Impariamo a stare nelle pause, per figli sani servono genitori felici

Prego, scomodati ché parliamo di arrivederci. Questo è il nostro ultimo appuntamento prima della pausa estiva, carissimo lettore scomodo. Ci ritroveremo la prima settimana di settembre - mese infelice per gli amori estivi, mese di profumo croccante di carta non ancora sfogliata da nessuno, punte di matita incorrotte e sveglie impietose la mattina, mese di vacanze per chi prima ha lavorato, mese di gambe e braccia da rimettere nel fodero delle maniche e dei pantaloni lunghi. Settembre è da sempre simbolo di passaggio e rinascita. D’altronde, hai mai riflettuto sul fatto che sia il nono mese dell’anno? Voglio dire: quando scrivi una data metti nove per settembre, certo, ma hai mai considerato che al nono mese si compie la gestazione umana? Al nono mese si nasce, si succede, si accade. Al nono mese è ora di dirsi qualcosa, di fare un bilancio. Nell’antica tradizione contadina a settembre c’era in agenda la transumanza: i pastori scendevano a valle per portare le greggi al riparo prima dell’arrivo delle temperature più rigide; ancora oggi, nello stesso periodo vengono piantati i semi che hanno un accordo con la primavera, siglato e protetto durante la notte silenziosa dell’inverno. Insomma, settembre è un mese di slancio e riequilibrio, nel quale riprende una vita più normata e schedulata e le fini e gli inizi si contaminano le une con gli altri, sfumando la nettezza dei confini tra ciò che si conclude e ciò che prende avvio. Personalmente, adoro settembre. Da che ne ho memoria per me è sempre stato un momento fortunato dell’anno, cui andare incontro con curiosità, vigore e volontà. Tuttavia, settembre esiste solo grazie ad agosto, così come non c’è alcuna festa senza preparativi, nessun Natale senza Vigilia, nessun bambino senza gravidanza, nessun diploma senza scuola. Non c’è mai un dopo senza il prima, e non è solo una frase di La Palice. Tenerlo presente, significa fare contromano l’autostrada dell’ansia: mentre l’ansia infatti è la preoccupazione del prima per il dopo che temiamo ci cada addosso cogliendoci impreparati, coltivare la consapevolezza che il dopo non dipende dal dopo bensì dal prima consente di capire cosa intendesse Kavafis quando scrisse la poesia Itaca, mettendo in versi una cosa che più o meno parafraserei così: l’unico vero dopo è già iniziato adesso, l’approdo a Itaca si guadagna di metro in metro in mare, i buoni propositi funzionano e vanno a segno solo se non li fai iniziare domani. La redazione per questo articolo di arrivederci mi aveva suggerito - tra gli altri spunti possibili - di rivolgere un pensiero ai ragazzi in riferimento alla sospensione agostana, al tempo fuori dal tempo, al carattere straordinario della vita in estate in un’età nella quale si sperimenta un irripetibile senso di possibilità, libertà e alleggerimento. L’idea mi è piaciuta subito: rinuncio raramente a creare ogni possibile ponte con gli adolescenti, anche quando so che molto probabilmente resterebbe soltanto un ponte tibetano pericolante sul nulla che non invoglierebbe mica a essere percorso per colmare le distanze. Tuttavia, mi è poi venuto naturale pensare a come in realtà siamo noi adulti, tutti - o la maggioranza, se possibile - a doverci educare a mantenere la leggiadria di saper stare sospesi nel tempo estivo senza scuola, senza centri estivi, senza soldi, senza fisico, senza preparazione atletica per praticare il tempo libero. Che forse il pensiero migliore da rivolgere ai ragazzi è di occuparsi dei genitori sì che non debbano farlo loro - e in quel caso non avrebbero bisogno di nient’altro: ai giovani non riesco a immaginare occorra nulla se non improvvisare a modo loro, che è solo un altro modo per dire vivere per imparare a farlo, ché tanto altrimenti non te lo può insegnare nessuno - meno che mai tuo padre o tua madre