
Introduzione
La componente dei disoccupati (che include chi ha perso il lavoro, chi è inattivo e chi cerca la prima occupazione) registra un miglioramento significativo: da 1 milione e 947mila del 2023 a 1 milione e 664mila nel 2024, con una riduzione di 283mila unità (-17%). Ma Unimpresa frena gli entusiasmi: questo calo non è accompagnato da un miglioramento delle condizioni lavorative. Aumantano infatti i "lavoratori poveri": nel 2024 sono 6 milioni e 886mila, ben 285mila in più rispetto al 2023 (+4,1%). Il risultato? Un rischio di disagio sociale che riguarda circa il 15% della popolazione
Quello che devi sapere
Uno scenario in chiaroscuro
- Nonostante la ripresa economica e il lieve miglioramento del mercato del lavoro, il disagio sociale in Italia resta su livelli importanti e riguarda circa il 15% della popolazione. È quanto emerge da un report del Centro studi di Unimpresa, secondo cui il totale degli italiani a rischio povertà, indigenza o esclusione sociale - ossia disoccupati, precari, lavoratori sottoccupati o con contratti deboli - è rimasto sostanzialmente invariato: 8 milioni e 550 mila persone, 2mila in più rispetto all'anno precedente. In buona sostanza, la riduzione della disoccupazione non è accompagnata da un miglioramento delle condizioni lavorative
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Cala la disoccupazione
- Iniziamo col trattare gli aspetti positivi: la componente dei disoccupati (che include chi ha perso il lavoro, chi è inattivo e chi cerca la prima occupazione) registra un miglioramento significativo. In totale, coloro che sono senza lavoro scendono da 1 milione e 947mila del 2023 a 1 milione e 664mila nel 2024, con una riduzione di 283mila unità (-17%). In particolare, calano sensibilmente gli ex occupati, che passano da 1 milione e 55mila a 868mila (-21,5%, con una riduzione di 187mila unità) e le persone in cerca della prima occupazione, che da 502mila passano a 457mila (-9,8%, con una riduzione di 45mila unità). Gli ex inattivi, cioè coloro che non cercavano lavoro ma hanno cominciato a farlo, sono diminuiti da 390mila a 339mila, segnando un calo di 51mila unità (pari al -15%)
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Cresce il "lavoro povero"
- A fronte del calo della disoccupazione, cresce però la quota di occupati in condizioni lavorative fragili. È il cosiddetto "lavoro povero": con questo termine si intende classificare la condizione di chi ha sì un impiego ma vive comunque in condizioni economiche precarie: per dirla all'inglese, un "working poor". In altre parole ancora, è una persona che pur lavorando vive in una situazione di precarietà o ha un reddito insufficiente. Vediamo i dati resi noti da Unimpresa
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I dati sui "working poor"
- Nel 2024, sono 6 milioni e 886mila gli italiani che si trovano in questa condizione, 285mila in più rispetto all'anno precedente (+4,1%). All'interno di questo gruppo, i lavoratori a termine con orario part time sono scesi da 920mila a 766mila (con una contrazione di 154mila unità, pari al 20,1%), mentre i contratti a termine a tempo pieno sono cresciuti in modo molto consistente, passando da 2 milioni e 21mila a 2 milioni e 554mila (con un aumento di 533mila persone, pari al +20,9%). Come spiega Unimpresa, è soprattutto quest’ultima categoria a trainare la crescita dei "working poor"
Aumenta il lavoro "a scadenza"
- Diminuiscono anche i lavoratori a tempo indeterminato con part time involontario, passati da 2 milioni e 655mila a 2 milioni 530mila (con una riduzione di 125mila unità, pari al 4,9%) e crescono i collaboratori, da 248mila a 278mila (con un aumento di 30mila unità pari al 10,8%). Segno, spiega Unimpresa, di un aumento del lavoro "a scadenza" e di un diffuso fenomeno di sottoccupazione, in particolare tra le donne. Gli autonomi part time restano sostanzialmente stabili, passando da 757mila a 758mila, con una variazione minima di appena mille unità, pari allo 0,1%
La platea del "disagio sociale"
- Il dato più allarmante, spiega Unimpresa, è che - a fronte di dinamiche interne in evoluzione - la "platea del disagio sociale" resta inchiodata sopra quota 8,5 milioni. Nello specifico, oggi sono 8 milioni 550mila persone, un dato praticamente identico a quello dell'anno precedente, quando si contavano 8 milioni 548mila individui in condizioni di fragilità economica e occupazionale. La variazione complessiva è quindi minima: appena 2mila unità in più, pari a uno 0,0% di crescita. L'area del disagio sociale rappresenta una fascia di popolazione ampia e trasversale, in bilico tra occupazione e povertà, e che fotografa una fragilità strutturale del nostro mercato del lavoro
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"Una fragilità strutturale"
- "La fotografia che emerge è quella di un'Italia che si muove, ma resta ferma: meno disoccupati, più contratti, ma nessun passo avanti reale nella riduzione della povertà. È una fragilità strutturale", ha commentato il presidente onorario di Unimpresa, Paolo Longobardi. "Il rischio è che le riforme del lavoro e gli incentivi all'occupazione non bastino, se non si affronta con decisione il nodo dei salari bassi - che è da migliorare con un aumento della produttività delle imprese e una forte riduzione della pressione fiscale -, della precarietà e della mancanza di protezione per milioni di lavoratori invisibili", ha evidenziato Longobardi
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"Una situazione drammatica"
- "Sono situazioni drammatiche di cui mi accorgo quotidianamente, passeggiando per strada, frequentando le parrocchie e i centri di aiuto: ci sono persone che si nascondono, che non hanno nemmeno il coraggio di chiedere aiuto", ha continuato il presidente onorario di Unimpresa. "Questo è un aspetto da considerare a fondo, che deve imporre ragionamenti e riflessioni da parte delle istituzioni", ha quindi concluso
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