The Prism, Matteo De Longis racconta il suo primo fumetto

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Gabriele Lippi

Un'opera che unisce i viaggi nello spazio e la musica, con un pianeta sull'orlo del collasso ambientale sullo sfondo. Così De Longis affronta la sua prima avventura da autore: "L'ho fatto tardi rispetto ad altri, ma dai feedback pare ne sia valsa la pena"

Il mondo è sull’orlo del baratro, l’inquinamento avanza e sembra chiuderlo all’angolo verso la sua fine. Solo una cosa può salvarlo: un concerto organizzato sulla Luna. È questo l’immaginifico e affascinante contesto da cui prende le mosse The Prism (Bao Publishing, 184 pagine, 21 euro), il primo fumetto di Matteo De Longis, graphic designer e illustratore di successo nato nel 1979 che ha deciso di iniziare una nuova carriera autoriale. E l’inizio è decisamente promettente, perché The Prism presenta uno sviluppo perfettamente coerente di un intreccio complesso, una fantasia feconda che non dimentica mai di ispirarsi alla realtà, un cast numeroso di personaggi che riescono a essere caratterizzati con efficacia già da questo primo volume.

The Prism
Bao Publishing

Due grandi temi attraversano The Prism: ambiente e musica. Perché li ha scelti per il suo primo fumetto?
In realtà le due vere tematiche ispiranti sono state l’esplorazione spaziale e la musica. L’ambiente è venuto dopo, quando ho dovuto trovare un collante per unire le due grandi passioni che mi hanno mosso a creare quest’opera. Mi serviva un disastro da combattere, ma l’ispirazione iniziale era quasi solo estetica, una storia in cui portare la musica nello spazio, che già è una specie di contraddizione. Scrivendo la storia, mentre si sviluppava ingrandendosi, si è costruita una piramide con significati e profondità che quasi non mi aspettavo.

Che difficoltà ha trovato nel passare dall’attività di illustratore a quella di fumettista a tutto tondo?
Diciamo che è stato molto bello e piacevole a un certo punto dire “ok, è il momento di provare a raccontare anche io con le immagini”. Parte del tempo che ci ho messo per fare questo primo libro è stato impegnato per trovare il mio modo di raccontare e trasformare il mio tratto, stilizzarlo guardando verso l’animazione giapponese. Un processo che penso continuerà verso i prossimi libri. L’ho fatto tardi rispetto ad altri ma i feedback mi dicono che funziona.

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The Prism è un fumetto di fantascienza che si concede diverse licenze poetiche. Eppure so che ha studiato prima di realizzarlo, ispirandosi a tecnologie realmente esistenti.
Il mio approccio alla fantascienza viene dall’animazione e dal fumetto giapponese: utilizzare una certa perizia e una certa parte tecnica di conoscenza e serietà scientifica per poi costruire anche cose fantasiose. Si tratta di un espediente molto utile per creare sospensione dell’incredulità nel lettore, trascinandolo nella storia più facilmente grazie a oggetti riconoscibili nella realtà e risultando convincenti anche nel raccontare situazioni incredibili. Poi sugli aspetti astronomici cerco di essere più scientifico anche con l’aiuto di un amico.

E allora parliamo di questo amico.
Sì, certo, è Adrian Fartade, divulgatore scientifico con un canale su Youtube e Twitch molto seguito, esperto in esplorazione spaziale, che ho trasformato anche in un personaggio secondario del libro. Con lui ho parlato tanto di vari aspetti: come potrebbe essere la città sulla Luna, come potrebbe essere la Terra vista da quel punto in cui ho messo la città, e nel prossimo libro parleremo di Mercurio con la stessa precisione. C’è una ricerca del reale come trampolino di lancio per la fantasia.

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Quali sono le opere e gli artisti giapponesi che l’hanno ispirata?
Leiji Matsumoto, da Harlock a Galaxy Express, ma anche generazioni seguenti, l’epoca di Gundam in cui si mischiavano nozioni scientifiche alla fantasia, fino ad arrivare più avanti ad altri riferimenti come Evangelion, con una base di fantascienza molto credibile ma tangenti che partono poi verso cose assurde che sono emozionalmente credibili e convincenti.

Qual è stata la sfida più complessa nel realizzare The Prism?
Essendo il primo libro, una specie di overture, la cosa più difficile era riuscire a mettere in gioco tutte le carte che mi servivano, ovvero che si parla di una band, quindi i protagonisti sono già cinque più quelli che girano intorno. Mettere in equilibrio tutti questi personaggi, far intuire le loro caratteristiche senza essere troppo verboso, è stato difficile, così come il world building senza troppo spiegoni.

Perché proprio il prisma?
A parte l’ovvia citazione alla copertina di The Dark Side of The Moon dei Pink Floyd e a tutto il mondo di quel tipo di rock, c’è un'altra ragione: suono e luce viaggiano entrambe su diverse frequenze e il prisma è quella forma meravigliosa che è capace di scomporre la luce bianca nei diversi colori che corrispondono ai personaggi della band.

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In The Prism, gli oceani sono inquinati da una sostanza chiamata smoke on the water; l’astronave che porta sulla Luna i protagonisti si chiama White Duke. Deep Purple, David Bowie, e poi? Quali sono gli altri riferimenti musicali che l’hanno ispirata?
Questi sono un po’ dei giganti eterni, classiconi, ma io ascolto molto anche rock alternativo degli anni 90 e seguenti, adoro gli Smashing Pumpkins e i Tool. Il fumetto ha tanti riferimenti, c’è una copertina dei Sigur Ross appesa al muro, piccole chicche che mi piace che altri possono cogliere.

La musica salverà il mondo?
Secondo me l’arte salverà il mondo e la musica è un’espressione artistica. L’arte è un modo per veicolare certi valori e certi pensieri. Se non ce la fa l’arte, possiamo chiudere tutto.

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The Prism
The Prism 1, Matteo De Longis, Bao Publishing, 184 pagine, 21 euro - Bao Publishing

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