museo, che capisce perfettamente qual è il significato, qual è il ruolo di una infrastruttura culturale come sono le Gallerie d’Italia qui in Via Toledo, a Napoli, non ci limitiamo a condivide un patrimonio di quadri, di sculture, opere nostre o in sinergia, anzi, dovrei dire in sintonia con realtà museali e collezioni private da ogni parte del mondo. Un museo è un luogo che studia, è un luogo che indaga, un luogo che si rende perfettamente conto di come esista una responsabilità, per questi presidi culturali, di continuare a studiare, a portare nuove chiavi di lettura, ad approfondire attraverso nuove ricerche. Ecco, il lavoro dedicato a “Un altro Seicento” nasce con questa forte volontà e il risultato è sensazionale. Non ci sono ragioni per non tornare a visitare la sede napoletana delle Gallerie d’Italia e perdersi in un percorso che sarebbe da obbligare da fare, insieme con una guida, insieme con chi possa essere capace di raccontare le diverse storie che sono sotto i dipinti, sotto le relazioni, verso le committenze da Napoli verso artiste che a Napoli non c’erano o come alcune protagoniste eccezionali di quel momento prezioso – il secolo d’oro napoletano – sono così forti, così capaci, così meritevoli d’attenzione e perfettamente raccontate in un salone straordinari in Via Toledo. Antonio Ernesto Denunzio – Vicedirettore Gallerie d’Italia Napoli Finora non era mai stato studiato in maniera approfondita, il ruolo delle donne nelle Arti, a Napoli, a parte l’episodio di Artemisia Gentileschi, che – tra l’altro – ha una presenza molto lunga a Napoli, di oltre vent’anni. Noi questo aspetto – la presenza di Artemisia a Napoli – lo abbiamo affrontato, in una mostra di grande successo, qui alle Gallerie d’Italia, qualche anno fa. Le mostre di solito servono a gettare dei semi per future ricerche, futuri approfondimenti e la mostra di Artemisia e il convegno internazionale che era legato a quella mostra, sono serviti proprio a questo. Perché in quella circostanza abbiamo deciso che era utile allargare lo sguardo a tutto il Seicento, ad altre figure femminili che non avevano avuto lo stesso risalto, a cui non erano stati dedicati gli stessi studi e la stessa attenzione che è stata dedicata ad Artemisia e quindi di allargare lo sguardo ad altre figure femminili che avevano segnato il Seicento nella Napoli spagnola. Artemisia era un unto imprescindibile, in una mostra dedicata alle donne artiste, nella Napoli del Seicento. Quindi, c’è una sezione, dedicata ad Artemisia, con un gruppo di opere mai esposte prima d’ora in Italia.

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Sabrina Rappoli