Perché la Groenlandia è diventata cruciale nelle sfide globali Usa

La notizia campeggia sui titoli di molti giornali: il presidente Trump ha nominato il governatore della Louisiana, Jeff Landry, come inviato speciale per la Groenlandia. Ma al di là del nome e del cognome del nuovo inviato speciale per la Groenlandia, la domanda che ha senso porsi è cosa mai se ne facciano gli Stati Uniti di un inviato speciale per una regione che in nessun modo, né politico, né economico, né militare, è di loro competenza? Anzi, in teoria e pure in pratica, è di competenza della Danimarca e, per esteso dell’UE . La risposta a questa domanda è arrivata dal presidente Trump stesso che, contestualmente alla nomina di Landry, ha anche chiarito i motivi per cui gli USA hanno sentito il bisogno di avere un inviato speciale per la Groenlandia: "Abbiamo bisogno della Groenlandia per la sicurezza nazionale, non per i minerali. Se si guarda la Groenlandia lungo la costa, si vedono navi russe e cinesi ovunque. Ne abbiamo bisogno per la sicurezza nazionale. Dobbiamo averla e Landry guiderà la carica”. Pochi minuti dopo, lo stesso Landry ha pubblicato un post nel quale si diceva: "È un onore servire... in questa posizione da volontario per rendere la Groenlandia parte degli Stati Uniti". Quindi nessuna ambiguità, nessun piano segreto, nessuna macchinazione. È tutto detto e scritto con estrema chiarezza: gli Stati Uniti hanno intenzione di annettere la Groenlandia. Una posizione e una schiettezza, quelle americane, che, a onor del vero, non possono sorprendere nessuno, dal momento che Donald Trump, fin dalla sua prima presidenza, non aveva mai fatto mistero di avere tutte le intenzioni di far diventare l’isola danese parte degli Stati Uniti. Sulle prime, nel 2019, ci aveva provato con le buone, dicendo di essere intenzionato a comprare l’isola dalla Danimarca. Una richiesta che era stata accolta negli ambienti internazionali con un misto fra stupore e ironia. Poi, tornato alla Casa Bianca, Trump è tornato alla carica, e come spesso gli è capitato nel corso di questo secondo mandato, con maggiore piglio e decisione della prima volta. Così, in questi primi mesi la tensione tra Danimarca e Stati Uniti si è fatta man mano più alta. Prima con dichiarazioni sempre più esplicite, poi con la visita del vicepresidente JD Vance a ridosso delle elezioni groenlandesi , poi con la dichiarazione al Congresso del segretario alla Guerra Pete Hegset circa l’esistenza di piani per invadere l’isola , infine ora con la nomina di questo inviato speciale che parla esplicitamente di annessione. La situazione suscita nervosismo dalle parti di Copenaghen, dal momento che la Danimarca non ha nessuna intenzione di farsi sottrarre una parte consistente del suo territorio dagli Stati Uniti. A onor del vero, neppure i groenlandesi sembrano entusiasti dell’interesse di Trump, dal momento che più dell’80% è contrario, sondaggi alla mano, ad aderire agli Stati Uniti. Ma assodato che Donald Trump e il suo esecutivo hanno grande interesse per un pezzo, poco abitato, ma molto grande e molto ricco, del territorio europeo, e assodato che questo interesse non è ricambiato, occorre chiedersi perché il presidente USA si sia così tanto incaponito sulla Groenlandia e, soprattutto, fino a dove sarà disposto a spingersi. Alla prima domanda prova a rispondere Bloomberg, scrivendo: “La Groenlandia si trova in una posizione strategica a cavallo tra l'Atlantico settentrionale e l'Artico, una regione le cui vaste riserve di minerali essenziali e combustibili fossili sono ambite dagli Stati Uniti e dai loro rivali strategici, Cina e Russia. Lo scioglimento accelerato della calotta glaciale della Groenlandia dovuto ai cambiamenti climatici rende potenzialmente questi depositi più accessibili, aprendo al contempo rotte commerciali più brevi tra Nord America, Europa e Asia. Trump ha respinto l'idea che l'energia o i minerali della Groenlandia stiano alimentando il suo interesse, affermando che Washington possiede già sul suo territorio molte risorse. La Groenlandia ospita già la base aerea più settentrionale degli Stati Uniti e una stazione radar utilizzata per rilevare minacce missilistiche e monitorare lo spazio. Ottenere il controllo dell’isola potrebbe offrire al governo statunitense nuove opportunità per espandere la propria presenza aerea e navale nell'Artico e intensificare il monitoraggio delle attività cinesi e russe nella regione”. Alla seconda domanda, invece, aveva già risposto lo stesso Trump, di nuovo senza nessuna ambiguità. Ai giornalisti che gli chiedevano se avesse intenzione di usare la forza per ottenere il controllo della Groenlandia, lo scorso 7 gennaio - prima ancora di entrare nello Studio Ovale - aveva detto: “Non lo escludo”. Ancora una volta, è tutto molto chiaro.

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Luciana Grosso