
Negli ultimi anni, di fronte a crisi economiche e sociali, si sente spesso invocare la necessità di un “nuovo New Deal”. L’espressione richiama il programma di riforme avviato negli Stati Uniti negli anni ’30 da Franklin Delano Roosevelt. Oggi, a ottant’anni dal suo inizio, è utile ricordare cosa fu davvero quel grande intervento pubblico
Negli ultimi anni, di fronte a crisi economiche ricorrenti, molti politici hanno evocato l’idea di un “nuovo New Deal” come possibile rimedio. Il termine – che in inglese significa “nuovo patto” – richiama il complesso di politiche adottate dal governo statunitense dopo la crisi del 1929. A febbraio, ad esempio, il presidente di Confindustria ha invitato le forze politiche a stringere “un New Deal tra le forze produttive del paese”, un’esortazione già condivisa in passato da vari leader del Partito Democratico e di altre aree politiche. Proprio oggi ricorre l’ottantesimo anniversario dell’approvazione del primo provvedimento del New Deal originale, simbolo di una stagione di interventismo statale senza precedenti negli Stati Uniti.
L'origine e l'eredità del New Deal
Il concetto di New Deal fu introdotto per la prima volta nel luglio 1932 da Franklin Delano Roosevelt, durante il discorso con cui accettò la candidatura democratica alla presidenza. In quell’occasione, parlò di un “nuovo patto” da stringere con il popolo americano, promettendo opportunità e una distribuzione più equa della ricchezza. La metafora bellica attraversò tutta la sua azione politica, ispirando una serie di riforme economiche e sociali che si protrassero dal 1933 al 1938, suddivise in due fasi: il primo e il secondo New Deal. Sebbene l’approccio non fosse sempre sistematico, e alcuni provvedimenti risultassero inefficaci o temporanei, molte delle misure – soprattutto quelle legate alla regolazione finanziaria e alla protezione sociale – hanno lasciato un’eredità ancora oggi presente.
