Come sta cambiando grazie all’AI la navigazione sul web

L'intelligenza artificiale sta trasformando radicalmente il nostro rapporto con il web: non cerchiamo più informazioni, diamo ordini; non navighiamo, deleghiamo. Così negli ultimi mesi hanno fatto il loro debutto browser di nuova generazione che navigano al posto nostro, cliccano per noi e ci consegnano direttamente le risposte che cerchiamo. Sam Altman, il fondatore di ChatGPT, l'ha detto senza mezzi termini: "Crediamo che l'intelligenza artificiale rappresenti un'opportunità rara, che si presenta una volta ogni dieci anni, per ripensare cosa può essere un browser e come usarlo in modo produttivo e piacevole". Atlas: quando il browser diventa un assistente proattivo Partiamo da Atlas, il browser di OpenAI che ruota attorno a ChatGPT. Niente più decine di finestre aperte, si dialoga con il programma per navigare. Il pulsante Ask ChatGPT sintetizza le pagine web all'istante e risponde a domande, come se un hotel ha una buona connessione internet, o confronta due o più strutture mentre le stiamo visualizzando. Ma la vera rivoluzione è la “modalità agente”. Quando questa funzione viene attivata, Atlas prende letteralmente il controllo dello schermo e naviga al posto nostro. Smette di essere un suggeritore e diventa operativo: apre schede, compila moduli, confronta offerte, riempie carrelli della spesa, organizza itinerari di viaggio. L'utente assiste a tutto in tempo reale, ogni click avviene sotto i suoi occhi, e può anche inviare mail, prenotare e pagare. Questa funzione è però limitata a pochi utilizzi mensili e riservata agli abbonati e agli utenti con Mac. Inoltre ci sono i cosiddetti “bias” algoritmici: i modelli di intelligenza artificiale riflettono i pregiudizi presenti nei dati con cui sono stati addestrati, rischiando di accentuare stereotipi. Anche se ChatGPT è stato affinato per evitare questo problema. Atlas introduce anche un nuovo concetto: la memoria semantica della navigazione. Non salva solo una cronologia di URL, ma ricorda perché eravamo su quella pagina, cosa stavamo cercando, quale progetto stavamo portando avanti. Manus AI: l'agente che lavora mentre dormiamo La novità che ci ha colpito maggiormente arriva dalla Cina. Si chiama Manus AI, ufficialmente una tech-company con base a Singapore. Non è un vero browser e nemmeno un singolo modello di AI: combina più linguaggi di intelligenza artificiale per eseguire compiti complessi. E può farlo anche senza la nostra presenza, per ore, mentre facciamo altro. Gli chiediamo di condurre una ricerca approfondita o di costruire un sito web, forniamo il contesto necessario e quando riaccendiamo il computer troviamo il sito pronto o la ricerca completata e inviata per e-mail. Non assistiamo più al processo, riceviamo solo il risultato finale. Se Atlas vive sul nostro schermo, Manus AI incarna il concetto di agente che opera nel cloud , lontano dal nostro sguardo diretto. Manus introduce l'idea del “tempo computazionale asincrono”: si assegna un obiettivo, come creare un report di analisi di mercato o costruire un sito web e l'agente passa anche ore a incrociare dati, analizzare mercati o scrivere codice. In altre parole: tu dormi, lui lavora. È la massima espressione della delega. L'utente riceve un risultato finale che non ha visto costruire passo dopo passo. Il processo è opaco, per questo gli sviluppatori hanno creato un meccanismo di trasparenza simbolica: una replica del desktop virtuale dell'agente permette di osservarlo mentre muove il cursore, apre finestre e scrive file. Un tentativo di rendere visibile il processo di pensiero dell'AI. Questo potere ha però un prezzo, e genera una nuova ansia: quella da crediti. Manus funziona a consumo. Ogni azione costa. A differenza degli abbonamenti flat, dove l'uso è illimitato, Manus opera con una logica simile a un contatore di gettoni da luna park: ogni azione, ogni pensiero, ha un costo. E si apre all'imprevedibilità del consumo. Nel nostro test, un compito apparentemente banale come modificare una semplice scritta ha richiesto una catena di ragionamento complessa e quindi un consumo imprevisto di credito che ci ha fatto esaurire il saldo prima di raggiungere l'obiettivo. L'utente può comunque intervenire in ogni momento per interrompere le operazioni. Comet: l'assistente di Perplexity che cita le fonti Proseguiamo con Comet, che funziona come un assistente, che in questo caso è l'intelligenza artificiale di Perplexity che ci supporta durante la navigazione. Possiamo chiedergli di riassumere articoli oppure, se stiamo guardando un prodotto, di fornirci alternative e confrontare i risultati. Comet di Perplexity non si limita a trovare risposte: costruisce un ragionamento a partire dalle fonti. Ogni risposta è accompagnata da link e riferimenti verificabili. Permette inoltre di bloccare le pubblicità dai siti web. Comet ricorda tutto e ha accesso continuo al nostro ambiente digitale, ma questo apre a un nuovo rischio: la “Prompt Injection Indiretta”. Quando vengono inserite istruzioni malevole in un contenuto, come un sito web o un documento, il browser agentico, nel tentativo di eseguire il compito, può leggere il contenuto cosiddetto “infetto” e interpretare l'istruzione dannosa come un comando prioritario, eseguendo azioni non volute dall'utente, eliminare file o anche effettuare acquisti. Chrome e Gemini: il gigante si adatta Chiudiamo con Chrome di Google, che mantiene oltre il 90% delle ricerche online e ha integrato Gemini con l'AI Mode. Non un browser alternativo, ma l'intelligenza artificiale fusa direttamente nel più famoso dei motori di ricerca. È una risposta a un cambiamento nelle abitudini degli utenti, che stanno passando da una ricerca passiva a un dialogo attivo con il motore di ricerca e l'intelligenza artificiale. L'AI Mode è progettato per semplificare ricerche che prima richiedevano decine di minuti e molteplici ricerche separate. Integra fotocamera e microfono per avviare la ricerca scattando una foto o solo parlando. Gli utenti preferiscono dialogare Queste innovazioni hanno segnato un cambio di paradigma nel comportamento degli utenti online, che preferiscono dialogare con l'AI piuttosto che sfogliare tra i link. Ma tutto questo apre la scena al fenomeno dello zero-click search: l'utente ottiene la risposta direttamente nella pagina dei risultati del browser intelligente senza cliccare su alcun sito. Google sostiene che l'AI Mode non "ucciderà" il traffico web, ma lo qualificherà. Secondo l'azienda, i click generati dalle panoramiche AI sono di qualità superiore: l'utente che clicca è più informato e tende a trascorrere più tempo sulla pagina di destinazione. Intanto però i numeri raccontano che più della metà degli utenti online ottiene risposte complete direttamente dall'intelligenza artificiale e il traffico verso i siti web è in caduta libera.

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Damiano Crognali