Il maratoneta con le stampelle: "Ho imparato ad accettarmi di nuovo"

Correre una maratona con una gamba sola. Sfidare per quarantadue chilometri la testa e il cuore, superando i dolori lancinanti alle mani, che si aggrappano alle stampelle. Tutto per un unico desiderio: dimostrare che, finché c’è vita, niente è impossibile. Questa è la battaglia vinta da Gianni Sasso, atleta paralimpico che non ha voluto sentire ragioni quando, una mattina di quasi quarant’anni fa, gli è stato detto che non avrebbe più potuto correre. “Da quel momento – racconta – ho partecipato come triatleta alle Paralimpiadi di Rio e ho fondato la prima Squadra Nazionale Italiana di Calcio Amputati. A riprova che, se sogni abbastanza in grande, puoi fare quasi tutto”. dall'incidente alla prima maratona Nel marzo del 1986 Sasso è un sedicenne pieno di vita, non particolarmente interessato allo studio perché la sua vera passione è il calcio. “Dovevo fare dei provini – racconta – per Fiorentina e Inter. In paese mi conoscevano per la mia dedizione allo sport e tutti mi ripetevano che avrei fatto carriera come calciatore. Questo almeno fino al 31 marzo del 1986”. Quella mattina lo scooter su cui Gianni viaggia viene travolto da un’automobile e il forte impatto gli recide di netto la gamba destra. “Furono mesi terribili, ricordo che provavo a consolare i miei genitori ma non ci riuscivo. Un giorno venne a trovarmi in ospedale il preside della mia scuola. Mi disse che nella vita, nonostante l’amputazione, avrei potuto fare tutto, ma c’era una cosa che non avrei mai più potuto fare: correre e giocare a calcio. Fui preso da una rabbia terribile, che mi spinse ad alzarmi in poco tempo”. Gianni inizia a sperimentare: vuole stare in piedi, quindi prova ad usare le stampelle e a correre con quelle. Nel giro di qualche mese Sasso riprende a giocare a calcio, sempre servendosi delle stampelle: “Fui il primo in Italia ad introdurre questo, diciamo, stile di corsa. Da quel momento non mi sono più fermato e ho migliorato la mia forza e la mia tecnica. Facevo mille lavori e correvo tantissimo, finché i miei amici, una sera al bar, mi hanno chiesto il perché non iniziassi a preparare una maratona. Io ho pensato solo: proviamoci”. gli anni dei record mondiali Correre una maratona significa, per un atleta non professionista, preventivare di “stare sulle gambe” dalle tre alle quattro ore. Correrla con le stampelle vuol dire mettere in conto uno sforzo doppio: sulle gambe e sulle braccia. “La mia preparazione – commenta Gianni Sasso – non è stata molto diversa, come allenamenti e chilometraggio, da quella di un comune amatore. Il problema è che ho dovuto aggiungere il fattore stampelle”. Sasso si mette in testa di partecipare alla Maratona di New York del 2008 e comincia ad incrementare le sue sessioni di corsa, cercando di resistere il più tempo possibile sulle stampelle. “Dopo solo un mese – ricorda – le mie mani erano blu e con delle borsiti incredibili. Avevo dei dolori lancinanti e le mie braccia erano coperte di calli. Ho dovuto fare affidamento sulla mia forza di volontà e, dopo quasi mille chilometri fatti, il mio corpo si è abituato”. Sasso conclude la sua prima maratona in poco più di cinque ore, segnando il record mondiale per la sua categoria. “E da lì non ho più smesso. L’anno dopo ho partecipato alla Maratona di Chicago, concludendola in quattro ore e trentotto minuti, mentre nel 2012 ho raggiunto il mio miglior tempo: quattro ore e ventotto minuti”. new york, di nuovo Dal 2012 in poi, Gianni Sasso si butta in esperienze diverse, tutte accomunate da un unico denominatore: il suo amore per lo sport. “Lo sport mi ha aiutato a sentirmi accettato di nuovo e ad accettarmi. Sono stato un maratoneta e un triatleta paralimpico e questo mi ha fatto capire che, finché c’è vita, niente è irraggiungibile. Per questo voglio aiutare gli altri a capire che da ogni situazione è possibile rialzarsi”. Da questa volontà nasce la raccolta fondi per l’associazione “Sport Senza Frontiere”, grazie alla quale Sasso si è convinto ad affrontare di nuovo la distanza regina. “Preparare una maratona dopo anni di distanze brevi – spiega – non è facile. Ma volevo dimostrare ai bambini dell’Associazione che si può fare tutto e, quindi, sono tornato a New York dopo diciassette anni dalla prima volta”. Un ritorno che Gianni ha affrontato con una nuova consapevolezza: “Nel 2024 ho terminato il Cammino di Santiago, che mi ha permesso di conoscere nuovi lati di me. Camminavo per 14 ore al giorno, erano tornate le borsiti e i calli sulle mani, ma non mi sono fermato, affidandomi alla testa e al cuore. Così, quando ho ricominciato l’allenamento per la maratona, ero preparato”. Gianni termina l’edizione 2025 della Maratona di New York in cinque ore e trentacinque minuti, tra gli applausi dei tifosi: “Ho interagito tantissimo con le persone, che mi incitavano ad ogni passaggio. Per tutto il tempo, ho avuto in mente in bambini di “Sport Senza Frontiere” e la voglia di dimostrare loro che la vita può farti tanti regali. Il mio unico scopo era finire la gara con il sorriso e dare a questi bambini l’opportunità di fare sport”.

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Benedetta Macchini