Consob, sul caso Mps-Mediobanca "non sussiste il patto occulto"

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Questo quanto emerso all'interno di un documento della divisione vigilanza emittenti della Consob del 15 settembre scorso che è stato pubblicato da "Il Sole 24 Ore"

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"Non sussiste il patto occulto" fra i soci Delfin e Caltagirone e "non sussiste il concerto" con Siena. Questo, in sintesi, quanto sostenuto ed emerso all'interno di un documento della divisione vigilanza emittenti della Consob del 15 settembre 2025 che è stato pubblicato da "Il Sole 24 Ore". Il documento, in particolare, si ricollega "al presunto concerto fra Francesco Milleri, presidente di Delfin, Francesco Gaetano Caltagirone, fondatore del gruppo Caltagirone, e il ceo di Mps, Luigi Lovaglio, per prendere il controllo di Mediobanca e Generali aggirando l'obbligo d'Opa su Piazzetta Cuccia", è stato spiegato.

Il documento della Consob

Rispetto al documento e dopo diverse indagini sul merito, l'Autorità di vigilanza ha sototlineato che "nessuna delle condotte riferite da Mediobanca", non supportate da evidenze probatorie di alcun tipo, "è parsa essere caratterizzata da profili di potenziale criticità o allarme" e inoltre che "sulla base delle attività di verifica svolte, non siano sussistenti quegli indizi gravi, precisi e concordanti idonei e necessari per accertare la sussistenza di un'azione di concerto tra i soci Delfin, Caltagirone e il Mef attuata anche tramite Mps, nonché la conseguente sussistenza di un obbligo di Opa su Mps" e su Mediobanca. Non solo ma, sempre secondo il documento, non sarebbero stati rilevati accordi verbali o scritti, espressi o taciti tra i soggetti" già citati "che rappresentano il presupposto della relazione consensuale in cui si sostanza l'azione di concerto, né la sussistenza di tali accordi pare potersi inferire in via indiziaria, attraverso la valorizzazione di elementi fattuali, quali la constatazione di una condotta allineata da parte di Milleri, Caltagirone e Mps". La Consob, in quest'ottica, ha riferito che le condotte di Delfin e Caltagirone, "sebbene allineate, non appaiono sufficienti a rilevare unicamente una linea di azione concordata avente l'obiettivo specifico di controllare Mediobanca e Generali, per tramite dell'Ops Mediobanca, essendo condotte coerenti anche con il perseguimento di interessi economici propri di ciascuno di detti azionisti, autonomi e diversi dalla volontà di acquisizione e gestione congiunta del controllo" di Mediobanca e Generali.

Tre diverse opzioni

Ricostruendo la vicenda, lo stesso "Sole 24 Ore" sottolinea che l'idea dell'operazione Mps-Mediobanca non sarebbe nata nel 2024. Come ricostruito dalla Consob, infatti, il primo documento che ipotizza l'operazione di integrazione era stato presentato dal ceo Luigi Lovaglio nel corso di un meeting al Mef, quando era il 16 dicembre 2022. Il documento dal titolo "Aggiornamento su Mps. Situazione e prospettive" conduceva a tre diverse opzioni per l'uscita ordinata del Tesoro dal Mps. La prima, nel dettaglio, era l'opzione stand alone, ovvero quella secondo la quale lo "Stato sarebbe potuto uscire con operazioni sul mercato". La seconda, definita in gergo "merger of equals", prevedeva l'integrazione fra banche commerciali simili e aveva individuato come possibili target sia il Banco Bpm sia Bper. La terza, infine, era l'opzione di trasformazione, vale a dire l'operazione con "Mediobanca, con specializzazione in corporate e investment banking, private banking, fabbriche prodotto e retail banking".

La sopresa

L'elemento emerso a sorpresa dalla documentazione della Consob, in conclusione, è che l'opzione Mediobanca, come "integrazione senza fusione tra le loro banche", nel "luglio-agosto 2024", è stata presentata in più occasioni da Luigi Lovaglio all'ex ad di Mediobanca, Alberto Nagel. Ulteriore evidenza che l'acquisizione annunciata a gennaio scorso, su cui sono poi partiti gli esposti alla Consob di Nagel per presunte azioni di concerto, è sempre stata valutata come operazione industriale. 

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