Mercato immobiliare, le chiusure dei negozi fanno perdere valore alle case. I dati

Economia
Ipa/Ansa

Introduzione

Senza negozi le città perdono vita e gli effetti si ripercuotono negativamente anche sul mercato immobiliare. È quanto emerge da uno studio di Confcommercio presentato per l'evento “inCittà” tenutosi nei giorni scorsi a Bologna. Ecco tutti i dati.

Quello che devi sapere

Gli effetti della desertificazione commerciale

Come rileva l’associazione di categoria, nei quartieri colpiti dal fenomeno della "desertificazione commerciale" le case subiscono un crollo dell’appetibilità che può arrivare fino al 16% del valore complessivo.

 

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Il confronto con le aree dello shopping

L’impatto risulta ancora più netto in confronto agli immobili situati in zone ricche di negozi. In questo caso le case collocate nelle aree prive di attività commerciali risentono di una perdita pari al 36% sul valore di mercato.

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In Italia sempre meno negozi

Dalla kermesse bolognese, Confcommercio ha lanciato un allarme sul progressivo svuotamento dei negozi che coinvolge sempre più città italiane. Negli ultimi dodici anni, 140mila attività hanno abbassato la saracinesca, un fenomeno che fa sentire i suoi effetti non solo sul piano economico. “Quando si spegne un'insegna, è un pezzo di città che muore”, sostengono i commercianti che alla politica chiedono un patto per il rilancio delle città come “bene comune”.

Sangalli (Confcommercio): “Città non siano lasciate senza visione"

Per il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, le città dove i negozi chiudono non possono essere lasciate “senza una visione”. “Serve un'agenda urbana nazionale, chiara e stabile, che consideri commercio, turismo e servizi come un vero bene comune”, ha detto il numero uno dell’associazione nel discorso davanti a una platea che ha visto tra i partecipanti anche il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga (Friuli-Venezia Giulia). 

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La percezione sulle chiusure

Come mostra l’indagine realizzata insieme all’istituto Swg, negli ultimi dieci anni oltre la metà (55%) degli italiani ha notato la chiusura di librerie, negozi di articoli sportivi e giocattoli. Analoga è la percezione sulla cessata attività di punti vendita relativi ad abbigliamento, profumerie e gioiellerie (49%). A seguire ci sono i negozi di ferramenta e di arredamento e gli alimentari, rispettivamente il 46 e 45%.

Saracinesche abbassate viste come calo della qualità di vita

Lo studio rileva inoltre come otto intervistati su dieci provino “tristezza” nel vedere le saracinesche abbassate nel proprio quartiere. Il 73% poi associa il fenomeno a un generale calo nella qualità della vita. 

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Farmacie e pubblici esercizi in controtendenza

Dalla “desertificazione commerciale” fanno eccezione solo le farmacie e le attività che offrono pubblici esercizi. La maggioranza degli intervistati (64%) concorda sul fattore aggregativo svolto dalle attività di quartiere. Ma i negozi sono visti anche come “presidi” naturali per la cura degli spazi pubblici e per la sicurezza

Il peso dell’e-commerce

In questi giorni vicini al Black Friday 2025, fioccano gli inviti all’acquisto trainati soprattutto dai siti di e-commerce. La crescita del virtuale sembra inarrestabile eppure, stando all’indagine Confcommercio-Swg, il 67% degli italiani vorrebbe più negozi di vicinato per abbattere gli spostamenti. Del tutto simile è la quota di intervistati che preferirebbe un “mix” tra piccole e medie attività funzionale ad aumentare le possibilità di scelta. 

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Turismo commerciale

Un capitolo a parte è quello relativo all’impatto dell'overtourism sul commercio. Nelle città ad alta densità di flussi turistici, quasi la metà degli intervistati (49%) lamenta un incremento eccessivo delle attività dedicate al cibo. A preoccupare il 23% degli intervistati poi è l’avanzata dei negozi dedicati ai visitatori che vendono prodotti di bassa qualità

Le proposte di Confcommercio

Secondo Confcommercio, “per riattivare il circuito virtuoso tra urbs e civitas” serve una strategia articolata su più livelli:

  • A livello nazionale, si chiede di garantire un coordinamento nazionale stabile delle politiche urbane e territoriali;
  • A livello regionale, dove è fondamentale valorizzare e armonizzare l'esperienza dei Distretti Urbani dello Sviluppo Economico;
  • A livello comunale, con la redazione di Programmi Pluriennali per l'Economia di Prossimità, strumenti integrati per coordinare le diverse azioni di contrasto alla desertificazione commerciale.

“Contrastare il declino urbano non è una battaglia di categoria ma una responsabilità condivisa e quindi tutti insieme, territori, imprese, istituzioni, dobbiamo fare questa battaglia per una ragione molto semplice: perché la città è un bene comune e i beni comuni vanno difesi", sostiene Sangalli.

 

Per approfondire: Attività che chiudono, senza interventi entro il 2035 via 1 negozio su 5: lo studio

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