Lavoro, con AI +20% di produttività per le aziende italiane del Food & Beverage. L’analisi
EconomiaIntroduzione
L’uso dell’intelligenza artificiale nel campo del Food & Beverage in Italia potrebbe portare a un aumento della produttività del 20%, pari a quello che si avrebbe con 100mila lavoratori in più, in circa dieci anni. Emerge dall’analisi Food & Beverage Workforce explorer, realizzata dalla società di consulenza manageriale Bain & Company e riportata da Il Sole 24 Ore.
Quello che devi sapere
Automazione e agenticAI
Il comparto in questione al momento conta 500mila addetti. Secondo lo studio, sia l’automazione sia agenticAi, cioè un sistema di intelligenza artificiale in grado di raggiungere un obiettivo specifico con una supervisione limitata, sono in grado di trasformare il settore. Sposterebbero infatti il 20% circa delle risorse, che andrebbero reinvestite in altre attività. “La sfida e, al contempo, l’opportunità sarà rappresentata dallo sviluppo di nuove competenze tecnologiche in azienda, così da poter riallocare le risorse umane nella gestione e orchestrazione del rapporto uomo-macchina, in un’ottica di intelligenza collaborativa”, spiega Duilio Matrullo, Partner di Bain & Company.
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Ancora poca applicazione
C’è però una difficoltà nell’applicazione di queste tecnologie, prosegue Matrullo, dato che “dopo oltre due anni di sperimentazione, meno del 20% delle aziende è riuscito a scalare in modo significativo i propri investimenti in Ai”
Quali saranno i comparti aziendali più coinvolti
I comparti più soggetti alla trasformazione sarebbero gli acquisti, la produzione, il marketing, le vendite, il servizio clienti e finanza. Qui si trovano alcune operazioni ripetitive che potrebbero essere sostituite. Al contempo, altre aree più connesse alla strategia aziendale – quindi ricerca & sviluppo, tecnologia e management strategico – tenderanno ad aumentare la propria importanza
Come potrà evolversi il futuro
Secondo Matrullo “Questa trasformazione segna la fine del modello operativo tradizionale del settore e l’alba di un nuovo paradigma: più agile, nativamente digitale, guidato dagli algoritmi, umano nelle intenzioni ed essenziale nell’esecuzione”. Per il futuro, Il Sole ipotizza “un’altra rivoluzione industriale” con fabbriche capaci di eseguire analisi in tempo reale per ottimizzare la produzione. Sarà inoltre dato ampio spaio alla pianificazione media guidata dall’Ai
Gli acquisti nel 2035
Secondo il report di Bain & Company nel 2035 il consumo sarà condotto in gran parte attraverso piattaforme tecnologiche e robotica. Cambierà anche l’interazione fra cliente e brand: non avverrà più (o non solo) attraverso i canali tradizionali dei negozi fisici o di quelli online, ma sarà gestita da agenti Ai. A loro i consumatori potranno affidare il riordino dei prodotti scelti, la gestione del budget e le scelte d’acquisto. Per rendere un determinato brand di successo, quindi, sarà utile renderne comprensibile il valore sia agli esseri umani sia ai sistemi automatizzati
Pubblicità e marketing
Anche pubblicità e marketing attraverseranno diverse modifiche, e dipenderanno – dice sempre il report – sempre più dalla comunicazione fra algoritmi e macchine
Dall’ideazione alla commercializzazione
La catena del valore, cioè quel processo che segue l’attività di un’azienda dall’ideazione di un prodotto fino alla sua commercializzazione, sarà automatizzata grazie all’uso di Ai e robotica avanzata. L’innovazione sarà accelerata
Le competenze
Come detto, cambieranno in parte le competenze richieste. In alcuni contesti sarà necessario saper supervisionare i sistemi robotici, analizzare dati, integrare soluzioni Ai. Le funzioni centralizzate verranno sostituite da servizi modulari basati su Ai, mentre i ruoli umani si concentreranno su supervisione, innovazione e governance etica
Gli italiani e la comprensione dell'Ai
Nel frattempo, secondo quanto emerso dal report FragilItalia “Intelligenza artificiale e ruolo della tecnologia”, realizzato da Area Studi Legacoop e Ipsos, un italiano su due afferma di avere una buona comprensione dell'Intelligenza artificiale ma con un evidente divario culturale e informativo rispetto ad altri Paesi. Da un’indagine a campione effettuata su un panel di cittadini di età inferiore ai 75 anni di 30 Paesi dei cinque continenti, l’Italia risulta infatti, sotto questo aspetto, al penultimo posto (seguita dal Giappone, col 41%) e con 17 punti percentuali in meno rispetto alla media globale (67%)
La conoscenza dei prodotti e dei servizzi che ne fanno uso
Per il nostro Paese va meglio, in termini relativi, per quanto riguarda la conoscenza di prodotti e servizi che utilizzano l’intelligenza artificiale, appannaggio del 46% degli italiani, che si collocano a metà classifica, con una differenza di soli 6 punti rispetto alla media (52%) e per la convinzione che questi prodotti e servizi presentino più vantaggi che svantaggi, espressa dal 53% degli italiani, con soli tre punti di differenza dalla media globale (56%). "La IA è rivoluzione silenziosa ma vorticosa; non basta il solo mercato, serve regolazione pubblica. Stiamo investendo sulla formazione di competenze adeguate e per favorire il trasferimento dell’innovazione alle imprese”, sottolinea Simone Gamberini, presidente Legacoop.
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