Sky TG24 nel centro di sperimentazione dove l'Esercito testa i nuovi carri armati
EconomiaIl reportage di Sky TG24 a Montelibretti, dove gli ingegneri dell'Esercito verificano i futuri mezzi terrestri. Oggi sono al lavoro sull'aggiornamento del carro armato Ariete C1, considerato ormai obsolato e spesso usato come pezzi di ricambio.
In pochi avrebbero scommesso qualche anno fa che i carri armati sarebbero tornati al centro dei piani degli eserciti di tutto il mondo. Lenti, pesanti, vulnerabili alle mine e ai lanciarazzi, poco adatti alla guerra moderna. Ma il conflitto in Ucraina, uno scontro ad alta intensità combattuto nelle trincee, ha mostrato che i cingolati possono avere ancora un ruolo. Benché ripensato rispetto al passato per via delle nuove minacce oggi presenti, come i droni.
Il Centro di Sperimentazione di Montelibretti
Una lezione appresa anche dall’Esercito italiano, che ammodernerà le proprie divisioni corazzate con un investimento da oltre 20 miliardi di euro. Tutti i nuovi mezzi terrestri, e gli aggiornamenti di quelli già in forze, passano per Montelibretti, a un’ora dal centro di Roma. Nel Centro Polifunzionale di Sperimentazione gli ingegneri dell’Esercito testano tutti i sistemi prima che i mezzi vengano distribuiti ai reparti. L’affidabilità dei veicoli viene messa alla prova su ogni tipo di terreno, pendenza e contesto climatico, simulando le condizioni che si possono trovare sul campo. I test riguardano anche l’emissione di onde elettromagnetiche prodotte dalle antenne e dalle altre componenti elettroniche installate sui mezzi, che devono rimanere sotto i livelli di guardia per tutelare la salute dell’equipaggio. Anche qui, come in tutta Europa, l’urgenza è palpabile. “Sta cambiando tutto, e in maniera molto rapida”, ci dice il Brigadier Generale Pierpaolo Dotoli, direttore del centro: “rispetto a tre anni fa il carico di lavoro è triplicato. Abbiamo contemporaneamente in fase di omologazione un numero elevatissimo di piattaforme. Il riflesso che noi misuriamo è la maggiore necessità di personale altamente formato”. A Montelibretti lavorano una trentina di ingegneri, che per l’Esercito non è affatto semplice reclutare. Si tratta di figure professionali ricercatissime, e come tali ben retribuite. “Il mercato del lavoro oggi è molto competitivo” ammette Dotoli “ma lavorare nell’Esercito permette di accedere a tecnologie allo stato dell’arte, proprie esclusivamente dell’aspetto militare”.
Oggi solo un carro su tre risulta operativo
Il Centro di Sperimentazione è oggi al lavoro sull’aggiornamento dei vecchi carri armati italiani. L’Esercito ha attualmente a disposizione il modello Ariete C1, considerato ormai obsoleto dagli addetti ai lavori. Un progetto nato negli anni ’80, ed entrato in produzione dieci anni più tardi. Le prime consegne all’Esercito avvennero nel 1995. Il carro armato italiano non sfigurava per la propria potenza di fuoco, bensì per il motore turbodiesel FIAT da circa 1250 cavalli che non permetteva al mezzo di muoversi con la stessa velocità e agilità dei competitor, rendendolo più vulnerabile. Il programma fu inoltre azzoppato dai tagli al budget: la Guerra Fredda era finita e i carri armati non sembravano più una priorità. Inizialmente previsto in 700 esemplari, il numero fu ridotto prima a 300 e infine a 200 unità. Troppo poche per garantire la sopravvivenza di una filiera di fornitori e sub-fornitori. Secondo il Colonnello Carmine Vinci, del IV Reparto Logistico Esercito Italiano, “i pezzi di ricambio non sono sempre stati disponibili sul mercato, come alcune sue componenti. Almeno non con tempi di consegna che erano in linea con le aspettative dell’Esercito”. Per far fronte alla necessaria manutenzione i militari si sono dunque trovati costretti a utilizzare i propri stessi carri armati come fonte di pezzi di ricambio: ecco perché dei 200 originari, 50 mezzi sono già stati messi fuori servizio. Lo stesso Capo di Stato Maggiore dell’Esercito ha chiarito che dei restanti solo uno su tre è realmente operativo. Per di più il carro Ariete non è mai stato aggiornato nel corso del tempo, a differenza di quanto avvenuto al carro tedesco Leopard 2 che ha beneficiato di ben 10 upgrade. Il cingolato italiano non ha a disposizione le moderne contromisure contro i colpi nemici, né una protezione anti-drone, né antenne satellitari, né un sistema di comando e controllo che permetta di verificare la posizione dei carri alleati su un monitor.
L'aggiornamento alla versione C2
Ecco perché nel 2018 si è deciso di ammodernare i carri Ariete, aggiornandoli alla versione C2. Una scelta obbligata, in attesa di avere a disposizione mezzi di nuova generazione. Il programma prevede l’aggiornamento di 90 mezzi, e l’opzione per ulteriori 35. Le prime consegne inizieranno quest’anno, per un costo complessivo poco sotto i 900 milioni di euro. I carri saranno smontati pezzo per pezzo e riassemblati dopo le verifiche e gli aggiornamenti; a occuparsene sarà il consorzio italiano tra Iveco e Leonardo. La versione C2avrà nuovi cingoli i grandi, nuove antenne satellitari, nuove telecamere ottiche che garantiranno una migliore visione notturna, un nuovo computer di bordo e una nuova mitragliatrice. Ma soprattutto un motore potenziato da 1500 cavalli, che permetterà al carro di sostenere le corazzature aggiuntive essenziali per difendersi dai colpi nemici. Nonostante gli upgrade, l’Ariete C2 rimane tuttavia indietro rispetto ai carri più moderni oggi sul mercato: continua infatti a non disporre di contromisure contro missili e droni e il vano munizioni non è ancora adeguatamente isolato dall’abitacolo, il che aumenta il rischio di incendi.
I carri armati del futuro
Lacune che troveranno soluzione solo con i nuovi mezzi cingolati che l’Esercito punta ad acquisire. Oltre 1.000 veicoli corazzati Lynx e circa 300 carri armati Panther, per cui il contratto è attualmente in via di definizione, sviluppati dalla joint venture tra la tedesca Rheinmetall e Leonardo. Saranno prodotti tra Germania – da cui deriverà lo scafo e la canna - e Italia, dove invece sarà montata l’elettronica. Un’alleanza che mira a ridurre la frammentazione dell’industria della difesa europea. Un valore riconosciuto anche dall’Esercito, come dice il Colonnello Vinci: “la collaborazione tra le aziende di diverse nazioni aggiunge un livello tecnologico: la possibilità di condividere il know how, l’esperienza, la conoscenza. Tutto questo viene tenuto in debita considerazione dalla stazione appaltante”. Secondo il Colonnello “i futuri cingolati avranno una maggiore protezione e mobilità. Ma un tema che urge sempre all’attenzione della cronaca è la protezione anti-drone”. Ecco perché tutte le nuove piattaforme non solo saranno dotate di sistemi in grado di contrastare questa minaccia, ma avranno la possibilità esse stesse di impiegare droni. Le consegne dei Lynx e dei Panther tuttavia si concluderanno solo entro una decina di anni, a meno di un’accelerazione auspicata da tutti. Nel frattempo l’Esercito dovrà far affidamento sull’Ariete, da cui errori bisognerà imparare per non ripeterli sul nuovo programma di acquisti.