Manovra 2026, stretta sui consulenti Pa: stop ai pagamenti per chi non è in regola
EconomiaIntroduzione
Giro di vite contro i consulenti inadempienti sul fronte fiscale. Secondo quanto prevede la Legge di Bilancio 2026, legali, progettisti, ingegneri, periti e, più in generale, tutti i professionisti autonomi che collaborano con la Pubblica amministrazione attraverso gare, incarichi o contratti di consulenza, vedranno sospesi i compensi nel caso in cui non risultino regolarmente in regola con il versamento di imposte e contributi previdenziali. Ecco cosa sapere.
Quello che devi sapere
L’obiettivo
Lo scopo è duplice: rendere più trasparenti i rapporti con i professionisti e rafforzare la lotta all’evasione. Tuttavia, le sigle rappresentative delle varie categorie professionali hanno espresso forte contrarietà. Secondo quanto riportato nel testo della manovra, il pagamento dei compensi per i servizi resi alle amministrazioni pubbliche è subordinato alla dimostrazione che il professionista sia in regola con i versamenti fiscali e previdenziali. A tal fine, si precisa che il libero professionista dovrà allegare la documentazione che attesti tale regolarità al momento dell’emissione della fattura per le prestazioni svolte. In assenza dei certificati sulla posizione fiscale e contributiva del professionista, il compenso resterà sospeso.
Per approfondire: Concorsi pubblici, tutti i bandi in scadenza a novembre 2025
Chi dovrà rilasciare i certificati
Chi sarà incaricato del rilascio di queste attestazioni? Come sottolinea Il Messaggero, I professionisti autonomi dovranno procurarsi due diversi documenti: uno che certifichi la regolarità della posizione previdenziale e un altro che dimostri il rispetto degli obblighi fiscali. Il primo sarà emesso dall’ente previdenziale di riferimento, mentre il secondo dovrà essere richiesto all’Agenzia delle Entrate. La norma contenuta nella manovra introduce quindi un sistema di verifica preventiva, obbligando la pubblica amministrazione committente a controllare i certificati di conformità fiscale e contributiva dei professionisti con cui collabora. In caso di irregolarità o mancato versamento di imposte e contributi, il sistema contabile dell’ente dovrà bloccare l’erogazione del compenso fino a quando la posizione del professionista non risulterà sanata.
Per approfondire: Enti locali, verso rinnovo del contratto: 2.500 euro di arretrati e aumenti di stipendio
Interessati anche i lavoratori autonomi
La norma riguarda anche i lavoratori autonomi iscritti agli enti previdenziali di categoria, i quali non devono presentare il consueto DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva), ma un attestato specifico rilasciato direttamente dalla propria Cassa professionale. Per chi non è associato a un ente previdenziale di categoria, tuttavia, potrebbe risultare complicato ottenere la nuova certificazione richiesta, come è già stato evidenziato da più parti.
Rischio pagamenti rallentati
Inoltre, le amministrazioni pubbliche potrebbero rallentare l’erogazione dei compensi invocando presunte irregolarità o discrepanze nella documentazione allegata alle fatture elettroniche. Diversi ordini professionali hanno già manifestato timori, giudicando la misura come un ulteriore aggravio burocratico, in particolare per coloro che svolgono incarichi saltuari o collaborazioni di breve durata con la pubblica amministrazione.
I problemi
Prendiamo un caso concreto: un legale che emette una fattura a favore di un’amministrazione pubblica dovrà presentare due differenti documenti, ossia un certificato di regolarità contributiva rilasciato dalla Cassa Nazionale Forense – equivalente al DURC previsto per le aziende – e un attestato di conformità fiscale ottenuto dall’Agenzia delle Entrate. Eppure, la PA dispone già delle informazioni necessarie per effettuare tali controlli, grazie all’interconnessione delle proprie banche dati (Agenzia delle Entrate, Inps, Inail e Casse professionali). Per questo motivo, l’Unione nazionale delle Camere civili ritiene che la disposizione rappresenti un inutile appesantimento amministrativo per gli avvocati e, più in generale, per tutti i professionisti che intrattengono rapporti di collaborazione con enti pubblici.
L'opinione del Consiglio Nazionale Forense
Durissima la replica del Consiglio Nazionale Forense, che ha definito la misura una “disposizione ingiusta e penalizzante” nei confronti dei lavoratori autonomi. Gli avvocati sottolineano che, nella forma attuale, la norma, facendo riferimento in modo generico alle “irregolarità fiscali”, rischia di bloccare i pagamenti anche per violazioni di lieve entità o di natura puramente formale, come il mancato versamento della tassa automobilistica, di un contributo previdenziale o persino di una multa. “Così com’è scritta, la riteniamo iniqua", ha dichiarato il presidente Francesco Greco al quotidiano Il Messaggero, evidenziando come non esista alcuna regola analoga per i dipendenti pubblici, i quali percepiscono comunque lo stipendio anche se non in regola con il fisco. “Noi avvocati, ha aggiunto, paghiamo le imposte come ogni altro cittadino, ma non possiamo essere trattati diversamente”. Greco ha invece espresso parere favorevole per la norma già vigente che consente di compensare i crediti verso lo Stato con eventuali debiti previdenziali.
La replica dell’Unione nazionale delle Camere civili
Critiche sono arrivate anche dall’Unione nazionale delle Camere civili che, sempre a Il Messaggero, ha denunciato un ulteriore appesantimento burocratico, ricordando che la PA ha già la possibilità di controllare la regolarità fiscale e contributiva dei propri consulenti tramite le banche dati interconnesse. Il presidente dell’Unione, Alberto Del Noce, ha auspicato che in sede parlamentare la disposizione venga modificata, prevedendo che tali verifiche siano effettuate direttamente dagli enti pubblici. Sulla stessa linea, Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale, ha bocciato senza mezzi termini la norma, definendola "una misura dannosa" perché costringe i professionisti a presentare certificazioni per essere pagati, limitando così la libertà della Pubblica amministrazione di scegliere i propri difensori basandosi sul merito e sulla competenza. Le associazioni di categoria, infine, temono anche un effetto discriminatorio verso i professionisti in temporanea difficoltà economica, che rischierebbero di essere esclusi dagli incarichi pubblici e di non ricevere il compenso per prestazioni già svolte.
Per approfondire: Pa, nasce il portale con tutte le informazioni, anche sugli stipendi. Come funziona