Buoni pasto, ipotesi esenzione fiscale a 10 euro. Cosa cambia per lavoratori e aziende

Economia
©Ansa

Introduzione

Se la misura verrà inserita in Manovra, gli accordi per alzare il valore dei ticket saranno più semplici. Per i dipendenti - sia pubblici che privati - significherebbe un aumento fino a 440 euro. E l’incremento dei consumi arriverebbe a 1,9 miliardi. Ecco gli scenari

Quello che devi sapere

Come funziona ora

Prima di tutto va ricordato che, al momento, fiscalmente i buoni pasto corrisposti al lavoratore devono essere in generale sottoposti a tassazione ai fini dell’Irpef in capo al dipendente ma, se concessi alla generalità o a categorie omogenee di dipendenti, non generano reddito imponibile entro il limite massimo di:

  • 4 euro se in formato cartaceo, 
  • 8 euro se in formato elettronico.

 

Per approfondire:

Manovra, verso soglia esentasse buoni pasto di 10 euro. Cosa cambierebbe per i lavoratori

La novità

L’esenzione fiscale a 10 euro per i buoni pasto (esclusivamente quelli elettronici) potrebbe cambiare, e di molto, lo scenario attuale sui ticket. L’effetto si potrà vedere nel 2026 se, come annunciato dal viceministro all’Economia Maurizio Leo, il governo Meloni inserirà il provvedimento nella prossima Manovra. La norma non porterà in automatico il valore del ticket elettronico a 10 euro, ma renderà più conveniente per i datori di lavoro e i dipendenti, grazie ad un accordo integrativo di secondo livello, come ricorda La Repubblica, alzare da 8 euro ad un massimo di 10 euro il valore dei buoni. Questo senza dover pagare tasse sui 2 euro in più come se fosse reddito.

pubblicità

La proposta

La proposta era già stata avanzata dalle società che gestiscono l’emissione dei ticket digitali. “I dati del nostro Osservatorio Welfare ci mostrano una realtà chiara: il caro-vita è la prima preoccupazione per il 60% dei lavoratori, con punte fino al 70% nella generazione GenZ. In questo contesto, strumenti come il buono pasto diventano essenziali, ma il loro potenziale è limitato da una soglia fiscale ferma al 2020. Rivedere quella soglia non è un costo, ma un investimento strategico per incentivare le imprese a erogare più valore ai propri dipendenti”, aveva detto Fabrizio Ruggiero, amministratore delegato di Edenred Italia, lanciando la proposta di innalzare la quota di esenzione a luglio, su Repubblica.

A cosa servono i ticket

Il ticket ha già una funzione di integrazione al reddito. Per le famiglie del ceto medio, tra i 25 e i 50.000 euro annui, il suo apporto annuale è in media di una mensilità in più. Con una soglia di 8 euro e considerando 220 giornate lavorative, si arriva a 1.760 euro l’anno. Con una soglia a 10 euro, l’importo salirebbe a 2.200 euro: significherebbe una crescita di 440 euro circa, netti.

pubblicità

L’impatto dell’estensione della soglia a 10 euro

Anche uno studio realizzato da Teha Group, The European House – Ambrosetti, in collaborazione con Edenred, ha analizzato l’impatto di una estensione della soglia a 10 euro. C’è un costo aggiuntivo della misura, per lo Stato, che oscilla tra i 75 e i 90 milioni, ma si avrebbe un aumento dei consumi tra 1,7 e 1,9 miliardi, che comporterebbe un maggior gettito Iva compreso tra 170 e 200 milioni. Quindi il beneficio netto finale per le casse pubbliche sarebbe di 95-110 milioni.

 

Nel caso, invece, di aumento della soglia graduale nel prossimo triennio (da 8 euro a 9 euro nel 2026, da 9 euro a 10 euro nel 2027 e da 10 euro a 11 euro nel 2028) tale beneficio potrebbe valere tra 156 e 176 milioni di euro. Queste entrate ulteriori per lo Stato sarebbero “spalmate” nel corso dei tre anni considerati.

I lavoratori interessati

La misura di aumento della quota defiscalizzata da 8 a 10 euro interesserebbe 3,5 milioni di lavoratori, di cui 2,8 nel privato e 700 mila nel pubblico, oltre che 250 mila enti che acquistano il servizio e 170 mila esercizi convenzionati, come bar, ristoranti e gastronomie.

pubblicità

Le novità già scattate a settembre

Intanto, dal 1° settembre sono scattate le nuove regole per il mercato dei ticket. Come previsto dall’ultima legge annuale per la concorrenza, la n. 193/2024, all’inizio del mese è entrato definitivamente in vigore il tetto massimo alle commissioni per gli esercenti che accettano i buoni, quindi bar, ristoranti e supermercati.

 

Le commissioni, che finora potevano raggiungere anche la quota del 20%, ora non possono superare il 5% del valore del ticket. La misura punta a favorire anche gli utilizzatori, perché potrebbe spingere più attività ad accettare i buoni pasto come metodo di pagamento.

 

Per approfondire:

Buoni pasto, da 1 settembre tetto 5% sulle commissioni alle imprese: novità e cosa cambia

pubblicità