La lezione di Dante: la Divina Commedia è pop anche dopo sette secoli

“Vedi colui che va nell’inferno, e torna quando gli piace? […] non vedi tu com’egli ha la barba crespa e il color bruno per lo caldo e per lo fumo che è là giù?”. Nel “Trattatello in laude di Dante” Giovanni Boccaccio attribuisce queste parole a due donzelle veronesi. Le dame si spaventano quando vedono passare il Sommo Poeta, con quel naso adunco, la barba ispida e la pelle olivastra. “Con una faccia così – sembrano dire – non può che tornare dall’inferno”. L’Alighieri sente quella conversazione, ma non ne rimane offeso. Anzi: “Quasi contento ch’esse in cotale opinione fossero, sorridendo alquanto, passò avanti”. “Questo estratto del Trattatello – spiega Luca Azzetta, professore di Filologia Dantesca all’Università degli Studi di Firenze – ci fa capire quanto Dante fosse estremamente popolare già allora e quanto la lezione della Commedia fosse penetrata anche tra gli strati della popolazione solitamente esclusi dai circoli culturali, come le donne. La Divina Commedia, oggi e nel 1300, parla a tutti”. dante e il double coding: la commedia è per tutti Lo studio del professor Azzetta, in centro a Firenze, dista circa dieci minuti a piedi dalla celebre statua di Dante in piazza Santa Croce, ed è pieno di riproduzioni di manoscritti dell’opera dantesca e di ritratti del grande poeta. “Ciò che dobbiamo ricordare – dice sedendosi alla sua scrivania – è che Dante non è uno scrittore attuale. Quando lo leggiamo, non dobbiamo chiederci cosa può insegnarci, ma interpretare la sua opera come un invito ad ascoltarlo e ad accoglierlo. Del resto, la Divina Commedia è stata scritta per essere fruita sia dal dotto che dal paesano”. Per questo, l’italianista Andrea Battistini applica alla Commedia uno stile di interpretazione che Umberto Eco aveva usato per Borges: la doppia codifica. Nel senso che il poema dantesco può essere letto sia dal grande studioso, che ne interpreta le allegorie e ne sbroglia i nodi testuali, sia dal semplice appassionato, che si commuove con le vicende del conte Ugolino o di Pia de’ Tolomei. “Ed è questa la bellezza della Commedia. Boccaccio – continua Azzetta – per descriverla utilizza un’espressione che Gregorio Magno riservava alla Bibbia. Ovvero che l’opera dantesca è un fiume basso e, insieme, profondo, nel quale un agnello può passeggiare e un elefante nuotare. La Commedia non è un poema per iniziati: Dante ha voluto scrivere per tutti. Per questo ogni lettore, all’interno del poema, ha i suoi luoghi più amati, i passi che parlano di più al suo cuore”. quotidianità in poesia: i passi più amati del poema “Mi rendo conto – commenta Azzetta – che i versi più amati della Divina Commedia sono quelli che parlano di fenomeni e sentimenti quotidiani, ai quali Dante regala, descrivendoli, un fascino e una preziosità unici”. Tra questi, ricordiamo la rappresentazione dell’alba sul mare, alla fine del primo canto del Purgatorio: “L’alba vinceva l’ora mattutina/ che fuggia innanzi, sì che di lontano/ conobbi il tremolar de la marina”. Ma anche la rassicurazione di Virgilio, quando si accorge che il suo discepolo è spaventato all’idea di intraprendere il viaggio ultraterreno: “E poi che la sua mano a la mia puose/ con lieto volto, ond’io mi confortai,/ mi mise dentro a le segrete cose”. “E come possiamo dimenticare – aggiunge Luca Azzetta – lo sguardo pieno d’amore con cui Beatrice, in Paradiso XV, guarda Dante: 'Poscia rivolsi a la mia donna il viso,/ e quinci e quindi stupefatto fui;/ ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso/ tal, ch’io pensai co’ miei toccar lo fondo/ de la mia gloria e del mio paradiso', racchiudendo in pochi versi l’espressione di un trasporto vero e concreto?”. Sono innumerevoli, inoltre, i modi di dire che provengono proprio dalla Divina Commedia. “Da 'non ragioniam di lor, ma guarda e passa' fino a 'cosa fatta, capo ha', Dante ha praticamente invaso la nostra cultura popolare, diventando il padre di tanti detti e il protagonista di infinite storie”. Rendere Dante pop Dante riesce, anche a distanza di sette secoli dalla sua morte, ad essere pop. Sono pochi i protagonisti della nostra letteratura che si sono infiltrati così bene nel linguaggio popolare, da diventare, loro malgrado, i protagonisti di fumetti, anime o spot pubblicitari. “Ricordo – sorride Luca Azzetta – la pubblicità di una famosa carta igienica. Ambientata in un’improbabile Firenze trecentesca, vedeva Dante comporre la sua Commedia su un rotolo di questa carta, stuzzicato da Beatrice che gli chiedeva se la sua opera avesse una fine. Capite che per cogliere l’ironia di questa pubblicità, c’è bisogno che la storia di Dante sia quantomeno masticata da tutti. Oppure penso alla fortuna che sta avendo ultimamente, a quanto pare grazie a TikTok, il sonetto “Tanto gentile e tanto onesta pare”. Aver reso pop Dante, adattandolo ai nostri formati e plasmando la sua storia in spot di trenta secondi, è sicuramente un tradimento alla sua figura. Ma, allo stesso tempo, è anche un espediente per renderlo umano e vicino a noi”. Ed è anche la scuola ad avere un ruolo centrale nel mantenere viva la lezione di Dante. “Insegnare – spiega Azzetta – è uno dei mestieri più ardui e belli. I professori devono far capire ai loro alunni che Dante non è una figura astratta o un manuale da studiare da pagina a pagina. Incontrare questo poeta significa mettersi in ascolto della sua lezione, senza renderlo un’opera da museo. Dante deve essere capito e interpretato”.

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