No Sleep Till Shengal, il viaggio di Zerocalcare tra gli ezidi

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Gabriele Lippi

A sette anni da Kobane Calling, un nuovo reportage del fumettista di Rebibbia ci porta nell'enclave ezida del Kurdistan iracheno. Alla scoperta di un desiderio di autonomia soffocato dal potere

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A sette anni di distanza da Kobane Calling, Zerocalcare torna con un altro libro reportage a fumetti dal Medio Oriente. No Sleep Till Shengal (Bao Publishing, 208 pagine 23 euro) è il racconto di un viaggio nel Nord dell’Iraq, in una enclave del Kurdistan iracheno abitata dagli ezidi, popolo perseguitato per secoli per motivi religiosi, scampato a numerosi tentativi di genocidio, l’ultimo nel 2014 a opera dell’Isis, concluso con circa 5 mila morti e un numero di rapimenti che oscilla tra le 4.200 e le 10.800 persone, per lo più donne giovani o giovanissime (potete vedere l'intervista a Zerocalcare realizzata in anteprima da Roberto Palladino per Sky TG24 nel video in alto su questa pagina).

Un viaggio necessario

Un viaggio improvviso, a cui il fumettista di Rebibbia viene chiamato dai suoi contatti curdi e a cui non si sottrae, che porta con sé insidie e pericoli ma che è necessario per documentare una realtà. Gli ezidi non sono curdi, non sono musulmani, sono devoti a un antico credo forse di origine zoroastriana, indubbiamente sincretico, certamente considerato pagano e haram dagli islamisti radicali.

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Il confederalismo democratico

Ma gli ezidi hanno deciso di unirsi e ricominciare da quella stessa forma di governo che si sono dati i curdi del Rojava, il confederalismo democratico, un modello paritario ed egualitario, che abbate le barriere tradizionali del patriarcato e prevede per ogni carica due figure, un uomo e una donna. Raccontare Shengal è importante per tener viva la speranza e accesa l’attenzione su un modello possibile, che in alcune zone del Medio Oriente è già realtà, e che anche per questo viene ostacolato da più fronti.

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Una guerra nascosta

No Sleep Till Shengal è un libro profondamente diverso da Kobane Calling. Non è un diario da un fronte di guerra, è un reportage scritto da una zona apparentemente pacificata, ma Shengal è stata ed è ancora centro di tensioni e bersaglio di bombe. L’autonomia ezida è ostacolata dall’Iraq, che vuole riportare quella regione sotto il suo controllo diretto (sebbene i suoi abitanti non abbiano alcuna intenzione di procedere a una secessione) e dalla Turchia, che la vede troppo legata ai curdi e al PKK.

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Il ruolo del dubbio e Cartesio

Zerocalcare racconta tutto questo nel suo stile, umilmente si mette a studiare e altrettanto umilmente non si alza su una cattedra. Si sforza di innescare un processo di dubbio per minare le proprie convinzioni e simpatie personali, affianca all’Armadillo un nuovo e più presente compagno, la testa custodita sotto una campana di vetro di Renato Cartesio, il filosofo del dubbio, messo lì a instillarli le domande più scomode. La narrazione alterna battute e gag a momenti di autentica tensione, e resta costante quella sensazione di oppressione del sentirsi costantemente osservati e spiati dai poteri costituiti.

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L'esperienza ezida

Particolarmente forti ed efficaci sono gli interludi in cui, un po’ alla volta, l’autore di Rebibbia racconta la storia di una famiglia ezida: tradita dai peshmerga del Kurdistan iracheno, perseguitata da Daesh, salvata dalle truppe dell’YPJ, legata al PKK da una profonda gratitudine. Alla fine Zerocalcare sembra sciogliere dubbi e riserve, abbracciare del tutto la causa di Shengal, non mancando comunque di dar voce anche all’altra campana.

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Zerocalcare, No Sleep Till Shengal, Bao Publishing, 208 pagine, 23 euro

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