Da Torino alla Sicilia, gli egizi e i doni del Nilo in mostra

Una mostra fortemente voluta che si è concretizzata grazie alla rete tessuta con importanti musei siciliani: dal Museo del Papiro, al Museo Salinas, passando per il Museo archeologico Ibleo. Queste importanti istituzioni hanno collaborato strettamente con il Museo Egizio di Torino – che arriva in Sicilia per la prima volta - per portare sull’isola Gli egizi e i doni del Nilo, esposizione che animerà Palazzo Garofalo, a Ragusa, fino al 26 ottobre. Un grande evento, per questa terra troppo spesso lontana dalle rotte culturali di più grande richiamo. La mostra in breve Gli egizi e i doni del Nilo è un progetto che vede coinvolti diversi attori, tra i quali il Comune di Ragusa e Arthemisia. Un piano che permette al Museo Egizio di Torino di uscire dalle proprie mura e di raggiungere pubblici molto distanti dalla sede centrale del capoluogo piemontese. Un programma molto complesso, che vede la volontà di molte istituzioni ma che all’interno di Palazzo Garofalo, gioiello del Barocco siciliano a Ragusa, raggiunge un risultato ottimale; con l’esposizione di 24 reperti che permetteranno ai visitatori di compiere un viaggio nell’antica civiltà egiziana, attraversando la Storia, immergendosi nella Cultura e nell’Arte. Il tutto grazie a reperti che sono tutti diversi tra di loro, appartenenti a tipologie completamente differenti, databili in periodi molto distanti tra di loro e provenienti da vari siti. Per cui, si ha proprio la possibilità di entrare profondamente in quella che era la variegata Cultura dell’Antico Egitto. Intervista a Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino Qual è, in questa mostra, il ruolo del Museo Egizio di Torino? Io sto quasi per festeggiare gli 11 anni alla direzione del Museo Egizio di Torino, mi sono insediato il 28 aprile 2014 e il giorno prima feci una lunga intervista per Il Domenicale del Sole 24 Ore ed esposi il programma del Museo Egizio. Innanzitutto, la ricerca al centro; il radicamento della Cultura egizia nella Società, capire che un museo non è una società sospesa e, quindi, ne derivava quel progetto che io definivo portare il Museo Egizio fuori dal museo. Noi abbiamo una grande responsabilità, di tramandare la memoria di questa importante cultura nel nostro Paese, lo facciamo accogliendo più di un milione di visitatori all’Egizio ma riuscire a fare dei progetti itineranti serve anche a far conoscere la nostra collezione, promuovere la ricerca che facciamo e radicare l’amore per l’Antico Egitto in tutto il Paese. Questo, perché si parla sempre di una dicotomia fra tutela e valorizzazione, io ritengo che oggi si guardi alla valorizzazione in un modo completamente diverso. Il pericolo più grande, per il nostro patrimonio culturale, è quello dell’oblio; soltanto se esso è conosciuto questa memoria potrà continuare. Sono davvero lieto di essere qui, nella terra che fra tutto il nostro Paese è quella più vicina all’Egitto, la terra che più dialoga con l’Egitto, la terra che con l’Egitto ha conosciuto grandissimi rapporti e noi portiamo qui oggetti che ci narrano dell’evoluzione cronologica dai suoi albori, dal Protodinastico all’Antico Regno, passando per il Medio Regno e arrivando all’epoca tarda. La cosa bella è che abbiamo qui anche oggetti che provengono dalla Sicilia e che sono messi in dialogo con la nostra istituzione. Qual è l’obiettivo della mostra e cosa c’è di particolare e prezioso? Nell’anno del bicentenario il Museo Egizio arriva a Ragusa, arriva con un percorso che cerca di mettere in luce quelli che sono gli aspetti fondamentali della Cultura antico egizia: la nascita della scrittura, della burocrazia, lo sviluppo di un sistema economico complesso, l’osservazione e il ruolo della Natura e il culto dell’aldilà; come fare in modo, di fronte alla caducità dell’esistenza, di cercare di prolungare la nostra vita e come relazionarsi a un intangibile regno degli dei e quale comportamento e quale modalità si dovevano avere rispetto alla morte e come questa potesse essere trasformata da un evento, un evento traumatico, in una nuova nascita. Allora, in questa mostra, che proviene da periodi cronologici molto diversi, cerchiamo di illustrare dalle prime fasi della civiltà all’ibridazione che avviene con l’età greco-romana e questo non poteva che essere così, in questa terra. Qui, dove grandi testimonianze egizie sono presenti, in mostra c’è una copia – e ringrazio il Museo Salinas di Palermo per averci dato la copia – della Stele di Palermo e poi oggetti molto importanti dal Museo del Papiro di Siracusa e anche la relazione con la Cultura locale. Dal Museo Ibleo c’è una bellissima brocca con una rappresentazione della dea Iside; dea Iside che viene prima assimilata ad Afrodite, che poi avrà il ruolo della Iside Pelagia, che viene dal mare e che porta qui la Cultura escatologica della vita dopo la morte. Perché avete scelto di fare in Sicilia, questa esposizione? Fare questa mostra in Sicilia, la terra che più è stata in dialogo con l’Egitto, la terra in cui Platone scrisse la lettera VII e disse che nessun uomo poteva definirsi di cultura se non aveva vissuto un periodo medio-lungo in Egitto, è anche un momento di dialogo fra le due sponde del Mediterraneo, di riavvicinamento fra la penisola italiana – in cui ci sono antichità egizie sparse in vari musei - e l’Egitto. Lo facciamo in un anno importantissimo per noi, l’anno del bicentenario, suggellato l’anno scorso, il 20 novembre, dalla visita del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il Museo Egizio cerca anche di perseguire quella che è la sua mission, ovvero, la ricerca posta al centro e qui esplicitata dal fatto che abbiamo portato degli oggetti che, in genere, non sono visibili, che in genera sono nei depositi. Il fatto di essere un centro di formazione e un ponte, la casa di tutti, perché il museo è il luogo dove viene custodita e creata la memoria collettiva e poi un terzo, grande pilastro in cui io credo molto, che è quello di portare il Museo Egizio fuori dal museo, il museo fuori dal museo, perché siamo parte viva della Società e dobbiamo cercare di tener viva la memoria, in tutti i luoghi in cui operiamo.

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