A che punto siamo con la riforma della pubblica amministrazione?

La riforma della pubblica amministrazione resta, secondo me, la madre di tutte le riforme per almeno due motivi. Primo, avere una macchina pubblica che funziona è condizione necessaria per poi attuare ogni altra politica. Secondo, rendere l’Italia un Paese dove è più facile fare attività di impresa è esattamente quello che è richiesto per chiudere il divario tra lo zerovirgola del tasso di crescita italiano e i tassi di quelle che ormai possiamo considerare le “tigri iberiche” ossia il Portogallo e, soprattutto la Spagna. E rendere più facile la vita delle imprese richiede una riforma fondamentale della pubblica amministrazione. A che punto siamo allora con la riforma della pubblica amministrazione? Ci sono luci e ombre. La riforma deve necessariamente avere due componenti: da un lato occorre migliorare la gestione del personale della pubblica amministrazione , il che richiede, tra le altre cose, introdurre principi di merito. La seconda riguarda la semplificazione burocratica: ridurre lacci e lacciuoli, modulistica non necessaria, obblighi di interazioni con troppi enti pubblici e così via. Sul primo fronte, le cose procedono con una certa lentezza. Il disegno di legge per portare il merito nella pubblica amministrazione, presentato al Consiglio dei Ministri nel marzo scorso ma inviato in Parlamento solo a inizio luglio, è all’esame della Commissione Affari Costituzionale dal 25 settembre. Vedremo quando sarà effettivamente approvato dai due rami del Parlamento, ma anche se fosse approvato in tempi brevi, i problemi principali verranno in fase di attuazione. In base alla passata esperienza le resistenze all’introduzione nel nostro settore pubblico di serie valutazioni della performance e di premiazione in base ai risultati incontrerà enormi ostacoli. Sul fronte della semplificazione, diverse iniziative sono in corso. Il Ministro della Pubblica Amministrazione Zangrillo ha notato come siano state introdotte negli ultimi due anni più di quattrocento misure di semplificazione, anche in ottemperanza degli impegni presi nel PNRR. Inoltre, è in discussione in Parlamento una legge delega per la semplificazione e sembrerebbe, sempre in base alle dichiarazioni del ministro, che ulteriori semplificazioni arriveranno con un nuovo decreto. Non c’è dubbio che ci siano stati progressi, ma non tutto quello che luccica è oro. Il numero di semplificazioni sopra citato è inflazionato. Per esempio, nel fare la conta, una misura di semplificazione che si applica a 50 settori economici è stata considerata cinquanta volte. Altre misure sono solo parziali: per esempio, è senz’altro utile aver ridotto da 6’ a 30 il numero di autorizzazioni necessarie per aprire una gelateria o una falegnameria, ma anche con 30 la complicazione è certamente eccessiva. Aggiungo che nella conta delle misure, alcune sono davvero minori . Infine, se con una mano si semplifica, con un’altra si complica. Mi limito a citare i tre diversi provvedimenti presi in sei mesi per normare il trattamento fiscale delle spese di trasferta di un’azienda. C’è poi un problema di percezione. Le imprese non sembrano percepire un cambiamento di regime. Devo dire che, a parte il ministro Zangrillo, non sembra che il tema del miglioramento della pubblica amministrazione sia al centro dell’azione di governo, il che rende più difficile a famiglie e imprese riconoscere anche i miglioramenti che sono stati introdotti e, soprattutto, renderà difficile superare le enormi resistenze che verranno dalla stessa pubblica amministrazione a una semplificazione burocratica. Per superare queste resistenze occorre investire un enorme capitale politico e il governo sembra più interessato a investire il proprio capitale su altri fronti. Non per altro, il ministro Zangrillo è, in base ai sondaggi, uno dei meno conosciuti tra i 24 ministri del gabinetto Meloni. È un errore, Dovrebbe essere il più conosciuto perché, tornando al tema da cui sono partito, senza una riforma della pubblica amministrazione, l’Italia non andrà molto lontano dallo zerovirgola.

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Carlo Cottarelli