Manovra, cosa potrebbe cambiare in Parlamento?

I denari, come è noto, sono pochi. La manovra voluta da Palazzo Chigi, con i suoi 18,7 miliardi, è una delle più leggere degli ultimi anni e uno degli obiettivi principali è tenere la barra dritta sui conti, in modo da ridurre il deficit e così uscire dalla procedura avviata dall’Unione Europea che ci obbliga a contenere la spesa. Con queste premesse, la strada per mutare quanto partorito dall’Esecutivo appare stretta. Ma ci sono alcune misure che potrebbero subire ritocchi, sempre che si riescano a trovare i denari da qualche altra parte. Banche, solo poche limature Si potrebbe, per esempio, rivedere quanto chiesto a banche e assicurazioni. I margini, però, appaiano pochissimi perché, fra aumento di tasse e altre misure fiscali, il settore l’anno prossimo verserebbe 4,4 miliardi all’Erario. Si tratta di oltre un quarto dei fondi necessari a finanziaria la manovra, grazie all’aumento dell’Irap , a un nuovo rinvio delle detrazioni e alla tassazione sullo svincolo delle riserve. Quest’ultimo intervento spingerebbe le banche a fare ciò che hanno evitato nel recente passato, quando hanno dribblato la maggiore imposta sui profitti decidendo di accantonarli. Se lasceranno ancora questi denari in cantina, nei prossimi anni dovranno pagare molto di più per metterli in tasca ai loro soci. Dividendi, ritocchi possibili Sembra esserci più spazio per alleggerire la tassa sugli utili che le società ottengono grazie a piccoli pacchetti azionari posseduti in altre imprese. In che misura non è certo, ma se si abbassasse il prelievo si dovrebbe aprire un altro rubinetto per compensare quanto verrebbe a mancare. Il governo si attende una cifra non indifferente: 983 milioni nel 2026, grazie all’innalzamento dall’1,2 al 24 per cento dell’imposta sui profitti che hanno le aziende con quote azionarie inferiori al 10 per cento in altre società. Affitti brevi, pressing continuo Molto più basso quanto si stima di ricavare dalla maggiorazione della cedolare secca sugli affitti brevi. La novità riguarda chi mette a disposizione un solo appartamento per periodo brevi, cioè fino a trenta giorni, su un portale internet come Airbnb. Sul primo immobile ora la tassa è del 21 per cento; con la proposta del governo l’asticella si alzerebbe al 26 per cento, come già succede per chi ha almeno due case locate in questo modo. Questo tipo di balzello nella maggior parte delle situazioni risulta vantaggioso per chi ha altre entrate perché così complessivamente si pagano meno tasse con la dichiarazione dei redditi. La convenienza potrebbe ridursi se davvero il prelievo sarà maggiore. Se, per esempio, si affitta un bilocale a 800 euro per quattro notti si pagheranno al Fisco 40 euro in più rispetto ad adesso. Gli interessati sarebbero molti, visto che quasi tutte le case-vacanza offerte online apparterrebbero a singoli proprietari. Si stima che siano circa 500mila le abitazioni che verrebbero colpite dalla tassa, che porterebbe allo Stato solo 138,3 milioni nel 2027 . Considerato il basso gettito non è escluso che ci possano essere ripensamenti. Rottamazione, ampliare le maglie? Continuano le richieste di allargare le maglie della nuova rottamazione delle cartelle. Al momento è previsto che può mettersi in regola col Fisco, ottenendo lo sconto delle sanzioni, chi ha debiti arretrati e ha dichiarato meno del dovuto, mentre è escluso chi ha subito accertamenti, cioè chi è stato scoperto a evadere le tasse o nascondere redditi. In pratica, non tutte le cartelle potranno essere sanate . Modificare questo aspetto permetterebbe a più persone di beneficiare della rottamazione, che riguarda i debiti fra il 2000 e il 2023 e che già così costa 790 milioni. Estendere la possibilità di usufruirne, quindi, alzerebbe ulteriormente la spesa. Pensioni, giochi fatti Anche intervenire sulle pensioni comporterebbe esborsi pesanti. C’è l’ipotesi di resuscitare Opzione Donna: la manovra attualmente cancella dal 2026 questa forma di anticipo riservata alle madri e alle lavoratici che assistono familiari. Riguarda una ristretta platea di persone che tagliano prima il traguardo con un assegno fortemente ridotto, per cui mantenerla non avrebbe costi esorbitanti. Non sembrano esserci chance, invece, per prorogare Quota 103 e nemmeno per congelare l’aumento generale dei requisiti in virtù delle accresciute aspettative di vita. Dal 2028 a quasi tutti serviranno tre mesi in più per andare in pensione: un mese in più nel 2027 e altri due l’anno successivo per il 98-99 per cento dei lavoratori. Salvi circa 20mila italiani, cioè coloro che svolgono attività usuranti e gravose - come muratori, minatori, operai siderurgici – per i quali sono confermati i parametri esistenti. Chissà, poi, se riusciranno a strappare uno “sconto” le forze dell’ordine: a militari, poliziotti e vigili del fuoco – che di norma vanno prima in pensione - serviranno quattro mesi in più a partire dal 2027 e sei mesi dal 2028. Per queste categorie potrebbe esserci in vista un aumento di stipendio, forse per far digerire loro la misura. Parlando di pensioni minime, infine, potrebbe venir fuori un tentativo di alzarle: al momento per i 2,3 milioni di italiani coinvolti in manovra non c’è nulla, se non l’incremento di poco meno di quattro euro al mese previsto dalla scorsa finanziaria e dall’adeguamento al carovita Consulenti, per la paga ci vuole il certificato Altro aspetto che potrebbe essere rivisto è quello che riguarda i consulenti degli uffici pubblici. Queste Partite Iva non saranno retribuite – per esempio da un Comune – fino a quando non presenteranno il certificato che attesta che hanno pagato tasse e contributi previdenziali. Una mossa per evitare che i lavoratori autonomi evadano, ma col rischio di incassare la paga con tempi biblici visto che per ogni fattura alla pubblica amministrazione dovranno allegare il documento che dice che sono in regola. Tagli ai ministeri, si preannuncia battaglia Ovviamente le possibili proposte di modifiche in Parlamento non finiscono qui. Dal maggior sostegno sul costo dei libri scolastici al Sismabonus, il ventaglio di ipotesi è vastissimo. E su tutto incombe il piano di tagli alle spese dei ministeri che vale 2,1 miliardi nel 2026. Fra i dicasteri più colpiti c’è quello delle Infrastrutture , seguito da Economia e Ambiente . Ma la scure cadrà anche sul ministero dell’Interno , Istruzione , Imprese e così via. Una cura dimagrante che non riguarda solo le stanze dei bottoni, perché sono concreti i rischi di ricadute sui servizi ai cittadini. Effetti a breve termine, per esempio, si avrebbero sui progetti delle metropolitane di Roma, Milano e Napoli, con rinvii e ridimensionamenti a seguito delle minori risorse a disposizione. Un tema che nelle ultime settimane ha suscitato polemiche nella maggioranza e che – insieme ad altri risparmi messi nero su bianco – probabilmente si cercherà di arginare.

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Simone Spina