Oscar 2019: tante stelle, nessuna che brilla

Spettacolo

Denise Negri

La cerimonia al Dolby Theatre è stata aperta dai Queen sulle note di "We will rock you" e "We are the champions": l'unico momento rock di questa 91esima edizione degli Oscar che è sembrato voler accontentare un po' tutti 

E' il rock quello che è mancato. Ci hanno illuso con l'inizio esplosivo dei Queen (LE FOTO) ma poi tutta la cerimonia degli Oscar non è stata all'altezza di quel ritmo incalzante (IL RACCONTO DELLA SERATA). Nessun presentatore ufficiale, tanti volti che hanno solo garantito la diversità ma non lo show. No gag, nessuna battuta al vetriolo, zero accenni alla situazione politica e sociale del paese. Gli oscar numero 91 confermano la massima aspirazione dell'Academy: non esporsi in nulla, accontentare tutti, o quasi.

La bandiera dell'inclusione

Lo dicono i premi, largamente ed equamente distribuiti tra pellicole che parlano di diversità, razzismo, Messico e sessualità fuori dai comuni schemi. Dopo le polemiche degli scorsi anni, di un oscar troppo bianco e troppo maschilista, è la bandiera dell'inclusione quella che sventola con orgoglio fuori dal Dolby Theatre (TUTTI I VINCITORI).

I premi

Cuaron vince ma non stravince e rimane contenuto nella sua gioia. Quella gioia invece che straborda, giustamente, dal regista (Peter Farrelly) e dai produttori di Green Book, piccolo ma potente film che, in maniera velatamente buonista ricorda l'importanza dell'accettazione del diverso da sè. E così è successo che Rami Malek sorprende tutti con un premio alla leggenda che interpreta: quel Freddie Mercury che come lui è stato un figlio di immigrati escluso e poi osannato grazie al suo straordinario talento. E' successo anche che Glenn Close, con un sorriso tirato e sofferto, si è vista sfuggire tra le mani per la settima volta una statuetta che l'Academy non sembra volerle dare. "Mi confondono spesso con Meryl Streep, ha recentemente detto scherzando, a differenza di lei però io non ho vinto nemmeno un Oscar". Povera Glenn, che avrebbe potuto fare il colpo della carriera, ironia della sorte, interpretando una moglie in The wife, vissuta all'ombra del marito e poi improvvisa e tragica protagonista delle scene finali del film. E' invece la fragile e folle, morbosa e crudele Regina Anna a meritare il premio come miglior attrice protagonista, quella Olivia Colman che incredula sul palco ha ringraziato tutti e ricordato ai suoi figli di godersi il momento insieme a lei, un momento che capita una volta nella vita.

Orgoglio e lacrime (facili)

Voto 10 a Spike Lee l'unico che con coraggio ed orgoglio, al momento di ritirare l'Oscar per la miglior sceneggiatura non originale, è saltato al collo dell'amico Samuel L. Jackson (LE FOTO) e ha ricordato che gli Stati Uniti sono fondati sul sangue e il sacrifio della comunità afro americana. La sua comunità. Voto appena sufficiente a Lady Gaga che ricevendo il premio per la miglior canzone originale, Shallow, fa il discorso che da mesi ripete a chiunque le chieda di parlare del film: credere in se stessi e non arrendersi di fronte ai no. L'esibizione al pianoforte con Bradley Cooper era tra gli altri momenti più attesi della cerimonia: sguardi languidi, (i suoi), lacrime facili, (sempre le sue), poco vero pathos. Lui probabilmente era troppo concentrato nel cantare dal vivo in diretta mondiale, lei stava recitando quel ruolo del film che è evidente che non si è ancora scrollata di dosso. Carini insieme, ma seduta in platea, tra lui e lei, c'era Irina Shayk. Peraltro naturalmente stupenda. Perchè la realtà, persino a Hollywood, supera la fantasia.

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