Esenzioni Ici, cosa prevedeva la norma: dalla Chiesa ai partiti

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Sostituita nel 2012 dall’Imu, esonerava alcuni immobili dal pagamento. Come quelli utilizzati dagli enti non commerciali, oggetto di discussione soprattutto dopo la modifica del 2006, che ha allargato le maglie fino a ricomprendere attività di fatto a scopo di lucro

L'imposta comunale sugli immobili, meglio nota come Ici, è stata un tributo comunale sulla proprietà di fabbricati e terreni agricoli ed edificabili situati nei confini della Repubblica Italiana. Introdotta nel 1992, è stata sostituita nel 2012 dall'Imposta municipale unica (Imu). Quando l’Ici è stata varata erano previste esenzioni per diversi tipi di immobili e soggetti, che sono state poi via via estese fino a includere anche le prime case (una decisione presa nel 2008 dal governo Berlusconi). Al centro del dibattito, fin dall'approvazione della legge, è stata la previsione di alcune esenzioni particolari, come quelle per gli immobili di proprietà della Chiesa usati a fini non commerciali.

Le categorie esentate

Godevano dell'esenzione totale dell'Ici le seguenti categorie di immobili: gli immobili destinati esclusivamente ai compiti istituzionali posseduti dallo Stato, dalle Regioni, dai Comuni, dai consorzi tra gli enti pubblici, dalle comunità montane, dalle unità sanitarie locali, dalle istituzioni pubbliche autonome, dalle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura. Ma anche i fabbricati con destinazione a usi culturali come musei, biblioteche, cineteche, ecc. aperti al pubblico, i fabbricati destinati all'esercizio del culto e le loro pertinenze, quelli di proprietà della Santa Sede, degli Stati esteri e di organizzazioni internazionali, i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili che sono stati recuperati per essere destinati ad attività assistenziali. Rientravano nell'esenzione anche i terreni agricoli ricadenti in aree montane e collinari se utilizzati mediante interventi volti al riordino agrario e fondiario e gli immobili utilizzati da enti non commerciali e destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, religiose, ricreative e sportive.

Esenzioni per enti non commerciali: il caso della Chiesa

Per consentire l’esenzione dall’imposta comunale agli enti non commerciali dovevano sussistere contemporaneamente due requisiti: l’immobile doveva essere utilizzato da un ente non commerciale e doveva essere destinato esclusivamente allo svolgimento delle attività tassativamente elencate nella norma (assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive e di culto). Uno degli aspetti più dibattuti è stata proprio la definizione di attività non commerciale. La normativa, modificata nel 2006 e in vigore fino al 2011, consentiva l'accesso all'esenzione a tutti gli immobili posseduti dagli enti non profit e destinati a una delle attività elencate, purché svolte con modalità "non esclusivamente commerciali". Un concetto ampio, che ha allargato le maglie lasciando margini di incertezza, in casi come ad esempio quello delle scuole paritarie.

La Commissione Ue lo giudica un aiuto di Stato

Proprio l’allargamento del 2006 fu oggetto di molti ricorsi, soprattutto per l’esenzione garantita alla Chiesa: la Commissione europea lo giudicò come un aiuto di Stato, perché di fatto andava a danno delle attività commerciali non di proprietà ecclesiastica, che pagavano una tassa aggiuntiva rispetto alle concorrenti. Mentre alcune decisioni precedenti avevano stabilito l’impossibilità di fatto per lo Stato italiano di riscuotere l’Ici arretrata per la difficoltà di capire esattamente quali fossero stati gli edifici ad aver usufruito dell’esenzione in modo irregolare, il 6 novembre 2018 la Corte di giustizia Ue ha invece sancito l’obbligo da parte dell’Italia di recuperare le somme arretrate.

Cosa è cambiato con l’Imu

Con la soppressione dell’Ici e l’introduzione dell’Imu nel 2012, le esenzioni sono rimaste sostanzialmente invariate, anche se la norma ha riconosciuto l’esenzione agli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non profit per lo svolgimento di una delle attività previste dalla legge, solo se svolte con modalità "non commerciali": una misura restrittiva dunque rispetto a quanto previsto per l'imposta precedente.

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