così eccessivamente coinvolti e in ansia da prestazione, forti a bruciarsi le vacanze con il tarlo dei compiti, con il peso del figlio piccolo che si annoia, con la preoccupazione del grande che inverte il ritmo circadiano e come farà a svegliarsi la mattina quando riprenderà la scuola, con l’insofferenza per la gente blazé sull’uso del deodorante come fondamento civile per la costruzione dei legami sociali, con l’angoscia per la condanna all’ergastolo relazionale di dover stare a contatto con la propria famiglia così a lungo senza la tregua dell’ufficio… e la lista per non arrivare pronti a settembre, potrebbe allungarsi e proseguire. Se il dopo inizia adesso e il domani si costruisce ieri, diventa forse difficile immaginare di far ripartire le attività di settembre con la disponibilità a chiudere un ciclo per ricominciarne un altro, perché di fatto oltre a non esserci molto probabilmente nemmeno riposati, abbiamo nel frattempo vissuto talmente male da non esserci neppure rilassati e rigenerati. In quest’ottica, l’unico pensiero che rivolgerei ai ragazzi è per le loro famiglie. Si riprenderà la vita quotidiana alle migliori condizioni possibili solo dopo avere goduto della pratica delle sue eccezioni: siamo allora noi i primi a concederci qualcosa di bello, che ci piace, che fatica a trovare spazio quando maciniamo cose da fare a pieno ritmo. Mettiamoci al centro delle nostre giornate di ferie - ovunque siano, in pausa da qualsiasi lavoro - togliendo da quello stesso centro la preoccupazione costante per la vita del figlio, coltivando quel che ci piace e distraendoci un po’ da lui. Non stiamo naturalmente parlando di trascuratezza, lettore scomodo: parliamo piuttosto di cura per chi cura e per chi trascorre il resto dell’anno a occuparsi di incombenze, scadenze, risultati, battaglia al disordine. Facciamo a noi stessi e ai nostri figli il dono di una vacanza di lusso per le nostre intenzioni: mandiamole nell’esclusivo resort delle idee dove ci si ricorda che per un figlio sano occorre avere prima un genitore felice, un genitore intelligente che sa che un adolescente più viene lasciato stare meglio sta, che ossessionarsi con il debito che ha da recuperare in fisica a settembre non gli farà ottenere la sufficienza - anzi, più ci pensiamo noi e meno se ne interesserà lui, che le nostre figlie femmine non sono né più né meno al sicuro dei maschi , che non saper stare nelle pause indica una nevrosi da terrore del vuoto, che riempirlo con l’attenzione morbosa, il controllo o la mimesi con le vite dei nostri figli equivale ad averli messi al mondo solo per darci un’impressione di utilità. Non ho alcun consiglio per i giovani - che giustamente lo ignorerebbero se anche gliene allungassi uno. Non ne avrei nemmeno per gli adulti, ché ogni volta che qualcuno si lancia a dare consigli di vita mi pare un chiaro segno di fallimento della propria, però ho una suggestione da tenere eventualmente nel beauty case o nel borsello: torniamo a rispettare i cicli, le stagioni, la circolarità. Ripristiniamo il riposo come condizione necessaria per il lavoro. Recuperiamo il principio di piacere sul primato del dovere. Sovvertiamo lo stile di vita che ci impone l’anno scolastico e di lavoro per compiere atti osceni di felicità in luoghi pubblici - dei quali giunga voce ai nostri figli. Che nel frattempo avranno potuto approfittare dell’estate proprio per sperimentare e imparare un po’ di vita - che no, non ti insegna nessuno men che meno i tuoi genitori, ancora meno se non ne hanno una loro, così piena da aver bisogno di accantonarne l’impegno per un po’. Così bella, scelta e soddisfacente da avere voglia di tornarci con entusiasmo a settembre. Così vicina alla riuscita da ingolosire i più giovani a volerne prima o poi una così anche loro. Buone vacanze!

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Stefania Andreoli