L’effetto boomerang dei dazi nelle nuove stime del Fmi

Un funambolo che tira un sospiro di sollievo. È un’immagine iperbolica che forse può spiegare bene la congiuntura economica che l’Fmi ha fotografato nel report pubblicato nelle scorse ore. Le stime di crescita globali, rispetto ad aprile, vengono alzate - e il dato è di per sé positivo - ma questo avviene in un contesto di “persistente incertezza” che molto dipende dallo scontro tariffario che ha messo in discussione gli equilibri commerciali mondiali. L’economia globale nel 2025 crescerà al ritmo del 3%, del 3,1% nel 2026. L’effetto dazi si fa sentire - se consideriamo che la crescita sarà inferiore sia al 3,3% del 2024 sia alla media pre-Covid - ma meno del previsto. Il motivo? Gli scambi commerciali sono stati intensificati negli ultimi mesi perchè le aziende si sono affrettate a riempire i magazzini prima che i dazi diventassero effettivi e questo ha fin qui generato i suoi benefici. A questo, si vanno ad aggiungere anche altri due elementi: il forte indebolimento del dollaro Usa rispetto alle altre valute di riferimento e un’espansione fiscale in alcune grandi economie. In questo contesto l’Europa è vista crescere al ritmo dell’1%, dell’1,2% il prossimo anno. La Germania, la cosiddetta locomotiva del Vecchio continente, dovrebbe finalmente tornare a correre il prossimo anno , mentre nel 2025 resterà in stagnazione con una crescita del Pil vicino allo zero. Nessuna revisione invece per Francia e Spagna . EFFETTO BOOMERANG Gli effetti più evidenti dell’incertezza economica si faranno sentire su chi ha acceso la miccia dello scontro tariffario. Gli Stati Uniti, che l’anno scorso hanno riportato una crescita del Pil del 2,8%, nel 2025 non raggiungeranno neanche il 2% . Una delle motivazioni principali, mette nero su bianco l’istituto guidato da Kristalina Georgieva, sarà l'inflazione che inizierà a "mostrare segni lasciati dei dazi doganali": un conto che rischiano di pagare caro prima di tutto i consumatori americani e i cui effetti inizieremo a vedere nella seconda parte dell’anno. Al contrario, le previsioni per la Cina sono state riviste significativamente al rialzo di ben 0,8 punti percentuali al 4,8%, tornando molto vicino al livello raggiunto nel 2024 . Va detto che le stime del Fondo monetario sono state limate poco prima dell’accordo sui dazi al 15% raggiunto domenica tra Washington e Bruxelles. Poco cambia, ha ribadito in conferenza stampa il capo economista dell’ente, Pierre Olivier Gourinchas, perché lo scenario base presupposto era di tariffe al 17% quindi non lontano dai livelli effettivamente concordati. PROSPETTIVE PER L’ITALIA E l’Italia? Crescerà un po’ più di quanto previsto ma sempre dello zero virgola si tratta: 0,5% nel 2025, 0,8% nel 2026. Una fotografia più precisa dello stato di salute del nostro Paese l’hanno in realtà scattata appena una settimana fa gli stessi analisti del FMI in un rapporto annuale sull’economia e la finanza pubblica. Le sfide per un Paese ad alto debito come il nostro non sono poche – secondo gli esperti di Washington - ma la disciplina fiscale e la prudenza delle azioni di bilancio perseguite dal ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti hanno riportato fiducia sull’Italia. Una credibilità finanziaria che è ben riflessa sullo spread, il differenziale di rendimento tra il Btp italiano e il Bund tedesco, tornato ai livelli minimi da oltre un decennio e da alcune settimane costantemente al di sotto della soglia dei 90 punti. L’occupazione che cresce e si porta a livello record e il deficit che si riduce a piccoli passi rendono l’Italia più resiliente rispetto a qualche anno fa. Ora a noi non resterà che attendere e osservare gli effetti dei dazi Usa al 15% su molti prodotti del Made in Italy. La politica invece dovrà muoversi, come suggerito dallo stesso FMI e “inaugurare una più ampia stagione di riforme a sostegno della crescita nel medio periodo: potrebbero diventare inevitabili progressi nelle politiche del lavoro volte al miglioramento delle competenze, la riduzione delle barriere alla mobilità, la semplificazione della regolamentazione per le imprese e misure per rafforzare la concorrenza e l'innovazione".

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Irene Elisei